Gesù chiamò a sè i suoi Dodici | Custodia Terrae Sanctae

Gesù chiamò a sè i suoi Dodici

Messa votiva di San Francesco

Os 10,1-3.7-8.12; Sal 104; Mt 10,1-7

1. Carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
Siamo ancora nella fase iniziale del nostro Capitolo custodiale e oggi la liturgia che celebriamo ci invita a guardare al Serafico Padre s. Francesco, e attraverso la Parola di Dio ci mette in guardia da un rischio e ci offre un aiuto a interpretare la nostra vocazione a vivere secondo la forma del Santo Vangelo.

Come frati minori noi siamo invitati a guardare costantemente all’esempio di san Francesco, perchè è un esempio che ci conferma che è possibile vivere il Vangelo, o – per usare le parole della Regola che tutti noi abbiamo professato – “osservare il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità”.

2. Il rischio contro cui la Parola di Dio ci mette oggi in guardia è il rischio dell’idolatria. E verrebbe naturale la domanda: che rischio di idolatria possiamo correre noi, se siamo tutti dei consacrati? Siamo frati minori, siamo persone profondamente religiose, le nostre giornate sono scandite dal ritmo della preghiera liturgica e personale.

Eppure il rischio di idolatria non è assente dalla nostra vita. Ogni volta che noi mettiamo qualcosa al posto di Dio, al posto della nostra relazione col Signore, noi stiamo scivolando verso una forma di idolatria. Nel capitolo XXII della Regola non bollata san Francesco mette in guardia proprio noi frati da questo atteggiamento quando ci dice: “E guardiamoci bene dalla malizia e dall’astuzia di Satana, il quale vuole che l’uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti al Signore Dio; e, girandogli intorno, desidera distogliere il cuore dell’uomo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, e [vuole] soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell’uomo attraverso gli affari e le preoccupazioni di questo mondo, e abitarvi” (Rnb XXII,19-20). E poco dopo il Serafico Padre aggiunge, come ammonimento: “Perciò, tutti noi frati, custodiamo attentamente noi stessi, perché, sotto pretesto di qualche ricompensa o di opera da fare o di un aiuto, non ci avvenga di perdere o di distogliere la nostra mente e il cuore dal Signore” (Rnb XXII,25).
Facciamo perciò attenzione, perchè non esiste solo una forma consapevole ed esplicita di idolatria, ma anche una forma implicita, pratica, di fatto. Ed è questa la più insidiosa per noi. Ed è a questa che dobbiamo resistere. Ed è su questa che ci dobbiamo verificare attraverso una semplice domanda: “La mia mente e il mio cuore sono realmente rivolti al Signore? C’è qualche affare, o qualche affetto o qualche preoccupazione mondana o qualche occupazione che mi distoglie da Lui?”

3. La pagina evangelica che abbiamo ascoltato ci riporta, in modo quasi complementare, ad alcuni elementi essenziali della nostra vocazione, che è quella di vivere secondo la forma del santo Vangelo:

a. Gesù chiama a sé i suoi Dodici discepoli: la nostra vocazione è qualcosa di profondamente personale, è chiamata ad una relazione personale con Gesù, al quale noi apparteniamo! Ed è anche qualcosa di condiviso, è con-vocazione. Gesù non si limita a chiamare Simon Pietro, o Matteo, o Giovanni ma li chiama assieme. Gesù non si limita a chiamarci individualmente ma ci chiama assieme, cioè ci con-voca in una fraternità.

b. Nella con-vocazione, in questa chiamata condivisa, c’è spazio per una grande pluralità: nella vita di tutti i giorni Matteo Levi il pubblicano e Simone il Cananeo che è uno zelota non avrebbero potuto convivere. E invece stanno assieme nel gruppo dei Dodici. E in questo strano gruppo c’è spazio per pescatori e contadini, per impulsivi e riflessivi, per intellettuali e gente umile, c’è spazio perfino per Giuda... 
È una bella immagine della nostra stessa realtà di fraternità francescana e anche di Custodia, fortemente caratterizzata dalla pluralità delle nostre provenienze e personalità. Nello Specchio di Perfezione, quando san Francesco viene interpellato sulla figura del perfetto frate minore non risponde facendo un profilo teorico, ma riportando i tratti originali e diversissimi dei suoi fratelli (cfr. SP 85).

c. A tenere unito il gruppo dei Dodici e anche la nostra fraternità, non è però la reciproca simpatia o affinità, ma è il rispondere insieme alla chiamata di Gesù. Basti pensare a quel che accade nel Getsemani, quando i discepoli abbandonano Gesù sperimentano anche una dispersione che li allontana gli uni dagli altri. Questo vale anche per noi: occorre che ci lasciamo insieme attrarre da Lui per poter stare insieme tra di noi ed essere una fraternità che è il segno di un popolo nuovo, di una umanità nuova. È per questo che è fondamentale per noi pregare assieme e metterci assieme in ascolto della Parola di Dio, del Vangelo.

d. Gesù infine desidera condividere coi suoi discepoli non solo una relazione profonda, ma anche la propria missione, che è per la salvezza dell’uomo tutto intero, è per la salvezza dell’uomo nella sua realtà concreta. È per questo che – come annota l’evangelista Matteo – Gesù “diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità”. E questo continua ancora oggi, attraverso la Chiesa, e – nella Chiesa – anche attraverso la nostra fraternità, che ha tanti impegni sociali e caritativi proprio per manifestare la vicinanza di Gesù alle persone concrete e ai loro bisogni.

Mi pare che questa pagina descriva veramente bene quello che noi siamo chiamati a essere come frati minori, come Custodia di Terra Santa e anche come Capitolo.

4. In questi giorni chiediamo la grazia di essere veramente e prima di tutto col cuore e la mente rivolti al Signore, liberi da ogni forma di idolatria. E chiediamo al Signore che ci aiuti a fare quelle scelte che aiuteranno anche gli altri nostri fratelli della Custodia ad essere col cuore e la mente rivolti a Lui. 
Chiediamo anche la grazia di crescere come fraternità nella quale ognuno con la propria originalità si lascia chiamare ed attrarre dal Signore, assieme a tanti altri fratelli. 
Chiediamo infine la grazia di vivere con passione lo spirito missionario, sapendo che in questo modo condividiamo la missione di Gesù, la sua passione ed il suo amore per le persone che anche nella nostra santa terra hanno bisogno di essere guarite nel corpo, nel cuore e nello spirito.

Fra Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa