Da parte di Dio ti prometto la vita eterna | Custodia Terrae Sanctae

Da parte di Dio ti prometto la vita eterna

Omelia Messa di esequie per fr. Francisco Fernandez Gutierre

Eb5,7-9; Sal 30; Gv 19,25-27

Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!

1. Oggi la nostra fraternità custodiale si è riunita per celebrare il dono della vita eterna, un dono al quale non si può giungere se non presi per mano da “sora nostra morte corporale”, come ci ricorda il serafico padre san Francesco, e fra Francisco è qui davanti all’altare dal quale sgorga la sorgente della vita eterna, perché sull’altare il pane diventa il pane della vita e il vino diventa bevanda di salvezza.
Le letture che abbiamo ascoltato sono quelle che ricorrono nella memoria liturgica odierna della Beata Vergine Maria addolorata e ci aiutano a riflettere sul mistero della nostra morte alla luce del mistero della morte del Figlio di Dio, il nostro Signore Gesù Cristo.

2. La Lettera agli Ebrei ci ricordava come lo stesso Gesù si è posto davanti alla propria morte e qual è per noi la conseguenza della morte del Signore Gesù: 
“Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. 
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”.
Il senso della nostra morte noi lo possiamo intravedere solo alla luce della morte di Gesù. Egli prega e supplica il Padre con forti grida e lacrime di essere salvato dalla morte (e noi custodiamo ancora il luogo di quella preghiera, di quelle grida e di quelle lacrime, nella chiesa del Getsemani). E viene esaudito per la sua pietà, per il suo abbandono filiale. Noi sappiamo che viene esaudito non evitando la morte, ma attraversandola come si attraversa una valle oscura, un passaggio stretto e buio. E sappiamo – e lo professiamo ogni volta che professiamo la nostra fede – che fu esaudito nella risurrezione, quando il suo Santo Sepolcro resta vuoto e il lenzuolo che lo avvolgeva si affloscia per conservare solo l’immagine di luce prodotta dalla sua risurrezione.

3. L’autore della Lettera agli Ebrei non si limita però a raccontarci quel che è accaduto a Gesù, ma ci ricorda qual è la conseguenza per noi della preghiera fiduciosa di Gesù, della sua morte e della sua risurrezione: Egli è diventato “causa di salvezza eterna per coloro che gli obbediscono”. 
Quando la nostra vita è profondamente unita a quella di Gesù nell’obbedienza a Lui che ci ricollega alla sua obbedienza al Padre allora facciamo esperienza di cosa vuol dire essere salvati, di cosa vuol dire che la nostra vita viene riscattata dal male e dalla morte, di cosa vuol dire essere esauditi – insieme a Gesù – nel desiderio che portiamo in cuore di una vita piena e beata.

4. La promessa di salvezza e di vita piena ci accompagna nel corso di tutta la nostra vita di cristiani e di consacrati. 
Nel rito del battesimo, all’interno della celebrazione c’è una formula di benedizione riservata alle madri, che è una formula molto bella e inizia con questa espressione: “Dio onnipotente, che per mezzo del suo Figlio, nato dalla vergine Maria, ha dato alle madri cristiane la lieta speranza della vita eterna per i loro figli”. Ogni attimo della nostra vita cristiana non è un semplice avvicinarci al giorno della morte, ma è un avvicinarci a quel passaggio pasquale che mette al sicuro per sempre la nostra vita immergendola nella comunione della Santissima Trinità, nell’unica vita vera, piena ed eterna. 
Anche nel rito della professione religiosa ci viene ricordato che la nostra esistenza ha come meta la vita eterna. Dopo esserci impegnati, per la grazia di Dio, a vivere il vangelo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità, secondo la Regola di san Francesco e le nostre Costituzioni, il celebrante pronuncia parole solenni, impegnative e bellissime: “da parte di Dio onnipotente, se osserverai queste cose, ti prometto la vita eterna”.

5. Ciò che ora celebriamo è allora questa speranza cristiana che dà senso alla nostra vita, e che la nostra professione religiosa rafforza. Il motivo per cui siamo qui a celebrare l’Eucaristia di commiato al nostro fratello fra Francisco è perché come ringraziamo giustamente per il dono della vita, ancor più giustamente siamo chiamati a ringraziare per il dono della vita eterna. È ancora una volta il padre san Francesco ad esortarci: “Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e le volontà il Signore Iddio, il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati, redenti, e ci salverà per sua sola misericordia” (Rnb XXIII, 8: FF 69).

6. Oggi la liturgia della Chiesa ci invita a fare memoria della beata Vergine Maria addolorata e ce la presenta sotto la croce, nel momento in cui il suo divin figlio morente le dona come figlio il discepolo amato e la dona come madre al discepolo amato. 
Il nostro fratello Francisco ha vissuto nella sua vita di consacrato una profonda devozione mariana, ha accolto Maria nella propria vita come un grande dono, e molti dei conventi di Terra Santa presso i quali ha vissuto e prestato servizio sono conventi legati alla Vergine Maria, come risulta dal suo profilo biografico.
Mi sembra bello poter pensare a questo momento come al momento in cui è Maria a dire a Gesù, non più in croce ma in gloria: “Ecco questo tuo fratello Francisco, che ti ha seguito e amato come frate minore, che ha dedicato la sua vita a vivere e testimoniare il Vangelo nella terra in cui tu hai dato la vita per noi, adesso accoglilo, prendilo con te, e fallo passare da questa Gerusalemme terrena alla Gerusalemme celeste dove non c’è più fragilità, non c’è più sofferenza, non c’è più morte, ma solo vita piena e comunione di amore con te e con il Padre, nell’unità dello Spirito Santo”.