Intervento di fra Frédéric Manns | Custodia Terrae Sanctae

Intervento di fra Frédéric Manns

Essere cristiani in Medio Oriente è una vocazione, non un privilegio. Tra Ebrei e Musulmani essi sono chiamati a professare che Gesù di Nazareth è il Messia e il Figlio di Dio morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini. La beatitudine del Maestro: “Beati i perseguitati per la giustizia, di essi è il Regno di Dio” non è rimasta parola vuota. Essere il sale del mondo e il lievito nella pasta esige di essere presente nelle società con la propria identità. Una minoranza può nonostante tutte le difficoltà essere creativa.

Essere cristiani in Medio Oriente significa credere in un Dio–Trinità. Dio Padre ama il suo Figlio. Il Figlio è l’amato dal Padre e lo Spirito è l’amore. Nell’amore si trova la soluzione all’odio e alla guerra. La riconciliazione basata sul perdono rimane la chiave della pace.
Essere cristiani in Medio Oriente significa essere testimoni della speranza futura. Gesù ritornerà per giudicare i vivi e i morti. Tutti saranno giudicati sull’amore che avranno avuto verso gli altri. “I costruttori della pace saranno chiamati figli di Dio”.

Essere cristiani nel Medio Oriente significa credere nella Chiesa una, santa e cattolica, opera dello Spirito di Dio. Questa Chiesa si è inculturata nel mondo semitico in Etiopia, in Africa del Nord, in Israele, in Asia Minore e in tutto l’Oriente prima di inculturarsi nel mondo ellenistico. Essa parla diverse lingue. Questo pluralismo non significa divisione, significa ricerca dinamica dell’unità per arrivare ad un cuore solo, un anima sola. La verità è sinfonica. Essere cristiani nel Medio Oriente significa riconoscere le radici del cristianesimo nell’Antico Testamento e nel giudaismo. Il popolo ebraico che ha ricevuto la rivelazione per primo ci ha dato le scritture che leggiamo con la chiave cristologica e spirituale. Ci ha dato Gesù, nostro Salvatore nata da Maria. Per questo noi gli siamo grati. Essere cristiani nel Medio Oriente significa cercare l’immagine di Dio in ogni uomo, specialmente nel musulmano in mezzo al quale tante comunità vivono. Dal musulmano il cristiano, che non è un cittadino di secondo ordine, richiede il rispetto dei diritti umani, la libertà di culto e di coscienza. Richiede la reciprocità: come i musulmani in Europa pretendono i loro diritti, devono concedere i stessi diritti ai cristiani in Oriente.

Le Chiese orientali hanno un patrimonio spirituale meraviglioso: santi padri e dottori hanno illuminato queste comunità e la Chiesa intera. Tanti martiri hanno testimoniato la loro fede in Cristo. Le loro liturgie sono una partecipazione alla Gerusalemme celeste. Chi ha preferito l’emigrazione può condividere questa ricchezza con i fratelli occidentali.

Il mondo globalizzato lancia nuove sfide ai cristiani d’Occidente e d’Oriente. Il mondo nuovo, che nasce con Internet, la bioetica e la ricerca spaziale, esige una nuova evangelizzazione che non ha bisogno di oratori ma di testimoni autentici. Una catechesi appropriata per adulti unificata per tutte le comunità permetterà di affrontare le false divinità che propone il mondo moderno. I cristiani sono come David di fronte a Golia. David prese un bastone e cinque pietruzze, simboli della croce e dei cinque libri della Bibbia, dice Ippolito di Roma. La fionda che permette di lanciare le pietre è la carità.

La Chiesa ha sempre respirato con i suoi due polmoni: l’Occidente e l’Oriente che sono chiamati a collaborare in modo più stretto in caso di necessità per permettere al corpo di Cristo di offrire al mondo la salvezza. Le chiese cattoliche vedono negli immigrati in Oriente che sono venuti per cercare lavoro fratelli a tutti gli effetti. Gerusalemme è la madre di tutti i popoli. Tutti là sono nati. Il Signore ha chiesto ai suoi discepoli di rimanere nella città. Affinché la città possa realizzare la sua missione di “visio pacis”, i cristiani di tutto il mondo sono invitati a riprendere la tradizione dei pellegrinaggi sui passi del loro maestro. Altrettanto va detto per i pellegrinaggi in Egitto, Siria, Libano, Giordania e Asia Minore che permetteranno di incontrare le pietre vive che sono le comunità e di stabilire nuove forme di conoscenza e di collaborazione.

Le Chiese cattoliche d’Oriente riconoscono il carisma di Pietro che è di essere segno e strumento di unità nell’esercizio del primato nella carità. Nelle loro situazioni precarie ricorrono al successore di Pietro per rafforzare l’unità. Le Chiese cattoliche riconoscono anche nell’apostolo Giovanni un carisma molto vicino al loro cuore. Fanno propria la preghiera per l’unità dei discepoli di Gesù che egli ha trasmesso.

La madre di Gesù che è la Figlia di Sion e la stella dell’Oriente era presente nel Cenacolo con gli apostoli, le donne e i fratelli di Gesù. E lei che dona a tutte le donne dell’Oriente la forza e il coraggio che lei ha manifestato sotto la croce del suo Figlio. E lei la regina della speranza di ogni uomo che soffre e la madre della nuova evangelizzazione.