Il Diario di fra Armando Pierucci: Il canto fermerà il muro? | Custodia Terrae Sanctae

Il Diario di fra Armando Pierucci: Il canto fermerà il muro?

Oggi, 6 maggio 2007, il tribunale di Gerusalemme deve decidere la sorte di Sheikh Saèd, un sobborgo della Città santa, posto sopra i dirupi della valle del Cedron. Si dice che anticamente fosse la zona dei lebbrosi. Ora ci vivono tremila abitanti. Nonostante che le strade d’accesso siano strette e malmesse, la gente è molto educata; le case sono a volte un prodigio di architettura, poste come sono sul ciglio di strapiombi. Adesso, il sobborgo è in lite con l’Autorità Militare. I soldati hanno deciso di continuare la costruzione del muro alto 8 metri, il cosiddetto “muro della sicurezza”, facendolo passare davanti a Sheikh Saèd. In questo modo la gente finirebbe chiusa in trappola totale. Dietro di sé, infatti, la zona non ha una strada: solo deserto e dirupi. Il muro impedirà ai ragazzi di andare a scuola, ai malati e alle partorienti di andare all’ospedale, ai sopravvissuti di andare al cimitero a onorare i morti.

Mercoledì scorso, 2 maggio, il Centro Arabo-Ebraico di Jabel Mukabber, con a capo gli israeliani Veronica Cohen e Hillel Bardin, ha organizzato una singolare protesta, per cercare di richiamare l’attenzione dei giudici sull’assurdità e l’inutilità del muro da costruire. Veronica Cohen è una professoressa di musica ungherese scampata alla rivoluzione del 1956, rifugiata prima negli USA, poi in Israele. Ora insegna al Conservatorio di Gerusalemme, la “Rubin Academy”, decano del dipartimento per l’Educazione Musicale. Il 15 dicembre scorso venne con me ad Ancona per una conferenza organizzata dalla Regione Marche sulla capacità della musica di avvicinare le persone e i popoli.

Nel dramma di Sheik Saèd, la Cohen ha pensato a me e alla scuola di Musica, l’Istituto “Magnificat”: ha invitato il coro “Jasmine” a cantare sulla linea esatta in cui dovrebbe essere costruito il muro.

Molti israeliani del Centro Arabo-Ebraico sono intervenuti insieme alla gente della zona, specialmente i bambini, attratti dal canto di altri bambini. Il coro Jasmine, messo tra due spigoli di case, ha cantato alcuni dei canti registrati la settimana prima a Vicenza. Dicevano: “Camminiamo insieme, mano nella mano”; si chiedevano: “Perché posso giocare con quel ragazzo e non quell’altro? Non dite che siamo tutti fratelli?” Hanno concluso con un canto in inglese: “Ho un sogno: che tutti viviamo in pace”. Ma poi hanno aggiunto un canto composto da un allievo del “Magnificat”: “Voglio andare a scuola. C’è un controllo militare? Voglio andare a scuola. C’è un muro? Lo passerò: voglio andare a scuola”. Gli organizzatori hanno chiesto poi di cantare in ebraico “Eli Eli”: “O Signore che hai creato il sole, il mare, l’umanità. Fa’ che non venga mai a mancare la luce del sole, il gocciare dell’acqua e la preghiera degli uomini”. Basterà il canto dei ragazzi a suggerire ai giudici la giusta decisione?

P. Armando Pierucci ofm