Che sarà mai questo bambino?” | Custodia Terrae Sanctae

Che sarà mai questo bambino?”

Nascita di S. Giovanni Battista

Is 49,1-6; Sal 138; At 13,22-26; Lc 1,57-66.80

1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!

È bello poter celebrare assieme la solennità della nascita di s. Giovanni Battista qui ad Ain Karem, dove, secondo la tradizione, questa nascita è avvenuta, in un clima di stupore e di gioia. 
Parlandoci di Giovanni Battista, la liturgia lo mette chiaramente in relazione con le antiche profezie e con Gesù, ma lo mette anche in relazione con ognuno di noi, aiutandoci a scoprire, attraverso di lui, il senso profondo della nostra vita.

2. Nel brano degli Atti degli Apostoli abbiamo sentito come viene sintetizzata tutta la storia della salvezza, che converge verso la venuta del Cristo. Dentro questa storia Giovanni Battista trova il suo posto come precursore, come colui che prepara la via alla venuta del Messia: “Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: «Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali»” (At 13,24-25).

3. La parola di Dio che abbiamo ascoltato ci dice che il senso della vita di Giovanni Battista è tutto racchiuso dentro un meraviglioso disegno di amore che ha la sua origine in Dio e che un po’ alla volta andrà scoperto come chiamata personale. È la parola originale che Dio pronuncia sulla nostra vita, perché ci inseriamo attivamente in quel disegno più grande che è il piano divino di salvezza sull’umanità. 
Nel Profeta abbiamo letto: “il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome” (Is 49,1). E nel Salmo 139,13 abbiamo cantato: “Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda”.
Lo stesso senso di stupore e meraviglia di fronte alla nascita di questo bambino si avverte lungo tutto il brano evangelico che la racconta, al punto che tutti si chiedono: “Che sarà mai questo bambino?” (Lc 1,66).

4. Alla luce di questa festa occorre che anche noi recuperiamo il senso di gioia, di stupore e di meraviglia di fronte ad ogni vita e di fronte alla nostra stessa vita: siamo un piccolo miracolo vivente e siamo un potenziale capolavoro di Dio. E dentro la nostra persona, fin dal primo istante del nostro concepimento, è nascosto un senso profondo che siamo chiamati progressivamente a scoprire. 
È l’avventura più bella e affascinante quella che ci porta a scoprire il perché profondo della nostra esistenza, ciò a cui Dio ci chiama, la nostra vocazione. Di fronte a ogni bambino e bambina dovremmo poter dire: “Che sarà mai questo bambino, che sarà mai questa bambina? Che senso ha la sua vita? Quale disegno d’amore ha Dio su di lui o su di lei? A che cosa sarà chiamato o chiamata?”.

5. Alla luce di questa festa occorre anche, ogni volta, che noi impariamo da Giovanni Battista a mettere la nostra persona e la nostra vocazione in relazione alla persona e alla vocazione di Gesù. Il Salvatore è Lui. Solo Lui. Non noi.
Questo ci aiuta a vivere la nostra vita e la nostra vocazione con verità, con umiltà e con serenità. Con verità, perché non dobbiamo mai attirare gli altri a noi ma sempre orientarli verso Gesù Cristo, è Lui il Salvatore noi siamo il dito che lo indica. Nei dipinti che lo raffigurano Giovanni Battista o sta battezzando Gesù o lo sta indicando: “Ecco l’Agnello di Dio”. 
Con umiltà, perché questo nostro essere relativi a Gesù ci ricorda che non dobbiamo occupare un posto eccessivamente importante nella vita degli altri, perché se Gesù deve crescere in loro, noi, un po’ alla volta, come il Battista, dobbiamo diminuire e a un certo punto perfino sparire. 
Con serenità, perché l’Agnello di Dio che toglie il peccato e il male del mondo prendendolo su di sé è Gesù, non noi! Non dobbiamo perciò sentirci gravati di un peso eccessivo, ma gioire perché chiamati a collaborare attivamente alla salvezza dei nostri fratelli e delle nostre sorelle “attirando tutti, secondo le nostre forze, al suo amore” (Pater 5: FF 260), come direbbe san Francesco, il cui nome di battesimo era Giovanni Battista.

6. Che il Signore doni a tutti noi la capacità di gioire del dono della vita e della vocazione. Che aiuti i papà e le mamme a vivere con stupore la nascita di ogni figlio sapendo che è dono di Dio e che su ogni bambino che viene concepito Dio ha un disegno d’amore. Che la gioia di esistere per un disegno d’amore da parte di Dio si diffonda attraverso le nostre piccole persone, che agli occhi di Dio sono però meravigliose persone. 

E che anche attraverso di noi Dio possa preparare altri all’incontro con il suo Figlio Gesù, l’unico che ci manifesta la bontà misericordiosa del nostro Dio e la sua salvezza nella remissione dei nostri peccati, l’unico che viene a visitarci dall'alto come sole che sorge, per rischiarare tutti quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte, l’unico capace di dirigere i nostri passi sulla via della pace.

 

Così sia.

 

Fr. Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa