Meditazione di fr. Miguel Ramirez, 1 marzo

Meditazione di fr. Miguel Ramirez, 1 marzo

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 21, 33-43.45-46

Cari Fratelli e sorelle, il Signore vi dia la sua pace. Sono fra Miguel Ramírez Arévalo, del convento di Cafarnao. In questo venerdì della II settimana di Quaresima il Vangelo ci presenta il discorso di Gesù nella città di Gerusalemme riguardo al suo destino descritto in modo riassuntivo tramite questa parabola da noi conosciuta dei vignaioli omicidi. 

Il contenuto di questo racconto se trova nel contesto delle polemiche dell’autorità religiose contro Gesù che oggi si esprime nel racconto ostile dei vignaioli che si negano a darà il frutto della vigna al loro padrone.

Questo brano del vangelo lo possiamo anche riflettere in parallelo al profeta Isaia 8,1-7 nel cantico dell’amico al suo amico che ha avuto una spiacevole esperienza della sua vigna che ha prodotto vite amare. Così, il canto diventa una denuncia del profeta verso Gerusalemme che ha costruito la falsa sicurezza in Dio e non vuole aprire il cuore alla salvezza.

Lo stile della narrazione di questo vangelo però sembra un’iperbole nel modo como i vignaioli agiscono contro i servi che sono uccisi dentro della vigna rendendola in questo modo impura, una cosa non desiderata per un ebreo; poi anche si vede un’esagerazione nel modo omicida contro il figlio del padrone che viene ucciso fuori della vigna. I servi sono uccisi dentro la vigna e il figlio invece fuori della vigna.

Uccidere il figlio nella legge ebraica è abominevole perché di fronte al tribunale solo il Figlio può rappresentare il padre e non i servi, però se viene ucciso il figlio, il padre ha la possibilità di reagire con la giustizia da loro cominciata in modo come descrive il testo: distruggerà la malvagità dei malvagi fuori.

Il testo si anticipa a dire che la vendetta ha un limite, il male, invece, non sembra avere un limite. Quando manca il limite nel male si raggiunge alla sconfitta d’umanità. Ogni consumazione di male cancella la possibilità di diventare imago Dei.

Per questo si può dire che lo scopo dell’iperbole del racconto non è la condanna, ma un discorso di persuasione per evitare il male e cercare il bene per la salvezza non di molti, ma di tutti, secondo il disegno di Dio.

I padri della chiesa, con Ireneo di Lion alla testa hanno interpretato la vigna come il popolo d’Israele; la siepe come la Legge; il torchio, l’altare e la torre come il tempio che Dio ha voluto fare costruire per la sua dimora en mezzo al suo popolo.

Nello stesso modo, anche i personaggi appaiono per i padri della chiesa in forma allegorica, quelli che affittano la vigna sono paragonati alle autorità religiosa d’Israele, i servi nelle due fasi del racconto come i profeti anteriore e posteriore alla monarchia.

Origene di Alessandria, uno scrittore della metà del IV secolo interpreta la vigna come l’anima e i vignaioli la forza del male che può apparire dentro di noi per prendere con sé tutti i frutti dell’amore, della gioia e della pace e lasciandoci nel buio della vendetta che porta verso il male.

Al di là di tutte queste cose, il tema di fondo della parabola potrebbe essere una persuasione su chi pretende prendere arbitrariamente per sé la raccolta dei frutti della vigna della nostra vita per sprecarlo.

In Israele era già stabilito la distribuzione dei frutti della vigna tanto per il proprietario come per chi affitta la vigna. Invece qui la cosa viene oltrepassata; cioè, no sempre lo stabilito nella società aiuta allo sviluppo, ci sono quelli che nascono per volere oltre alla loro capacità e perdono il senso della misura delle cose e dei beni.

Di qua viene il fatto dei due verbi che portano alla relazione di conflitto dei servi con il padrone: dare e fare. Quelli che hanno affittato la vigna non vogliono dare, vogliono possedere al costo della morte. Il fare invece viene manifestato nella giustizia di rivendicazione della proprietà del padrone contro gli usurpatori.

La sentenza del padrone si svolge nel senso di scambiare la vigna a un altro popolo. Alcuni pensano nella teologia della sostituzione, un discorso spinoso per noi perché se Dio cambia una volta la vigna in qualunque momento possa anche cambiare ancora un’altra; la chiesa che si chiude all’umanità e diventa mono referenziale può essere anche cambiata. 

L’ultima parola del Signore in questa parabola è la persuasione. Questa persuasione consiste in fare un chiamato a Israele a non fidarsi nelle sue forse, nelle sue tradizioni, ma di fidarsi in Dio e la sua proposta di salvezza nella storia per tutti.

Noi siamo chiamati a diventare servitori che produce frutti che porti alla gioia della salvezza universale.

La grazia del Signore ci accompagni, pace e bene.