Meditazione di fr. Sergio Galdi, 15 marzo

Meditazione di fr. Sergio Galdi, 15 marzo

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 7,1-2.10.25-30

Il Signore Vi doni la Sua pace!

Vi parla fra Sergio, Commissario Generale di Terra Santa.

Duemila anni fa con i suoi contemporanei, così come oggi, Gesù non smette di suscitare domande. E le sue domande non sono dei test o degli indovinelli cui ci hanno abituato le moderne superficiali strategie di comunicazione; egli interroga le profondità del nostro cuore, mette in discussione la nostra stessa vita. Forse per questo, o proprio per questo, oggi come allora, cerchiamo di relegare Gesù dentro i recinti rassicuranti dell’ovvietà, del sentito dire, del già noto: “costui sappiamo di dov’è”. Non può essere Lui perciò ad interrogare la nostra vita, non può essere il suo Vangelo la risposta ai nostri più profondi desideri. Meglio cercare altro o altrove….

Tra gli abitanti di Gerusalemme descritti da Giovanni ci siamo dunque anche noi. Come loro anche noi crediamo di sapere fin dalla tenera età del catechismo che Gesù è di Nazareth, viene dalla Galilea, conosciamo la sua storia, la sua chiesa, la sua famiglia. Crediamo di sapere il suo “dove” e crediamo di conoscere così anche il nostro.

Ed è proprio questo nostro presunto sapere, questa nostra conoscenza superficiale che oggi Gesù mette in discussione. Conoscere il “dove” di una persona, infatti, è conoscere chi è, conoscere il nostro “dove” è sapere chi siamo. Lo sappiamo davvero?

E così, nel discorso tenuto nel tempio e riportato dal Vangelo di oggi, Gesù risponde proprio a questa domanda e, come in altre occasioni, spinge chi lo ascolta ad andare più in profondità. Ci sono tanti elementi che possiamo sapere al suo riguardo, ma uno solo è essenziale per conoscerlo: la relazione che lo lega con il Padre.

Quello che Gesù ci vuole donare non è altro che questa conoscenza perché diventi anche la nostra, affinché possiamo riconoscerci anche noi, come lui, figli a immagine del Figlio e trovare in Dio e nel suo amore il nostro “dove”.

L’uomo che non conosce il suo dove, che non trova la sua casa è sempre una persona fuori posto, non è mai contento.
Allora l’invito, che risuona al cuore di questa nostra quaresima, è ritrovare il “dove” di Cristo e, di conseguenza il nostro e di ritornarvi, di dimorare in esso.

Comincia così del resto l’avventura di Dio con l’uomo fin dalle prime parole che Lui  rivolge ad Adamo: “dove sei?”.

Per questo anche la prima domanda che l’uomo fa a Dio è la stessa che i discepoli rivolgono a Gesù che gli domandano: “Signore dove dimori”? Proviamo a chiederci allora: Dove sono? Nessuno è tanto perso come chi non sa dove si trovi. E sapere dove io sia, vuol dire anche sapere da dove vengo e dove vado. A che punto sono della mia esistenza? 
Conoscere e trovare il “dove” di Gesù è riconoscere la sua relazione con il Padre, la sua figliolanza: “Io sono nel Padre e il Padre è in me”. In Dio Padre Gesù è di casa, Dio è il suo “dove” nel quale egli abita: “Non sono venuto da me stesso… il Padre mi ha mandato.. e io vengo da lui”.

Noi invece spesso crediamo di venire dalla terra e pensiamo di tornare semplicemente alla terra (“l’uomo è un esistere per la morte”, direbbe Heidegger in “Essere e tempo”, scandagliando in queste pagine le profondità dell’esistenza dell’uomo) e per questo noi riduciamo, purtoppo, la vita ai  ristretti orizzonti dei nostri bisogni materiali .

Il Signore però ci invita ad abitare il suo “dove”, ad abitare con lui nel Padre. Per questo ha condiviso il nostro “dove” che noi ben conosciamo per condurci al “dove” che non conosciamo ma che egli ci rivela. È uomo come noi e, nascendo da donna ha voluto abitare tra noi, nella nostra terra. Lui però è stato mandato dal Padre, Dio da Dio, Luce da Luce. Il suo dove è il Padre ed è venuto a mostrare a tutti che anche noi abbiamo origine nel Padre, anche noi abbiamo un punto di arrivo: la pienezza di vita col Padre. Ed è questo che Gesù vuole offrire a tutti. Cristo si è incarnato per donarci la Vita nell’Eterno, nel Padre. È questa la grazia pasquale che ci apprestiamo a celebrare: “Io vado a prepararvi un posto… ritornerò e vi prenderò con me perché dove sono io siate anche voi “.  E in attesa del suo ritorno possiamo fin da adesso abitare in lui con la fede e con l’amore: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui”. Se noi saremo il suo “dove” nel tempo Lui sarà il nostro “dove” per l’eternità.