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Sul Cammino di Gerusalemme, un’esperienza di dialogo ed incontro

Da millenni, pellegrini provenienti da ogni angolo del mondo hanno percorso lunghe strade per raggiungere Gerusalemme. Oggi, grazie all'iniziativa di Yael Tarasiuk e Golan Rice, è possibile ripercorrere questi antichi sentieri e rivivere l'esperienza di un pellegrinaggio in Terra Santa.

L’associazione “The Way to Jerusalem” propone il pellegrinaggio come un’opportunità straordinaria per conoscere i luoghi della Terra Santa e la sua storia, ma anche come occasione di incontro, scambio e dialogo umano. 

Il progetto ha come obiettivo quello di riaprire le vie storiche verso Gerusalemme, favorendo un'esperienza di crescita personale e promuovendo il dialogo tra culture diverse attraverso l'incontro con le comunità locali.

Un progetto frutto di amicizia

Golan Rice, esperto di pellegrinaggi, ha dedicato anni allo studio di antiche e moderne rotte spirituali, completando il Cammino di Santiago. Yael Tarasiuk ha una vasta esperienza nel campo dell'inclusione sociale e del dialogo interculturale. Legati da una lunga amicizia decidono di unire le loro competenze per dare vita al “Cammino di Gerusalemme”.

“Ci siamo chiesti – racconta Yael -  dato che esistono percorsi come il Cammino di Santiago o la Via Francigena, perché non crearne uno dedicato a Gerusalemme? Questa città è stata e continua ad essere meta di pellegrinaggio per molti fedeli di diverse religioni fino ad oggi.”

Così, dopo aver consultato esperti archeologi e studiosi, hanno tracciato l’itinerario originario che in maniera sicura conduce a Gerusalemme.  

Il percorso è lungo circa 450 km e si snoda dalla Galilea fino a Gerusalemme. È suddiviso in quattro tappe, ma ad oggi solo l’ultimo tratto che va da Jaffa a Gerusalemme, denominato la “Via del Silenzio”, è percorribile a piedi dai pellegrini. 

Accoglienza e condivisione

Lungo il percorso, sono previsti punti di sosta e accoglienza presso strutture locali, come parrocchie, conventi o case private. Alcuni abitanti, aderendo al progetto, aprono le porte delle loro case ai pellegrini, offrendo un'esperienza di ospitalità autentica. Questa varietà di soluzioni permette ai pellegrini di immergersi completamente nella vita delle comunità locali e di entrare in contatto con le persone del luogo. 

La Custodia di Terra Santa ha aderito attivamente a questo progetto, mettendo a disposizione alcune delle sue strutture. A Ramleh, ad esempio, i pellegrini possono visitare la parrocchia francescana e incontrare la comunità locale, mentre ad Ain Karem troveranno riposo e ristoro presso la struttura del Casa Nova. Queste tappe rappresentano momenti preziosi di scambio e di condivisione, che arricchiscono l'esperienza del pellegrinaggio.

La via del silenzio, un percorso interiore

La “Via del Silenzio” ha inizio dall'antico porto di Jaffa e termina all’ ingresso dell’ omonima porta nella città vecchia di Gerusalemme. Il percorso comincia attraversando le aree urbane delle città costiere per poi proseguire salendo sui due crinali che circondano Gerusalemme. 

La “Via del Silenzio” ricalca antichi percorsi utilizzati da pellegrini ebrei, cristiani e musulmani nei secoli passati. Le prime tracce risalgono all'epoca romana, quando una strada pavimentata collegava Giaffa a Gerusalemme. 

Yael sottolinea come questo pellegrinaggio, in particolare l’ultima tratta, non vuole essere solo una prova di resistenza fisica. In questo percorso il pellegrino può fare l’esperienza del silenzio e riscoprirsi. 

“La via del silenzio” – racconta Yael - non è solo un percorso fisico, ma anche interiore. È un percorso nel cuore del pellegrino che mentre si avvicina a Gerusalemme si domanda cosa si va cercando nella città santa.

Il pellegrinaggio come occasione di incontro e cambiamento

Il Cammino di Gerusalemme è un'esperienza unica che unisce spiritualità e umanità. Yael e Golan, nel coinvolgere le comunità locali, hanno creato un network di accoglienza che favorisce l'incontro tra persone di diverse culture e religioni. 

Come afferma Yael: “Negli ultimi anni siamo andati di tappa in tappa, da una comunità all’altra a raccontare loro del progetto. Abbiamo detto che i pellegrini passeranno per questi luoghi e magari chiederanno acqua e qualche parola di conforto. Perché ciò di cui un pellegrino ha bisogno è che il suo viaggio sia riconosciuto.”

Il cammino, il silenzio e l’incontro con altre persone fanno sì che chiunque intraprenda questo viaggio ne torni cambiato nel profondo. Si torna a credere.

“Questo è il significato del pellegrinaggio per me –afferma Yael - tornare a credere nelle persone, nell’amore o in Dio.”

 

Lucia Borgato

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