La croce ci trasforma | Custodia Terrae Sanctae

La croce ci trasforma

Ritrovamento della Vera Croce

Nm 21,4-9; Sal 95; Fil 2,5-11; Gv 3,13-17

 

Carissimi fratelli e sorelle,

il Signore vi dia pace.

1. Quest’anno la celebrazione del ritrovamento della vera croce si inserisce nel contesto dell’ottavo centenario dell’impressione delle stimmate del Cristo Crocifisso nel corpo del Serafico Padre san Francesco, avvenuta nel 1224 sul Monte della Verna in occasione della festa della esaltazione della Santa Croce.

Come ricordano i suoi biografi, tutta la vita di Francesco è stata accompagnata dalla presenza del Crocifisso: una presenza speciale, che lo ha fatto sentire amato in modo personale, lo ha fatto sentire chiamato a un percorso di vita particolare, infine lo ha segnato trasformandolo e conformandolo a sé.

2. Quando era un giovane di 24 anni, Francesco vive l’incontro con il Crocifisso di san Damiano e davanti a quell’immagine pasquale, del Cristo in croce ma contemporaneamente glorioso e trionfante sulla morte, sgorga una preghiera molto semplice e molto personale: “O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio” (cfr FF 276).

Come il popolo d’Israele nel deserto aveva alzato lo sguardo verso il serpente di bronzo, come i personaggi dipinti sul Crocifisso di san Damiano alzano lo sguardo verso il Cristo Crocifisso, così Francesco alza lo sguardo verso quel volto luminoso e in un istante sente svanire l’oscurità che si porta dentro, perché si sente amato in modo personale, e comprende ciò che san Paolo aveva compreso al momento della sua chiamata: “Il Figlio di Dio mi ha amato, e ha dato se stesso per me” (cfr Gal 2,20). È questa l’esperienza della grazia che mette in moto il cammino di una vita.

3. Poco tempo prima il giovane Francesco aveva incontrato il Crocifisso anche in carne ed ossa, lo aveva incontrato nei lebbrosi. E quando era riuscito a vincere se stesso e le proprie paure, aveva smesso di scappare e aveva fatto l’esperienza della misericordia che cambia il gusto della vita: ciò che era dolce era diventato amaro e ciò che era amaro era diventato dolce. Lo stile di vita egoista e narcisista che aveva perseguito fino a quel giorno non lo attirava più. Il Crocifisso accolto nel lebbroso lo aveva spinto a intraprendere il cammino verso una capacità di amare autentica, che porta a trasfigurare perfino le esperienze difficili e dolorose della vita, che porta perfino a superare l’istinto di sopravvivenza e a dare la propria vita per gli altri.

È dello stesso periodo anche la triplice apertura dei Vangeli, che gli indica la via del rinnegare se stesso per seguire il Cristo povero ed espropriato, portando la propria croce.

4. Così meno di vent’anni dopo, sul monte della Verna, Francesco si ritira a meditare perché ha bisogno di uno stacco dalla vita di tutti i giorni e ha bisogno di rivedere il modo in cui ha risposto alla chiamata del Signore (cfr. LM XIII: FF 1222-1225).

E nelle notti di preghiera si immerge sempre più nella contemplazione e si interroga: “Chi sei tu? E chi sono io?” e scopre in modo sempre più profondo che il Signore Iddio è colui che lo ama di un amore dolcissimo e lo accoglie in tutta la sua piccolezza e povertà.

Poi, facendo una triplice apertura dei vangeli come al tempo della sua chiamata, si sente provocato a meditare il mistero della passione del Signore.

Allora la sua preghiera si fa più audace e arriva a chiedere due grazie al Signore: la prima è di sperimentare per quanto è possibile nella sua umanità il dolore patito per salvare noi, la seconda è di sperimentare quell’amore esagerato che ha portato il Cristo a soffrire per noi la passione e la croce (cfr. FiorCons3: FF 1915-1924).

5. Anche stavolta il Signore risponde alla preghiera di Francesco e gli appare “in forma di serafino bellissimo e crocifisso”. Quando l’estasi finisce, le mani, i piedi e il costato di Francesco sono segnati dalle stigmate di Cristo. San Bonaventura commenta che il verace amore di Cristo aveva trasformato l’amante nell’immagine dell’amato (cfr. LM XIII,5: FF 1228).

È a questo che porta la scoperta del mistero della croce, è a questo che porta il fissare il proprio sguardo nel Crocifisso, è a questo che porta il seguire Cristo povero, espropriato e crocifisso: l’amore ci trasforma nell’immagine vivente del Cristo.

6. Cosa suggerisce tutto questo al momento particolare in cui noi ci troviamo a vivere? Nel contesto di guerra e di violenza, di odio, di rabbia e di desiderio di vendetta in cui oggi ci troviamo a vivere non dobbiamo farci travolgere dalla tentazione di girare lo sguardo altrove; non dobbiamo farci travolgere dalla tentazione di scappare dall’ora oscura in cui siamo immersi. Piuttosto dobbiamo ancora una volta alzare lo sguardo verso il Crocifisso che emana la luce dell’amore più grande, quello capace di prendere su di sé il peccato e di vincere la morte, quello capace di offrire riconciliazione a prezzo del dono di sé.

I serpenti velenosi che stanno intossicando il cuore, la coscienza e la vita di chi vive in questa Terra Santa (noi compresi) e in tutti i tanti, anzi troppi luoghi di conflitto in questo mondo sono sempre gli stessi: sete di potere e di dominio, odio e violenza, inimicizia e rivalità, falsificazione della realtà, desiderio di vendetta, incapacità di riconoscere nel volto di ogni persona il volto di un fratello e di una sorella.

7. Con Francesco d’Assisi alziamo ancora una volta gli occhi al Cristo Crocifisso, li alziamo anche a nome di chi non li sa alzare e a nome di chi non li vuole alzare; e chiediamo ancora una volta che dalla sua croce discenda su di noi un fiume di misericordia e di riconciliazione. Volgiamo lo sguardo “a Colui che tanto patì per noi” (2Lfed 61: FF 202), volgiamo lo sguardo a Colui che il Padre, per amore nostro, ha fatto nascere (vero Dio e vero uomo) da Maria, e per la cui croce, sangue e morte ci ha voluti redimere dalla schiavitù (cfr Rnb XXIII,3: FF 64).

Volgiamo lo sguardo al Crocifisso e facciamo nostra la preghiera di adorazione che ha accompagnato tutta la vita di Francesco e che lui stesso ci ha consegnato nel suo Testamento:

“Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, qui e in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo” (Test 5: FF 111).