Quadro dell'emergenza nella Striscia di Gaza (U.n.i.c.e.f.) | Custodia Terrae Sanctae

Quadro dell'emergenza nella Striscia di Gaza (U.n.i.c.e.f.)

• Almeno 162 i bambini palestinesi uccisi tra gennaio e ottobre 2004, 3.170 quelli feriti: il 50% in più del 2003. Oltre 6.000 senzatetto per la demolizione di abitazioni palestinesi: 3.000 sono bambini. Il 60% dei palestinesi vive sotto la soglia di povertà (2$ al giorno), il 25% in povertà estrema. Intensificati gli interventi dell’UNICEF nei settori sanitario, idrico, psicosociale e dell’istruzione.
• Più grave la situazione di Gaza, per le incursioni dell’esercito: ogni mese demolite 120 case e sfollate 1.200 persone. A Gaza i 3/4 della popolazione vive sotto la soglia di povertà.
• In aumento malnutrizione e anemia; raddoppio della diarrea acuta; 1 bambino su 10 affetto da ritardo della crescita: vaccinati 500.000 bambini e somministrata loro vitamina A; inviati kit sanitari, kit ostetrici e da parto; interventi nutrizionali per 600.000 bambini e 200.000 donne.
• Gravi pericoli sanitari per i danni alla rete idrica, elettrica e fognaria: inviati a 7.000 famiglie di Jabaliya kit per la potabilizzazione e conservazione dell’acqua; altri 45 kit, cisterne gonfiabili e gruppi elettrogeni distribuiti a Rafah, dove sono anche stoccate scorte idriche d’emergenza.
• Rischioso o impossibile l’accesso a scuola per 226.000 bambini: distribuiti 90.000 libri d’esercizi, formazione di 1.000 maestri e genitori per il progetto d’istruzione a distanza; inviati 390 kit scolastici d’emergenza per 31.000 bambini e 500 maestri; distribuite 40.000 cartelle scolastiche e acquistate altre 30.000; forniti 120 kit ricreativi; 20.000 i bambini inseriti nei campi di studio estivi.
• Quasi 1/3 dei bambini palestinesi esposti a qualche forma di violenza. Dopo l’incursione di Jabaliya educazione sui pericoli di ordigni inesplosi, attrezzata una scuola materna distrutta per 500 bambini, inviati 300 kit familiari; istituzione di team mobili d’assistenza psicosociale; creazione di 19 Spazi sicuri per il gioco e 12 associazioni giovanili per 30.000 bambini.
• Necessari agli interventi UNICEF del 2004 13,8milioni di dollari: ricevuti poco più di 4 milioni
I. QUADRO DELL’EMERGENZA
Aggravarsi progressivo della crisi nel TPO
La situazione a Gaza e in Cisgiordania continua ad essere caratterizzata da una violenza persistente – che raggiunge livelli drammatici durante le incursioni dell’esercito israeliano e delle demolizioni di case palestinesi – e da forti limitazioni alla libertà di movimento, soprattutto a causa dei coprifuoco, della chiusura dei territori e dall’innalzamento di barriere di separazione.
Rispetto al 2003, la situazione umanitaria nel Territorio Palestinese Occupato è drasticamente peggiorata: tra gennaio e ottobre 2004, almeno 162 bambini palestinesi sono stati uccisi e altri 3.170 feriti, cifre che risultano del 50% superiori a quelle del 2003. I dati su morti e feriti, purtroppo, risultano già obsoleti, necessitando un aggiornamento pressoché quotidiano.
Gli effetti di una situazione di perenne instabilità e violenza si ripercuotono pesantemente sull’economia palestinese, con una povertà che risulta in continuo aumento e livelli di disoccupazione che privano intere famiglie degli indispensabili mezzi di sussistenza: allo stato attuale, oltre il 60% dei palestinesi vivono sotto la soglia di povertà, con meno di 2 dollari al giorno; il 25% in condizioni di povertà estrema.
Situazione nella Striscia di Gaza
Jabaliya, nella parte settentrionale della Striscia di Gaza, è stato il teatro delle più violente incursioni dell’esercito israeliano, che, in due sole settimane – tra il 28 settembre e il 14 ottobre – hanno condotto all’uccisione di 135 palestinesi e al ferimento di altri 500: tra i bambini, le vittime sono state 34; 170 i feriti.
Negli ultimi 6 mesi, oltre 600 abitazioni palestinesi sono state demolite dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza – 450 nella sola Rafah e nella parte meridionale della Striscia di Gaza - a danno di oltre 6.000 persone, 3.000 dei quali bambini: nel 2004, le demolizioni sono andate avanti a una media di 120 case distrutte ogni mese - 4 al giorno - con oltre 1.200 persone ridotte, ogni mese, alla condizione di sfollati. Dal settembre 2000, quando ha avuto inizio la seconda Intifada, la demolizione di abitazioni palestinesi da parte dell’esercito israeliano ha lasciato senza casa più di 25.000 persone nella sola Striscia di Gaza. Due terzi dei senza tetto è originaria di Rafah. Nella Striscia di Gaza, i 3/4 della popolazione vive sotto la soglia della povertà.
In diverse aree di Jabaliya e Rafah, la distruzione deliberata di infrastrutture idriche, elettriche e fognarie costituisce una seria minaccia per le condizioni sanitarie della popolazione residente, privata dell’acqua potabile corrente e ridotta in condizioni sanitarie precarie.
Le ripercussioni sui bambini sono enormi: le condizioni socio-sanitarie esistenti ne pongono a rischio stato di salute e benessere psico-fisico; la mancanza di strutture adeguate ne mette a repentaglio il diritto all’istruzione; l’impatto psicosociale causato dalla perdita dei genitori, familiari o amici – nonché le loro condizioni di vita da sfollati - risulta immenso.
Ostacoli agli interventi umanitari
Come già avvenuto in occasione di precedenti incursioni, l’accesso delle organizzazioni umanitarie alle popolazioni più vulnerabili viene negato o gravemente ostacolato dall’esercito israeliano. Il peggioramento della situazione, provocato soprattutto da nuove chiusure dei territori, dal progredire della barriera di separazione e dalle incursioni dell’esercito nei territori ha condotto a un maggiore coinvolgimento dell’UNICEF nel settore sanitario e dell’assistenza psicosociale, oltre che ad interventi di emergenza in quello idrico.
Condanna delle violenze da ambo le parti
L’UNICEF ha duramente condannato come insensate e inaccettabili tutte le forme di violenza che sono all’origine della morte dei bambini, tanto palestinesi quanto israeliani. L’escalation di violenza, l’imprevedibilità delle operazioni militari israeliane e un’apparente irresponsabilità in seno all’establishment militare di Israele hanno condotto, nel periodo compreso tra novembre e dicembre 2002, alla morte di 4 funzionari ONU, portando a 6 il numero dei funzionari delle Nazioni Unite uccisi fin dal settembre 2000.
II. LA CONDIZIONE DELL’INFANZIA NEL TERRITORIO PALESTINESE OCCUPATO
L’impatto delle violenze sui bambini e sulle donne palestinesi
I bambini stanno pagando il prezzo più alto della guerra combattuta dagli adulti. I diritti fondamentali dei bambini palestinesi alla vita, alla protezione, allo sviluppo e all’istruzione – tutti sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia – sono di fatto violati. La situazione di violenza, insicurezza e instabilità produce effetti devastanti sullo stato sanitario, nutrizionale e psicologico della popolazione infantile e delle donne palestinesi.
Peggioramento delle condizioni sanitarie e nutrizionali
Gli indicatori dell’ultima indagine conoscitiva su demografia e sanità rivelano un aumento della malnutrizione cronica e un peggioramento dello stato nutrizionale della popolazione infantile, una crescita dell’anemia e delle carenze da micronutrienti, dei tassi di ritardo della crescita, con un bambino su 10 che ne risulta affetto. I danni arrecati durante le operazioni militari alle infrastrutture idriche e fognarie è inoltre all’origine della diffusione di epidemie legate al consumo d’acqua contaminata, che, unite alle precarie condizioni igieniche, ha portato al raddoppio dei casi di diarrea acuta.
La disponibilità di servizi sanitari di base risulta ridotta dalla carenza di forniture e dalle difficoltà del personale medico di recarsi a lavoro, in conseguenza delle restrizioni alla libertà di movimento. La qualità dei servizi disponibili, inoltre, è inficiata dall’impossibilità di formare e tenere aggiornato il personale sanitario. Le restrizioni al movimento sono inoltre tra le cause all’origine della diminuzione dei pazienti che si
avvalgono dei servizi medici funzionanti.
Come per altri aspetti, la situazione a Gaza risulta peggiore: mentre in Cisgiordania, tra il 2000 e il 2004, la mortalità infantile sotto i 5 anni è diminuita, nello stesso periodo essa ha registrato un aumento nella Striscia di Gaza, dove il 50% di bambini in meno riceve vitamina A e D e dove i tassi di malnutrizione sono del 50% più alti che in Cisgiordania.
Nonostante l’impegno a mantenere elevati i livelli di copertura vaccinale, e gli sforzi dei genitori per far vaccinare i loro bambini, meno dei 2/3 dei bambini che n’avevano bisogno sono stati vaccinati contro il morbillo. In aumento sono anche i parti tra le mura domestiche - privi di adeguata assistenza medica - per le difficoltà che le donne in gravidanza progressivamente incontrano nel recarsi presso le apposite strutture mediche, con una diminuzione d’oltre il 10%, nel corso dell’ultimo anno, delle visite presso centri per la maternità.
Impatto sul settore dell’istruzione
Il diritto all’istruzione dei bambini palestinesi è direttamente minacciato dalle restrizioni alla libertà di movimento: chiusure dei territori, coprifuoco, barriere e check points ostacolano l’accesso dei bambini a scuola, con oltre 226.000 bambini di 580 scuole per i quali risulta estremamente rischioso o impossibile recarsi a scuola. Molte edifici scolastici, inoltre, risultano danneggiati nelle loro strutture fondamentali (servizi idrici e igienici, aule, palestre e cortili scolastici) mentre i bambini, durante le attività didattiche, si trovano di frequente sottoposti al fuoco incrociato di esercito israeliano e miliziani palestinesi.
La qualità dell’istruzione è allo stesso modo inficiata dagli ostacoli che rendono estremamente difficile al personale scolastico recarsi al lavoro.I tassi di iscrizione scolastica sono scesi del 1,5% per il secondo anno consecutivo, il che significa che ogni anno 15.000 bambini in meno hanno accesso alla scuola.
In tale situazione, un decennio di interventi diretti a migliorare lo stato dell’istruzione dei bambini palestinesi risulta a serio rischio: le opportunità di apprendimento di un milione di bambini e le possibilità di insegnamento di 39.000 insegnanti di 1.786 scuole risultano pregiudicate, con gravi conseguenze per l’intero sistema scolastico.
Impatto psicosociale del conflitto
Il perdurare delle violenze, le restrizioni alla libertà di movimento e la generale mancanza di prospettive per il futuro producono effetti devastanti sul benessere psicologico dei bambini, incidendo gravemente sulla loro capacità di concentrazione e di apprendimento. Sui bambini l’impatto psicologico della guerra è infatti incalcolabile: eventi traumatici come la morte o il ferimento di familiari ed amici, le demolizioni di abitazioni e
la perdita dei propri averi, le perquisizioni casa per casa, le interminabili attese ai check point, le retate umilianti o l’arresto di padri e fratelli provocano un danno irreparabile al senso di fiducia dei bambini negli adulti, accrescono la loro tolleranza alla violenza come strumento idoneo alla risoluzione dei problemi, diminuiscono la loro capacità di sopportazione e di speranza nel futuro.
Dati recenti rivelano che quasi 1/3 dei bambini palestinesi (il 30,8% del totale) sono stati direttamente esposti a qualche forma di violenza, mentre si registra un aumento delle violenze in ambito domestico e scolastico, riflesso delle pressioni cui genitori e bambini sono sottoposti nel corso della loro vita quotidiana. A causa delle demolizioni di abitazioni palestinesi – che procedono a una media di 120 case distrutte ogni mese, in ritorsione agli attacchi suicidi o anche al lancio di razzi verso Israele - bambini e famiglie perdono tutti i loro averi personali, compresi vestiti, materiali scolastici e giocattoli, vedendosi costretti a cercare rifugi d’emergenza, ridotti alla condizione di sfollati.
Gravi e numerosi risultano i problemi emotivi riscontrati nei bambini palestinesi: disturbi del sonno, incubi e incontinenza notturna, difficoltà di concentrazione e di apprendimento, aumento dell’aggressività e degli stati di tensione, dei comportamenti a rischio, dei sintomi di stress, di sconforto e frustrazione. Infine, per i bambini palestinesi le opportunità di partecipare ad attività ricreative, partecipative e di socializzazione continuano ad essere drasticamente ridotte dagli effetti del conflitto e dalle restrizioni di movimento.
III. RISPOSTA DELL’UNICEF
Restrizioni d’accesso e ostacoli agli interventi umanitari
Le operazioni militari nel Territorio Palestinese Occupato compromettono gravemente i delicati interventi avviati dall’UNICEF e contribuiscono all’aggravio della situazione umanitaria nel TPO. Le violenze indiscriminate e l’impossibilità di accesso a beni primari come l’acqua o il cibo costituiscono le principali minacce per le fasce più deboli della popolazioni e, in primo luogo, per le donne e i bambini. L’emergenza è inoltre aggravata dalle restrizioni di movimento imposte dall’esercito israeliano e dalla costruzione di cinte murarie all’interno del Territorio Occupato Palestinese, che rendono ancor più difficile l’accesso della popolazione ai servizi di base come la scuola, gli ospedali, i generi alimentari e quelli di prima necessità.
Come effetto di tali misure, gli spostamenti per la popolazione palestinese risultano sempre più difficili, quando non impossibili, e anche la libertà di movimento delle missioni umanitarie risulta fortemente ostacolata. Le restrizioni hanno avuto un grave impatto sul monitoraggio dei progetti in corso, sulla possibilità dell’UNICEF di fornire assistenza tecnica e risorse alle organizzazioni partner, oltre che servizi di base a donne e bambini palestinesi.
La risposta dell’UNICEF
La risposta dell’UNICEF alle restrizioni di movimento è stata decentrare gli interventi umanitari, spostando personale e servizi nelle aree più in difficoltà, secondo l’approccio del “lavoro dietro le linee”, che ha condotto all’apertura di 6 uffici distaccati in 4 distretti della Cisgiordania (Hebron, Nablus, Tulkarem e Jenin) e nella parte meridionale della Striscia di Gaza (Gaza e Rafah), coordinati dall’ufficio centrale dell’UNICEF a Gerusalemme.
In Cisgiordania, l’UNICEF concentra i propri sforzi operativi in 5 zone prioritarie d’intervento – Jenin, Tulkarem, Qalqiliya, Nablus ed Hebron – mentre nella Striscia di Gaza sono 3 le aree cui viene rivolta speciale attenzione – Rafah, Khan Younis e il nord di Gaza. Il personale UNICEF sul campo conta 60 operatori, tra funzionari nazionali e internazionali.
IV. SETTORI DI INTERVENTO
Aree prioritarie di intervento
Tre le aree fondamentali d’intervento dell’UNICEF nel TPO figurano il settore sanitario e nutrizionale, quello idrico e igienico-sanitario, l’istruzione, la protezione dei bambini a rischio, l’assistenza psicosociale ai bambini vittime di traumi e violenze.
SANITA’ E NUTRIZONE
Sostegno al sistema sanitario
Gli interventi in ambito sanitario, in collaborazione con il Ministero della Sanità palestinese, mirano a sostenere il sistema della sanità di base nel suo complesso, coordinandone le attività e gli interventi, per renderlo in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze poste da una situazione in costante evoluzione.
Vaccinazioni
Una campagna straordinaria di vaccinazioni contro il morbillo è stata realizzata lo scorso mese di luglio in concomitanza con la somministrazione di vitamina A, raggiungendo oltre 500.000 bambini, il 98% dei bambini tra i 9 mesi di vita e i 5 anni d’età: la campagna è stata condotta in condizioni di estrema difficoltà sia in Cisgiordania sia a Gaza, inclusa un’incursione dell’esercito israeliano a Beit Hanoun. La campagna di somministrazione di vitamina A ha offerto copertura per i successivi 6 mesi, prevenendo in tal modo il pericolo di carenze da micronutrienti.
L’UNICEF, inoltre, si occupa del potenziamento della “catena del freddo”, la rete di ambienti frigorifero necessari alla conservazione di vaccini e medicinali, attraverso la fornitura di attrezzature (frigoriferi e refrigeratori, contenitori termici per il trasporto dei vaccini e altri per la loro conservazione), strumentazione (sistemi di controllo delle temperature di conservazione dei vaccini), competenze tecniche, di gestione e manutenzione delle apparecchiature della catena del freddo.
Aiuti di emergenza
Per rispondere all’emergenza causata dalle incursioni di settembre/ottobre a Jabaliya, nella Striscia di Gaza, l’UNICEF ha distribuito kit sanitari di emergenza alle strutture sanitarie delle aree maggiormente colpite: ogni kit contiene medicinali di base, forniture e attrezzature mediche, prodotti per la sterilizzazione; 1 kit copre le esigenze di circa 30.000 persone per il periodo di un mese.
Kit da parto, inoltre, sono stati inviati a strutture sanitarie non normalmente supportate, per porle in grado di rispondere alle emergenze ostetriche: a causa delle operazioni militari, molte donne incinte non hanno infatti la possibilità di raggiungere le strutture mediche appropriate. Ogni kit permette l’allestimento di una sala parto e l’assistenza di circa 50 parti; il kit per le emergenze ostetriche è ideato per l’assistenza 100 parti a rischio e include strumenti per gli interventi chirurgici.
Salute materna e infantile
Il potenziamento dei servizi di salute materno-infantile è il modo più efficace per migliorare lo stato sanitario enutrizionale di donne e bambini. Per una riduzione della mortalità infantile e degli stati patologici più diffusi, l’UNICEF attua una serie di interventi specifici:
• La formazione del personale medico in base a un protocollo sanitario nazionale e a linee guida comuni per tutto il Territorio Palestinese Occupato. La formazione interessa medici, levatrici, personale infermieristico, operatori sanitari di villaggio.
• Il potenziamento di 75 centri sanitari per la salute materno-infantile in Cisgiordania e a Gaza, attraverso la fornitura di attrezzature e materiali di base (strumenti per la misurazione di peso, taglia e altezza; kit di materiali per il test dell’emoglobina, macchinari per ecografie, altre attrezzature) e la creazione di appositi reparti di salute materno-infantile all’interno dei Centri sanitari periferici.
• Formazione specialistica su assistenza pre e post natale per il personale medico e infermieristico di ospedali e centri sanitari periferici. E’ inoltre prevista la fornitura di un determinato quantitativo di attrezzature e materiali agli ospedali di Hebron e di Gaza.
L’obiettivo è creare un sistema di servizi di salute materna e infantile più decentrato ed efficiente, cui siano in grado di accedere donne e bambini che, a causa delle restrizioni alla mobilità, non possono recarsi verso le strutture sanitarie centrali. Gli interventi si concentrano nelle aree più in difficoltà di Hebron, Jenin e Gaza, permettendo a oltre 200.000 bambini sotto i 3 annie alle loro madri l’accesso a servizi sanitari di base decentrati.
Formazione del personale sanitario
L’UNICEF ha effettuato corsi di formazione e aggiornamento sulle tecniche di vaccinazione a beneficio di 435 operatori sanitari di 15 distretti del Territorio Palestinese Occupato, dedicando particolare attenzione ai team mobili che operano nelle aree più remote o difficilmente accessibili. L’UNICEF, in collaborazione con il Ministero della Sanità, ha effettuato una ricerca per rilevare l’impatto delle restrizioni alla libertà di movimento sulle attività di vaccinazione e in termini di perdita di scorte vaccinali.
Supporto nutrizionale
L’UNICEF sostiene le attività di supporto nutrizionale attraverso la fornitura di micronutrienti come vitamina A (la cui carenza provoca nei bambini la cecità e ne indebolisce il sistema immunitario), acido folico (per prevenire pericoli di malformazione del feto nelle donne incinte), integratori a base di ferro contro l’anemia, sale iodato (la cui carenza provoca gravi danni allo sviluppo cognitivo del bambino). Alla fornitura di micronutrienti, l’UNICEF accompagna le attività di controllo della crescita, con misurazione e pesatura dei bambini.
I dati che emergono dell’ultima indagine conoscitiva effettuata indicano un aumento della malnutrizione cronica, dei livelli di anemia e delle carenze da micronutrienti, dei tassi di ritardo della crescita - con un bambino su 10 che ne risulta affetto - un peggioramento dello stato nutrizionale della popolazione infantile. Per contrastare tali fenomeni gli interventi nutrizionali dell’UNICEF sono diretti a:
• Accrescere, attraverso i media, la consapevolezza sui benefici dell’allattamento al seno, dell’assunzione di micronutrienti e del consumo di sale iodato;
• Conseguire una maggiore assunzione di micronutrienti e acido folico, attraverso programmi di arricchimento delle farine alimentari;
• Potenziare il sistema di controllo della crescita e istituire più efficienti sistemi dimonitoraggio dello stato nutrizionale della popolazione infantile, sia in seno al Ministero della Sanità, sia nei Centri sanitari periferici che erogano tali servizi a livello di distretto: a tal fine, 340 operatori sanitari hanno beneficiato di appositi corsi di formazione.
Sono oltre 600.000 i bambini sotto i 5 anni e 200.000 le donne in età riproduttiva che beneficiano degli interventi UNICEF, che rivolgono un’attenzione particolare alle aree più bisognose di Jenin, Hebron e Gaza.
ACQUA E IGIENE
Interventi di emergenza
Nel distretto di Rafah, l’UNICEF ha fornito materiali per la conservazione dell’acqua, kit per la potabilizzazione, detergenti e materiali di educazione sanitaria a oltre 7.000 famiglie colpite dalla guerra. Inoltre, l’UNICEF ha facilitato oltre 300 iniziative comunitarie per l’informazione e sensibilizzazione sulla promozione delle norme sanitarie. Sempre a Rafah, l’UNICEF ha provveduto allo stoccaggio di scorte idriche di emergenza.
A Gaza, l’UNICEF ha distribuito 45 kit per la raccolta e conservazione dell’acqua, cisterne gonfiabili e gruppi elettrogeni, allo scopo di fornire alle famiglie colpite dalla guerra i mezzi indispensabili per l’accesso all’acqua potabile, in un contesto in cui il danneggiamento della rete idrica rende tale disponibilità decisamente precaria o del tutto impossibile.
ISTRUZIONE
Istruzione a distanza
Oltre 90.000 libri di esercizi d’arabo, inglese, matematica e scienze sono stati stampati e distribuiti in Gisgiordania e a Gaza nel quadro del progetto d’istruzione a distanza, dopo che i contenuti erano stati appositamente rivisti e aggiornati da un team di esperti. Nello stesso ambito, 1.000 maestri hanno ricevutouna formazione di tipo mirato, mentre sono state organizzate oltre 200 sessioni formative dirette a insegnanti e genitori sull’uso dei libri di esercizi, in modo da renderli in grado di guidare e supervisionare le attività dei bambini durante i periodi di coprifuoco o di chiusura dei territori.
Il progetto di apprendimento a distanza è stato lanciato nel 2003 dall’UNICEF in collaborazione con insegnanti, genitori, tv locali e il dipartimento del Ministero dell’Istruzione e viene attuato nelle aree più colpite dalle violenze, quali Jenin, Nablus, Tulkarem, Rafah e Hebron, dove più del 90% degli alunni incontrano gravi difficoltà d’accesso alle strutture scolastiche.
La comunità palestinese ha contribuito attivamente al progetto con proprie risorse, coinvolgendo maestri e genitori affinché i bambini potessero continuare a ricevere un’istruzione di base, nonostante le restrizioni alla mobilità e i rigidi coprifuoco. Il modello dell’apprendimento a distanza si è rivelato efficace, anche da punto di vista della qualità dell’istruzione impartita, e sta perciò venendo esteso ad altre aree in cui le scuole hanno risentito delle chiusure dei territori e delle restrizioni alle libertà di movimento.
Interventi per l’istruzione
Per il diritto all’istruzione dei bambini delle aree di maggiore crisi, l’UNICEF assiste le famiglie palestinesi più in difficoltà con materiali scolastici di base: durante l’emergenza dello scorso ottobre a Jabayla, oltre 40.000 cartellescolastiche sono stateinviate dall’UNICEF sia a l’UNRWA sia alle autorità palestinese, per essere distribuite ai bambini di Gaza.Altre 30.000 cartelle scolastiche stanno venendo acquistate per essere stoccate e distribuite in situazioni di emergenza.
L’UNICEF ha inoltre inviato oltre 390 kit scolastici d’emergenza, le così dette Scuole in scatola, per permettere l’insegnamento/apprendimento a oltre 500 maestri e 31.000 alunni anche in condizioni di crisi.
Circa 120 kit contenenti materiali ricreativi sono stati acquistati per essere utilizzati in attività di supporto ai programmi scolastici, allo scopo di lenire lo stress provocato ai bambini dall’occupazione e contribuire a far loro superare i traumi subiti.
Programmi UNICEF per i campi estivi di studio
Oltre 20.000 bambini hanno partecipato agli ultimi campi estivi di studio organizzati dall’UNICEF in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, quello per le Politiche Sociali e diverse Ong: tali iniziative offrono l’occasione di recuperare le giornate di scuola perse durante l’anno scolastico e di godere di un periodo di aggregazione comunitaria, in cui i bambini possano studiare e giocare in modo costruttivo e in condizioni di pace e sicurezza. Le attività dei campi mirano ad aiutare i bambini a superare i traumi subiti per le continue violenze, a migliorare la loro autostima e a sviluppare le loro capacità individuali.
Interventi UNICEF per il diritto all’istruzione nel TPO
In contesti di guerra la scuola offre ai bambini un’opportunitàdi ritorno alla normalità. Per garantire l’accesso a scuola a tutti i bambini palestinesi, l’UNICEF guida tutte le attività di sostegno al Ministero dell’Istruzione per ciò che riguarda le scuole pubbliche e fa fronte alle esigenze dei bambini rifugiati accolti nelle scuole gestite dall’UNRWA.
Nella situazione di emergenzapermanente, le priorità dell’UNICEF sono fornire assistenza psicosociale, garantire un ambiente scolastico sicuro, fornire ai bambini sottoposti al coprifuoco vie alternative all’istruzione, che siano innovative e integrative. L’obiettivo è anche fornire agli insegnanti una formazione mi accrescere le loro capacità di riconoscere i segni di disagio psicologico tra gli alunni, in modo che possano offrire loro un aiuto adeguato e, quando necessario, indirizzarli verso consulenti specializzati.
PROTEZIONE DEI BAMBINI A RISCHIO
Educazione sui pericoli di mine e ordigni inesplosi
Una vasta campagna di educazione sui pericoli di mine e ordigni inesplosi è stata avviata a settembre, dopo l’incursione militare di Jabaliya, ed è proseguita per tutto il mese di novembre: informazioni utili a prevenire i rischi delle mine e residuati bellici sono state diffuse attraverso spot TV, incontri di formazione organizzati nelle scuole, la distribuzione di poster e volantini: la TV palestinese e 10 canali privati trasmettono messaggi informativi 3 volte al giorno, è stato trasmesso un documentario sui pericoli di ordigni inesplosi ed è stato prodotto un dibattito televisivo cui hanno partecipato i principali membri del Comitato nazionale contro le mine insieme a bambini che, durante i campi estivi organizzati dall’UNICEF, avevano preso parte ad attività di informazione su mine e ordigni inesplosi.
Team mobili per l’assistenza psicosocialenelle emergenze
Per interventi appropriati in situazioni di emergenza, l’UNICEF ha creato in tutto il TPO team di professionisti nel campo dell’assistenza psicosociale che forniscono servizi di assistenza e costituiscono un meccanismo di supporto per i gruppi di sostegno tra coetanei. I team vengono mobilitati in situazioni di emergenza, come i periodi successivi le incursioni o dopo la demolizione di abitazioni o altri atti di violenza. I professionisti che compongo i team sono preparati per riconoscere i sintomi di disagio psicosociale, offrire servizi di consulenza e di assistenza, con riguardo particolare alle situazioni di crisi. Nuovi team per l’assistenza psicosociale nelle emergenze sono stati istituiti a Hebron, Nablus, Tulkarem, Jenin e nei 5 governatorati della Striscia di Gaza.
Gruppi di sostegno psicosociale tra coetanei
Un notevole successo hanno ottenuto i gruppi per il sostegno psicosociale tra coetanei, dove sono gli stessi adolescenti – in genere studenti universitari adeguatamente preparati - a svolgere un ruolo attivo nel sostegno psicosociale ai propri coetanei, attraverso incontri specifici; per mezzo di un Telefono amico attivo 6 giorni alla settimana per 7 ore al giorno, gestito dai giovani per i giovani e diretto a offrire assistenza nei momenti di maggiore tensione e quando, per le restrizioni alla mobilità, non è possibile usufruire dei servizi di assistenza offerti a Ramallah; mediante la distribuzione di materiali informativi e messaggio diffusi dai media. Servizi di consulenza psicosociale e generi alimenti di base, acqua e altri generi di prima necessità sono inoltre forniti agli istituti per l’infanzia e l’adolescenza, comprese le scuole per la formazione tecnica, gli orfanotrofi, i riformatori e le carceri minorili.
Creazione di spazi protetti per il gioco
L’UNICEF ha creato o riabilitato 19 Spazi sicuri per il gioco e 12 associazioni giovanili, di cui hanno finora beneficiato oltre 30.000 tra bambini e adolescenti: queste iniziative costituiscono un’alternativa alla quotidianità di violenza dei territori e offrono un’opportunità di partecipazione sociale, di educazione alla pace e al rifiuto della violenza,attraverso spazi sicuri per il gioco e attività ricreative, che hanno l’obiettivo di restituire a bambini e adolescenti una parvenza di normalità, stimolandoli ad astenersi dalla routine quotidiana degli scontri.
La scuola materna di Tal-Al Zatar, distrutta durante l’incursione militare di ottobre a Jabaliya, è stata temporaneamente trasferita e rifornita di attrezzature e materiali di base, in tal modo offrendo uno spazio sicuro a 500 bambini di una delle zone più povere e più gravemente colpite dalla guerra nella Striscia di Gaza.
Protezione dei bambini in condizioni di particolare disagio
Le attività di protezione dei bambini a rischio rappresentano un approccio integrato alla tutela dei bambini palestinesi esposti al conflitto armato. Tra le varie attività figura l’iniziativa Città amiche dei bambini, diretta a potenziare le capacità di intervento dei partner dell’UNICEF - comprese le autorità municipali del Territorio occupato - che,a livello locale,agiscono per la protezione dei bambini palestinesi. Grazie a tale iniziativa i diversi attori che operano a livello locale hanno acquisito una maggiore capacità di risposta alle esigenze dei bambini in condizioni di particolare disagio, mentre i ragazzi hanno avuto l’opportunità di partecipare attivamente e in modo non violento alle decisioni che li riguardano. L’iniziativa ha permesso lo sviluppo, in diverse località palestinesi, di un Piano d’azione cittadino a favore dell’infanzia (City Plan of Action for Children), elaborato con il contributo attivo dei ragazzi, delle autorità e dei politici locali. Per realizzare gli obiettivi fissati dal Piano d’azione sono state istituite 4 commissioni di monitoraggio.
Assistenza psicosociale alle famiglie più vulnerabili
L’UNICEF si propone di intensificare i messaggi contro la violenza e quelli di sostegno psicosociale attraverso la TV, gli altri media e mediante campagne di sensibilizzazione in grado di raggiungere 250.000 famiglie. L’iniziativa prevede anche la distribuzione di kit contenenti giochi e materiali ricreativi per i bambini costretti a restare rinchiusi nelle proprie case dai lunghi periodi di coprifuoco o di blocco dei territori. I kit, inoltre, contengono materiali informativi per aiutare i genitori a gestire i problemi psicosociali che insorgono nei bambini durante i periodi di particolare difficoltà.
Dopo l’incursione di settembre-ottobre a Jabaliya, l’UNICEF ha distribuito 300 kit familiari contenenti indumenti, scarpe, giocattoli, materiali scolastici a quelle famiglie che hanno perso tutto per la demolizione della propria casa.
Promozione e difesa dei diritti dell’infanzia con le autorità palestinesi, israeliane e internazionali
L’UNICEF sostiene e difende la promozione dei diritti dell’infanzia nel quadro del conflitto in corso, tanto con le autorità palestinesi quanto israeliane, oltre che dando visibilità nei media internazionali alla causa della difesa dei diritti dei bambini. A livello locale, l’UNICEF richiama insistentemente l’Autorità nazionale palestinese affinché migliori la qualità dei servizi di protezione dell’infanzia; con le autorità politiche israeliane l’UNICEF sostiene incontri bilaterali, richiamando il rispetto degli obblighi assunti nel quadro della Convenzione sui diritti dell’infanzia e della 4ª Convenzione di Ginevra. Attraverso numerose interviste e interventi sui media, l’UNICEF ha condiviso a livello internazionale le proprie preoccupazioni sulla condizione dei bambini palestinesi nel quadro del conflitto in corso, ribadendo sempre che i bambini non dovrebbero mai essere oggetto di attacchi e violenze. Questioni specifiche, come il problema dei bambini detenuti e l’emergenza di Rafah sono state recentemente portate all’attenzione dei media internazionali, allo scopo dare loro visibilità e stimolare un più attivo intervento della comunità internazionale.
Coordinamento degli interventi di assistenza psicosociale
L’UNICEF è l’agenzia leader per l’assistenza psicosociale nel Territorio Palestinese Occupato, presiedendo l’organismo ONU per il coordinamento degli interventi di natura psicosociale e rappresentando le agenzie ONU in seno al Comitato nazionale per l’assistenza psicosociale. L’UNICEF sostiene il Ministero degli Affari

Sociali attraverso la formazione del personale, la consulenza su iniziative in materia psicosociale e l’invio di

attraverso la TV, gli altri media e mediante campagne di sensibilizzazione in grado di raggiungere 250.000 famiglie. L’iniziativa prevede anche la distribuzione di kit contenenti giochi e materiali ricreativi per i bambini costretti a restare rinchiusi nelle proprie case dai lunghi periodi di coprifuoco o di blocco dei territori. I kit, inoltre, contengono materiali informativi per aiutare i genitori a gestire i problemi psicosociali che insorgono nei bambini durante i periodi di particolare difficoltà.
Dopo l’incursione di settembre-ottobre a Jabaliya, l’UNICEF ha distribuito 300 kit familiari contenenti indumenti, scarpe, giocattoli, materiali scolastici a quelle famiglie che hanno perso tutto per la demolizione della propria casa.
Promozione e difesa dei diritti dell’infanzia con le autorità palestinesi, israeliane e internazionali
L’UNICEF sostiene e difende la promozione dei diritti dell’infanzia nel quadro del conflitto in corso, tanto con le autorità palestinesi quanto israeliane, oltre che dando visibilità nei media internazionali alla causa della difesa dei diritti dei bambini. A livello locale, l’UNICEF richiama insistentemente l’Autorità nazionale palestinese affinché migliori la qualità dei servizi di protezione dell’infanzia; con le autorità politiche israeliane l’UNICEF sostiene incontri bilaterali, richiamando il rispetto degli obblighi assunti nel quadro della Convenzione sui diritti dell’infanzia e della 4ª Convenzione di Ginevra. Attraverso numerose interviste e interventi sui media, l’UNICEF ha condiviso a livello internazionale le proprie preoccupazioni sulla condizione dei bambini palestinesi nel quadro del conflitto in corso, ribadendo sempre che i bambini non dovrebbero mai essere oggetto di attacchi e violenze. Questioni specifiche, come il problema dei bambini detenuti e l’emergenza di Rafah sono state recentemente portate all’attenzione dei media internazionali, allo scopo dare loro visibilità e stimolare un più attivo intervento della comunità internazionale.
Coordinamento degli interventi di assistenza psicosociale
L’UNICEF è l’agenzia leader per l’assistenza psicosociale nel Territorio Palestinese Occupato, presiedendo l’organismo ONU per il coordinamento degli interventi di natura psicosociale e rappresentando le agenzie ONU in seno al Comitato nazionale per l’assistenza psicosociale. L’UNICEF sostiene il Ministero degli Affari Sociali attraverso la formazione del personale, la consulenza su iniziative in materia psicosociale e l’invio di
attraverso la TV, gli altri media e mediante campagne di sensibilizzazione in grado di raggiungere 250.000 famiglie. L’iniziativa prevede anche la distribuzione di kit contenenti giochi e materiali ricreativi per i bambini costretti a restare rinchiusi nelle proprie case dai lunghi periodi di coprifuoco o di blocco dei territori. I kit, inoltre, contengono materiali informativi per aiutare i genitori a gestire i problemi psicosociali che insorgono nei bambini durante i periodi di particolare difficoltà.
Dopo l’incursione di settembre-ottobre a Jabaliya, l’UNICEF ha distribuito 300 kit familiari contenenti indumenti, scarpe, giocattoli, materiali scolastici a quelle famiglie che hanno perso tutto per la demolizione della propria casa.
Promozione e difesa dei diritti dell’infanzia con le autorità palestinesi, israeliane e internazionali
L’UNICEF sostiene e difende la promozione dei diritti dell’infanzia nel quadro del conflitto in corso, tanto con le autorità palestinesi quanto israeliane, oltre che dando visibilità nei media internazionali alla causa della difesa dei diritti dei bambini. A livello locale, l’UNICEF richiama insistentemente l’Autorità nazionale palestinese affinché migliori la qualità dei servizi di protezione dell’infanzia; con le autorità politiche israeliane l’UNICEF sostiene incontri bilaterali, richiamando il rispetto degli obblighi assunti nel quadro della Convenzione sui diritti dell’infanzia e della 4ª Convenzione di Ginevra. Attraverso numerose interviste e interventi sui media, l’UNICEF ha condiviso a livello internazionale le proprie preoccupazioni sulla condizione dei bambini palestinesi nel quadro del conflitto in corso, ribadendo sempre che i bambini non dovrebbero mai essere oggetto di attacchi e violenze. Questioni specifiche, come il problema dei bambini detenuti e l’emergenza di Rafah sono state recentemente portate all’attenzione dei media internazionali, allo scopo dare loro visibilità e stimolare un più attivo intervento della comunità internazionale.
Coordinamento degli interventi di assistenza psicosociale
L’UNICEF è l’agenzia leader per l’assistenza psicosociale nel Territorio Palestinese Occupato, presiedendo l’organismo ONU per il coordinamento degli interventi di natura psicosociale e rappresentando le agenzie ONU in seno al Comitato nazionale per l’assistenza psicosociale. L’UNICEF sostiene il Ministero degli Affari Sociali attraverso la formazione del personale, la consulenza su iniziative in materia psicosociale e l’invio di materiali, al fine di rendere possibile l’erogazione dei necessari servizi di assistenza ai bambini e alle famiglie palestinesi. L’UNICEF, inoltre, lavora a stretto contatto con l’Autorità nazionale palestinese per creare, su scala nazionale, un sistema esaustivo per l’assistenza psicosociale, che comprenda lo sviluppo di una politica, di una legislazione e di standard professionali in materia di assistenza psicosociale.
V. FONDI NECESSARI
Fondi necessari per gli interventi UNICEF
L’assistenzadell’UNICEFaibambinidelTerritorioPalestineseOccupatocontinueràa essere limitata fino a quando la situazione non migliorerà dal punto di vista della sicurezza, delle possibilità di accesso alle popolazioni più vulnerabili e della disponibilità di fondi. Per il 2004, l’UNICEF ha stimato necessari 13,8 milioni di dollari: attualmente sono stati ricevuti fondi per poco più di 4 milioni di dollari.
L’UNICEF interviene nel Territorio Palestinese Occupato su molteplici fronti, rimanendo neutrale fra le parti e operando al solo scopo di lenire le sofferenze e i traumi provocati ai bambini palestinesi da una guerra che li priva dei loro stessi diritti fondamentali. Per poter realizzare le proprie attività, in un contesto bellico difficile e altamente instabile, l’UNICEF necessità dell’aiuto di tutti i donatori, nazionali e internazionali, affinché diano il proprio contributo e sostengano attivamente l’attuazione degli interventi umanitari a favore dei bambini, delle donne e della popolazione civile palestinese.