Venerdì Santo 2008: Processione funebre di Cristo | Custodia Terrae Sanctae

Venerdì Santo 2008: Processione funebre di Cristo

Il Venerdì Santo, all’interno della Basilica della Resurrezione, è celebrata dai francescani della Custodia di Terra Santa una cerimonia poco conosciuta: la Processione funebre di Cristo.
Che commuova o che colpisca, essa non lascia comunque le persone indifferenti.

Poche persone hanno in effetti la possibilità di vederla da vicino tanto è compatta la folla che invade il Santo Sepolcro in questo Venerdì Santo, alla testa della quale la quasi totalità dei francescani residenti nella Città Santa (un centinaio).
Il sito internet della Custodia è dunque il mezzo più appropriato, per permettere agli internauti di entrare nel rito di questo ufficio poco conosciuto (vedere l’album).

È un ufficio che si iscrive nella linea delle rappresentazioni del Medio Evo, ispirate alla Passione di Cristo, e chiamate Misteri. Si tratta della stessa epoca nella quale, secondo la tradizione, San Francesco d’Assisi ha inventato il Presepe di Natale. Ma se il Bambino del Presepe si presta (poco) alla polemica, un Cristo sanguinolento e articolato interroga ancora di più. Perché questo ufficio è una mimesi. La mimesi della deposizione di Gesù dalla Croce, della sua unzione e della sua deposizione nella Tomba. Una mimesi che si svolge nei luoghi stessi della sua Passione, dalla cima del Calvario all’edicola del Santo Sepolcro.

Il rischio nel “dare corpo” nella mimesi a questi momenti della Passione, è quello di venerare la morte piuttosto che il memoriale della morte, che non esiste senza la resurrezione.
Non si tratta affatto di un’immagine giusta della Passione, ma giusto di un’immagine per aiutarci a realizzare, se ce ne fosse bisogno, che il Cristo, il Figlio del Dio Vivente, ha conosciuto la morte nella sua carne. È proprio qui che riposa tutta la rivoluzione e tutta la speranza della fede. Nel suo Figlio, Dio ha conosciuto la morte per trionfare di essa. “Se il Cristo non è risuscitato, vana è la nostra fede” (1Cor 15,17).

All’epoca del concilio di Nicea II (787), in piena polemica iconoclasta, il Papa Adriano (772-795) poteva scrivere: “Per il tramite di un volto visibile, il nostro spirito sarà trasportato per attrazione spirituale verso la maestà invisibile della divinità attraverso la contemplazione dell’immagine, in cui è rappresentata la carne che il Figlio di Dio si è degnato di prendere per la nostra salvezza, così adoriamo e insieme lodiamo, glorificandolo in spirito, questo medesimo Redentore, poiché, come è scritto, “Dio è spirito”, ed è per questo che adoriamo spiritualmente la sua divinità” (J. D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, XII, 1061 C–D).

In questa Terra Santa, nella quale il Giudaismo e l’Islam vietano di rappresentare Dio, la Processione funebre non significa “fare come se” noi assistessimo al seppellimento di Cristo, ma significa fare memoria. Durante questa rappresentazione, noi ci scopriamo in ascolto del Cristo che ci dice all’orecchio: “O uomo senza intelligenza, e tardo di cuore a credere a tutto ciò che i profeti hanno detto! Non sapevi che il Cristo doveva soffrire per entrare nella sua gloria?”. Allora, come i pellegrini di Emmaus lo hanno riconosciuto nella frazione del pane, così, contemplando una immagine di Cristo nella tomba, i nostri cuori mormorano già, in attesa del giorno santo della Pasqua: “O morte, dov’è la tua vittoria?”.

MAB