Un pane di vita e comunione | Custodia Terrae Sanctae

Un pane di vita e comunione

Solennità del Corpo e Sangue del Signore

Dt 8,2-9.14-16; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58

Carissime sorelle, carissimi fratelli, 
il Signore vi dia pace!

1. In un tempo come il nostro, nel quale sprechiamo tanto cibo, abbiamo bisogno anche noi di essere condotti dentro il deserto per riscoprire il sapore essenziale e sacro di quelli che sono gli alimenti più semplici come un po’ di pane e un bicchiere d’acqua. Nessuna meraviglia, è stato così anche per il popolo d’Israele, dopo la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, come abbiamo sentito nella prima lettura. Ha dovuto camminare quarant’anni tra le pietre del deserto per imparare che il cibo, cioè il nutrimento per la vita, è dono di Dio e va accolto con stupore, con senso di meraviglia, con spirito di gratitudine. Questo vale per ogni cibo. Il cibo è sempre e comunque dono di Dio, il cibo che mangiamo ha la nostra stessa origine: proviene dalla terra come noi, ma in realtà proviene dall’amore di Dio che crea e nutre le sue creature.

2. La festa di oggi ci fa però scoprire qualcosa di più: Dio stesso, nel suo Figlio Gesù, ha scelto di condividere la nostra vita e nel suo amore smisurato, a pochi passi da qui, nel Cenacolo, ha voluto farsi nostro cibo, ha voluto nutrirci di sé, donare se stesso per noi per farci partecipare alla sua stessa vita. 
Le parole di Gesù che abbiamo letto poco fa sono state pronunciate presso la sinagoga di Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma è qui al Cenacolo che hanno trovato la loro realizzazione ed è in ogni celebrazione eucaristica che diventano attuali per ognuno di noi: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”. (Gv 6,51.53-54.57). 
Celebrare l’Eucaristia vuol dire perciò riconoscere che il senso della nostra vita è partecipare alla vita di Dio, è accogliere questo dono da Dio stesso, è riconoscere che questo dono si realizza in quel pane ed in quel vino che sono Corpo e Sangue di Cristo, e ci fanno diventare consanguinei di Cristo e parte del suo stesso corpo.

3. Quel pane e quel vino non creano però solo un legame intimo tra ognuno di noi e Gesù Cristo, quel pane e quel vino creano un legame indissolubile tra ciascuno di noi, come ci ha ricordato san Paolo nella seconda lettura: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1Cor 10,17). Mangiare il corpo eucaristico del Signore, fare la comunione, significa accettare di entrare a far parte di questo corpo che cresce nella storia e significa anche far crescere la comunione tra le persone. Se ci nutriamo di Cristo durante la celebrazione eucaristica e trascuriamo di coltivare e far crescere la comunione tra le persone quando la Messa è finita, allora la nostra celebrazione diventa vuota e sconfessiamo con la vita ciò che abbiamo professato a parole e celebrato nel rito.

4. In questa solennità del Corpo e Sangue del Signore lasciamoci contagiare da San Francesco d’Assisi, che ha fatto dello stupore e della riconoscenza il suo modo quotidiano di vivere la vita, di partecipare all’Eucaristia ma anche di porsi di fronte ad ogni persona e ad ogni creatura. In una delle sue lettere, proprio davanti al mistero del pane e del vino che diventano corpo e sangue di Cristo e nutrimento della nostra comunione fraterna, egli usa parole che oggi vogliamo fare nostre: “Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga colui che tutto a voi si offre” (LOrd 26-29: FF221).

 

Fr. Francesco Patton, ofm
Custodel di Terra Santa