Carissimi fratelli, carissime sorelle,
il Signore vi dia pace!
1. In occasione della festa di s. Antonio, nostro patrono, approfondiamo il senso della nostra vita francescana alla luce di quello che il nostro Patrono ci propone nei suoi “Sermoni”.
Lo facciamo per mantenere vivo in noi il senso di questa chiamata e lo facciamo per evitare di trasformare la festa del nostro Patrono in qualcosa di trionfalistico e vuoto. La festa del Patrono deve infatti ispirarci e stimolarci a imitarlo. Vorrei fermarmi su due aspetti evidenziati da s. Antonio nei suoi “Sermoni”, l’importanza di stringersi attorno a Gesù Cristo e l’importanza di stringersi attorno ai fratelli in difficoltà.
2. In uno dei suoi “Sermoni”, quello per la III Domenica dopo Pentecoste (n. 4), s. Antonio ci ricorda che siamo chiamati ad una vita di conversione. Antonio parla a noi partendo dall’idea che siamo i pubblicani e i peccatori che nel vangelo si sono avvicinati a Gesù e hanno così dato una svolta alla loro vita. Non parla a noi come a uomini perfetti o a superuomini ma come a peccatori e pubblicani convertiti.
Così il Santo ci esorta: “I penitenti devono fare come le api. Leggiamo nella Storia Naturale che quando il loro «re» (regina) vola fuori dell'alveare, volano via con lui e lo circondano tutte ammassate: lui sta al centro e le api tutte all'intorno. E se il loro re non può volare, la massa delle api lo regge; e se muore, tutte muoiono con lui.
Gesù Cristo, nostro re, è volato fino a noi, fuori dell'alveare, cioè fuori del seno del Padre. E noi, come buone api, dobbiamo seguirlo e volare con lui; dobbiamo metterlo al centro, cioè conservare nel cuore la fede in lui e difenderla con la pratica di tutte le virtù”.
È bellissima questa immagine di Gesù paragonato a un’ape regina, che vola fuori dal seno del Padre per giungere fino a noi. È bella anche questa immagine della nostra vita come la chiamata a seguire Gesù, volando con lui, conservando integra la fede ma coltivando anche una vita virtuosa.
3. Poco dopo, nello stesso paragrafo s. Antonio aggiunge una nota che riguarda la cura che dobbiamo avere per i nostri fratelli, che fanno parte dello stesso corpo di Cristo: “E se qualche suo membro (cioè qualche fratello o sorella) cadesse nel peccato, lo dobbiamo sollevare e sostenere con la predicazione e con l'orazione. E con lui morto e crocifisso dobbiamo morire anche noi, crocifiggendo le nostre membra con i loro vizi e le loro concupiscenze (cf. Gal 5,24)”.
Antonio ci ricorda così che se un nostro fratello che è parte del corpo di Cristo cade nel peccato bisogna che noi facciamo il possibile per sollevarlo, attraverso la nostra parola, pregando per lui, ma soprattutto dando la vita per lui.
4. In un altro Sermone, s. Antonio ci insegna un altro aspetto della cura fraterna che dobbiamo avere gli uni per gli altri. Questa volta non prende come esempio un piccolo insetto come le api ma un grande animale come l’elefante. Nel sermone dell’Ottava di Pasqua (n. 7) s. Antonio spiega: “Si dice degli elefanti che quando devono affrontare un combattimento, hanno una cura particolare dei feriti: infatti li chiudono al centro del gruppo insieme con i più deboli. Così anche tu accogli nel centro della carità il prossimo debole e ferito”.
Anche questo spunto è importante, la fraternità, così come la comunità cristiana, deve essere il luogo in cui ci prendiamo una cura particolare dei feriti, cioè dei membri più deboli. La fraternità non dev’essere il luogo del giudizio reciproco, della mormorazione e della detrazione, della svalutazione del fratello, ma il luogo in cui custodiamo il fratello più debole e ferito.
5. Per intercessione di s. Antonio, nostro Patrono, il Signore conceda a ognuno di noi di saper volare con Cristo, mettendolo sempre al centro della nostra vita personale e fraterna. Lui per primo ha spiccato il volo verso di noi, facendosi uno di noi, noi cerchiamo di fare il volo verso di Lui, il volo della sequela: il volo verso l’alto, che è quello per seguire le orme del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità, così come abbiamo promesso (Rb I,1).
E che il Signore ci conceda di saper fare anche il volo verso il basso, per risollevare il fratello caduto, che è venuto meno alla sua vocazione o che sta attraversando un momento di crisi, o che sta vivendo al ribasso il proprio impegno di vita cristiana.
Che il Signore ci dia la grazia anche di saperci custodire a vicenda e di saper custodire soprattutto i più deboli e feriti dentro la nostra fraternità.
Così sia.