Carissima amica, carissimo amico,
ciascuno di noi ha fatto l’esperienza dolorosa di perdere una persona cara: un genitore, un fratello, un coniuge, un figlio, un amico. È un momento di sofferenza, di buio e di sconforto che cala su ognuno di noi, e non è quantificabile. Le lacrime scendono inarrestabili e il singhiozzo ci tronca la parola in gola. Quanto più è tragica la perdita (incidente, malattia lunga e dolorosa, morte improvvisa) tanto più facciamo fatica a digerire quella esperienza di perdita irreversibile che chiamiamo morte.
E sorge una domanda: “Perché?”. Non la domanda filosofica sul senso ultimo di ciò che è accaduto ma la domanda legata alla persona concreta che è venuta a mancare e al significato che quella persona aveva per noi: “Perché è successo proprio a lei di morire?” Che vuol dire contemporaneamente: “Perché è successo proprio a me di perderla?”.
Ma nessuno di noi ha sperimentato cosa significhi scivolare irreversibilmente dentro il mistero della morte, sentire la vita che ci abbandona e sentirci abbandonati dalla vita, sentire il freddo e l’oscurità impadronirsi progressivamente del nostro corpo e della nostra mente ed esalare l’ultimo respiro inabissandoci nel morire col timore che sia un inabissarci nel nulla.
La Pasqua di Gesù ci parla della sua risurrezione e ci ricorda che non è un tornare indietro dal regno dei morti, non è un ritrovarsi improvvisamente rianimati come dopo un coma o una morte apparente ma è un andare oltre, è – appunto – un passaggio verso una forma di vita talmente nuova e piena che noi non riusciamo nemmeno a immaginarla.
L’incapacità di riconoscere Gesù Risorto da parte di Maria Maddalena e poi la sua sorpresa rivelatrice quando si sente chiamare per nome e infine il suo desiderio irrealistico di trattenerlo, questa è la reazione che causa in noi poveri umani l’incontro col Risorto.
È la stessa esperienza che fanno i discepoli in fuga verso Emmaus. Perché l’incontro con Gesù risorto non è l’incontro con lui morto e rianimato ma è l’incontro con lui che vive ormai in Dio; è l’incontro con Gesù la cui carne, cioè la cui umanità, è ormai completamente trasformata dalla potenza dello Spirito Santo; è l’incontro con Gesù che ci mostra in se stesso ciò che anche noi saremo nel vivere insieme a Lui, in forma pasquale, l’esperienza del morire, intesa ormai come un passare attraverso e oltre la morte.
La tomba vuota dalla quale vi parlo non è il set di un film che narra una storia inventata da uomini bisognosi di illudersi che la morte non è la fine di tutto. La tomba vuota dalla quale vi parlo è l’invenzione di un Dio che ci è Padre e ha tanto amato ciascuno di noi da mandare il suo Figlio a condividere la nostra vita, fino in fondo, fino all’esperienza del morire; per fare in modo che quel Figlio potesse prenderci per mano e farci attraversare la morte per poter vivere in Dio, per poter vivere in pienezza, per poter vivere in eterno, per poter vivere in modo nuovo, da risorti, insieme a Lui.
È per questo che da questa tomba vuota si sprigiona la speranza; una speranza capace di illuminare anche le peggiori esperienze di vita e di morte nelle quali oggi ci possiamo trovare immersi.
È per questo che da questa tomba vuota sento che posso dirvi senza il timore che sia un’illusione: Buona Pasqua, il Signore Gesù è risorto. Buona Pasqua, risorgiamo con Lui anche noi.
Buona Pasqua.
Fr. Francesco Patton
Custode di Terra Santa