Un potere dal volto umano | Custodia Terrae Sanctae

Un potere dal volto umano

XXXIV Domenica TO A Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo

Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA  e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". 

Ez 34,11-12.15-17; 1Cor 15,20-26.28; Mt 25,31-46

«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria». Mt 25,31

Nel libro di Daniele, dopo aver presentato le varie forme di potere bestiale, cioè disumano e antiumano, capace solo di produrre violenza, distruzione e morte, viene introdotta la figura del Figlio dell’uomo, che appare sulle nubi del cielo e al quale “furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto” (Dn 7,13-14). È a questa figura che fa riferimento Gesù, nel vangelo di Matteo, per presentare la sua venuta finale come la venuta del Figlio dell’uomo, al quale è data la prerogativa esclusivamente divina di governare, di giudicare e di retribuire le singole persone e le nazioni della terra secondo il loro operato. Ma quello divino, si presenta in realtà, in Gesù Cristo, come l’unico potere dal volto umano!

A questa figura ne viene accostata una seconda che risale alla tradizione davidica e qui viene ripresa dal profeta Ezechiele ed è la figura del re-pastore (cfr. la prima lettura). Il re pastore è colui che anzitutto si prende cura del suo gregge, lo raduna, lo conduce al pascolo, lo nutre. È una figura che suscita un profondo senso di fiducia (cfr. il Sal 22 proposto come salmo responsoriale). Eppure, anche al re pastore viene riconosciuto un ruolo di giudice: “A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri” (Ez 34,17).

Indubbiamente la scena riportata nella parabola evangelica assomma queste due figure, quella del re giudice e del pastore giudice. Perché tanta insistenza sul fatto che questo re pastore giudica? Perché ci viene continuamente ribadito che alla fine della nostra esistenza individuale dovremo render conto della nostra vita ed alla fine della storia l’umanità intera dovrà rendere conto di quel che ha fatto?

La risposta profonda a questi interrogativi risiede nel mistero della nostra libertà e della nostra dignità davanti a Dio ma anche nella realtà della nostra responsabilità davanti a ogni altra persona umana (e perfino davanti a ogni creatura, direbbe san Francesco). È questa la via che ci invita a percorrere la parabola del giudizio finale. Davanti al povero, davanti al bisognoso, davanti alla persona in difficoltà, noi riceviamo una chiamata da parte di Dio, la chiamata a interessarci di questa persona e accoglierla senza riserve, riconoscendo nei suoi lineamenti il volto stesso di Gesù Cristo. Come ricordava papa Francesco nella bolla di indizione del giubileo della misericordia: “In ognuno di questi ‘più piccoli’ è presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore»“ (Misericordiae Vultus, 2015).

Se spendiamo la nostra libertà in una scelta d’amore allora scopriremo la nostra e l’altrui dignità: è Cristo in noi che vuole amare la persona in difficoltà, è Cristo nel fratello e nella sorella in difficoltà che vuole essere amato da noi, nei fatti, non tanto a parole. Il frutto dell’impegno ad amare è l’ingresso nella comunione con Dio, il frutto del disinteresse per il fratello è l’autoesclusione eterna da questa comunione di amore. Non è il giudizio di Gesù Cristo nostro re e nostro pastore ciò che dobbiamo temere, lui è morto per noi, per renderci capaci di amare. Temiamo piuttosto la nostra paura di amare, che ci impedisce di rispondere all’amore di Gesù per noi con l’amore per coloro nei quali Gesù si identifica.

di fr. Francesco Patton, ofm

Custode di Terra Santa