Meditazione di fr. Amedeo Ricco, 12 marzo

Meditazione di fr. Amedeo Ricco, 12 marzo

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 5,1-16

Pace e bene da fra Amedeo, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum a Gerusalemme.

Il brano del Vangelo di Giovanni oggi – un brano molto celebre – ci presenta la guarigione che Gesù operò per un infermo sotto uno dei cinque portici che decoravano la piscina Betzetà’ o Probatica. Ci è voluta l’archeologia per sciogliere l’enigma di questi cinque portici che nessuno sapeva come ben immaginare intorno a una piscina! Che fosse forse una piscina pentagonale? Nulla di tutto questo, ovviamente: le ricerche e gli scavi hanno confermato la descrizione di Giovanni, poiché la piscina possedeva una sorta di diga centrale, per accumulare l’acqua prima in un settore e poi, all’occorrenza, nell’altro. E così anche facilitare la manutenzione e la pulizia di questo bacino tanto importante per il Tempio e per i suoi riti. Perciò semplicemente questi cinque portici erano sui quattro lati della piscina e il quinto al centro sulla diga centrale.

Gesù viene presentato come colui che opera quando gli pare e al di là di tutti gli schemi. Che raggiunge senza essere cercato, interpellato. Addirittura senza essere conosciuto. Desidera e cerca i ‘desiderosi’: quelli che hanno difeso il Grande Desiderio per tutto il tempo, e non se lo sono fatto rubare da nessuno uomo e da nessuna disperazione.

È uno di quei brani in cui non si finisce mai di gustare l’ironia dell’evangelista Giovanni: sarà che fu il Prediletto del Signore anche per il suo senso dell’umorismo?

Il terzo segno di Gesù fa sorridere in vari passaggi. Gesù chiede: “Vuoi guarire?”. “Ecccertooo!” risponde quello, ma non sapendo chi sia l’interlocutore, dice: “Ma non lo vedi come sto ucciso, come sto male? Come faccio a calarmi all’ora giusta? – Quando l’acqua di quella particolare piscina si muoveva, tuffarsi in quel momento assicurava la guarigione, pensavano – Mi ci vorrebbe un amico per farcela, qualcuno che tenga a me”. Ecco il centro di tutto! Quest’uomo, più che malato… è solo! “Non ho nessuno” è una frase che sentiamo troppo, troppo spesso! E il primo compito dei cristiani, ma soprattutto dei parroci, dei sacerdoti, dei religiosi, sarebbe quello di essere quel ‘qualcuno’ che non fa sentire più le persone sole. Come Gesù.

Gesù lo fa sfogare, si prende tutta la rabbia, la frustrazione di anni di malattia e solitudine. La salvezza gli parlava…e l’uomo non lo conosceva: parlava con Gesù ma aspettava la salvezza dall’acqua. Così accade a noi: ci lascia sfogare, punzecchia proprio perché ci raccontiamo. Ci ascolta quando siamo persi e sfiniti, senza la fretta di svelarsi.

Poi, colpo di scena, dopo aver sollevato il cuore dal peso della solitudine, guarisce anche il corpo: quello balza in piedi, si piglia la barella e torna a camminare dopo una vita. E Gesù sparisce tra la folla. Quello si ritrova rinato, ma senza sapere niente del guaritore! E lì c’è ancora dell’ironia giovannea: tutto felice… viene rimproverato perché di sabato portare la barella è peccato, è un lavoro! E quello: “Ma sapete quanto me ne importa a me! Io faccio quello che dice chi mi fa rinascere!”. Quanto è importante questo versetto! Le parole vere, la verità, è credibile e riconoscibile solo sulla bocca di chi ti fa rinascere! “Io ascolterò solo chi mi guarisce, chi mi libererà” è il ritornello del nostro cuore. Gesù porta rinascita, libertà, gioia, anche senza essere conosciuto. E invia noi ad essere quegli amici, quegli amanti credibili, che guariscono così i cuori soli, i cuori paralitici.

“Poco dopo” si ritrovano nel Tempio: l’uomo può finalmente tornarci colle sue gambe! Il Tempio è il primo posto dove vuole andare con la salute ritrovata. E Gesù che gli dice? “Ora che hai le gambe e sei pieno di forze, stai attento a dove vai e a cosa fai! Perché c’è qualcosa di peggio della malattia: le catene del cuore. Non lasciarti dominare dal male, non farti paralizzare “peggio di prima”, perché la paralisi peggiore è quella interiore! Cammina col cuore, non solo con le gambe: allora arriverai lontano”.