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"Io sono il pane vivo disceso dal cielo": Il Corpus Domini al Santo Sepolcro

"Io sono il pane vivo disceso dal cielo": Il Corpus Domini al Santo Sepolcro

Sessanta giorni dopo la Pasqua e due settimane dopo la Pentecoste, è di nuovo festa: la solennità del Corpus Domini arriva per celebrare la presenza reale di Gesù Cristo nel Sacramento dell'Eucaristia. A Gerusalemme le celebrazioni si sono svolte nella Basilica del Santo Sepolcro a partire dal giorno precedente. Nel primo pomeriggio del 14 giugno i francescani della Custodia di Terra Santa hanno fatto il loro ingresso solenne nella Chiesa della Resurrezione, accompagnando l'Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino Monsignor Pierbattista Pizzaballa. I vespri solenni e una processione quotidiana molto partecipata hanno anticipato la festa. I frati si sono trattenuti poi anche per la preghiera della compieta fino alle 6 del pomeriggio. Come sempre accade in occasione delle ricorrenze solenni, mentre Gerusalemme dormiva, avvolta dal buio e dal silenzio, nel Santo Sepolcro risuonavano i canti di lode. Erano le preghiere della vigilia, guidate sempre dai frati della Custodia.

La mattina seguente, poche ore dopo, la Basilica della Resurrezione era già piena di frati e fedeli per la messa del Corpus Domini. Durante la liturgia della parola, tutte le letture hanno parlato del vero pane che sazia: la parola del Signore e Gesù stesso quando dice "io sono il pane vivo disceso dal cielo".
Nell'omelia l'Amministratore Apostolico Monsignor Pierbattista Pizzaballa ha ricordato la festa della Santissima Trinità, da poco trascorsa, dicendo che per entrare nella comprensione di quel mistero non si può usare altro linguaggio se non quello dell’amore. «La Solennità del Corpus Domini ci fa fare un passo oltre, e ci dice qualcosa su come ama Dio - ha affermato Pizzaballa - . Questo “come” passa attraverso il suo Corpo». Il Vescovo ha posto l'accento sull'umanità di Gesù e sul dono che è per noi: «È con questo Corpo che Gesù ha amato coloro che ha incontrato, si è avvicinato alle persone, le ha guardate e viste, ha sentito compassione per loro, ha toccato e si è lasciato toccare. Ha sentito fame e sete, stanchezza e paura, ha condiviso il cammino, si è seduto a mensa, ha provato tenerezza e rabbia. Ha pregato il Padre. Questo Corpo, lì dove è arrivato, ha guarito e salvato».

Un clima di forte emozione ha accompagnato la processione che, al termine della messa, ha fatto tre volte il giro dell'Edicola. Attorno alla tomba di Gesù, dunque, dove Egli offrì il suo corpo per il mondo, dove con il suo sacrificio donò la salvezza. In processione prima i kawas, le guardie d'onore in abiti turchi, che aprivano la strada battendo a terra i loro bastoni, poi i sacerdoti del Patriarcato latino e i frati e infine Monsignor Pizzaballa, che portava il Santissimo Sacramento. Dietro di lui i fedeli con i libretti in mano per cantare canti eucaristici. Pange lingua, Tamtum ergo sacramentum: tutti canti dedicati a Cristo, presente nel sacramento dell'Eucarestia.

Una pellegrina, dopo la processione, ha provato a spiegare il motivo della sua emozione: «Ho pianto perché ho pensato a quello che Gesù ha fatto per me. E oggi sono piena di gioia».

Beatrice Guarrera

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