Tu sei Simone, sarai chiamato Cefa | Custodia Terrae Sanctae

Tu sei Simone, sarai chiamato Cefa

4 gennaio 2022 – Missa Pro Papa Benedicto XVI

Tu sei Simone, sarai chiamato Cefa

1Gv 3,7-10; Sal 97; Gv 1,35-42

  1. “Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare” (Test). Con queste parole si apre il testamento del Papa emerito Benedetto XVI, che riassume poi in pochi paragrafi la gratitudine verso Dio, verso i genitori e la famiglia, verso la sua patria e verso la Chiesa.

Un testo breve in cui c’è spazio anche per chiedere perdono, come per ricapitolare la ricerca di una vita che culmina nella scoperta che “Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita – e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo” (Test). Nel suo breve testamento Benedetto ci mette anche in guardia dai pericoli che, come credenti, corriamo in una società secolare che ha smesso di credere nella verità: “rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!” (Test), ci chiede di pregare per lui e ci assicura la sua preghiera.

  1. Carissime sorelle, carissimi fratelli, noi siamo qui a celebrare questa Eucaristia in suffragio e in memoria di Papa Benedetto XVI. Siamo qui a pregare per lui, come lui ci ha chiesto: “chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne” (Test). Ma siamo qui anche a ringraziare il Signore per il grande dono che ha fatto alla Chiesa universale attraverso Papa Benedetto.

Mi pare che il vangelo di oggi sia particolarmente adatto a ricordarlo. Si tratta della chiamata dei primi discepoli così come la racconta il discepolo amato. È in questo brano che Giovanni Battista indica Gesù come “l’Agnello di Dio” e comincia a farsi piccolo perché Gesù possa crescere, comincia a ritirarsi per non prendere il posto del Cristo, comincia a lasciar andare i propri discepoli perché questi seguano Gesù, il messia tanto atteso e desiderato.

  1. È in questo brano che troviamo, già fin dall’inizio del Vangelo, il significato della chiamata di Pietro e il nucleo del suo ministero. Lo troviamo in quel cambio di nome operato da Gesù nei confronti di Simone, che indica un cambio di identità ma anche una vocazione e una missione: “Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro” (Gv 1,42).

Simone non diventa Pietro per scelta propria ma per chiamata e grazia di Gesù. Lungo tutto il percorso narrato dai Vangeli emergerà continuamente che Simone è un uomo fragile, che porta in sé le contraddizioni della natura umana; eppure, è chiamato da Gesù a diventare Pietro, la roccia, colui sul quale si edifica la Chiesa, colui che è chiamato “a confermare i propri fratelli nella fede” (Lc 22,32).

  1. Anche papa Benedetto ha sperimentato qualcosa di simile nel corso della sua vita. Era stato battezzato con il nome di Giuseppe, il santo sposo della Vergine Maria che vive la sua vita nel silenzio e nel nascondimento. Di san Giuseppe aveva certamente la caratteristica fondamentale, quell’essere “giusto”, cioè uno che cerca sempre la volontà del Signore. Di Giuseppe aveva la mitezza e l’umiltà, ma anche la fermezza nei momenti di prendere decisioni gravi. A un certo punto della propria vita si era ritrovato a svolgere servizi sempre più importanti: professore di teologia e perito teologico durante il Concilio Vaticano II, poi vescovo di una diocesi grande e importante come Monaco di Baviera, poi Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede.
  1. E proprio quando – lui stesso lo ha confessato in varie interviste – sperava di potersi ritirare in pace a continuare i suoi studi, a suonare il pianoforte e a prendersi cura dei suoi gatti, è arrivata la chiamata a cambiare nome, a diventare il successore di Pietro, la roccia che sostiene nella fede i propri fratelli. Sono arrivati anni difficili e scelte difficili: la necessità di combattere quella che lui stesso ha definito la sporcizia all’interno della Chiesa. Poi la scelta più difficile, quella comunicata al Concistoro del 10 febbraio 2013: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. E da allora il Papa emerito si è ritirato a pregare per la Chiesa, sapendo che quello sarebbe stato il modo con cui avrebbe contribuito ancora al bene del Corpo di Cristo.
  1. Noi tutti dobbiamo ringraziare molto il Signore per aver donato Joseph Ratzinger – Benedetto XVI alla sua Chiesa e dobbiamo ricordare che tutta la vita di quest’uomo di Dio è stata spesa nell’amore per Gesù e per la Chiesa, che è il fondamento solido per arrivare anche a un autentico amore per la persona umana e per il creato.

Noi Frati Minori della Custodia di Terra Santa dobbiamo ringraziare il Signore anche per quello che attraverso papa Benedetto ci è stato consegnato come un mandato, durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa il 14 maggio del 2009. A Nazareth, parlando ai frati lì presenti ebbe modo di dire: “I francescani, che da 800 anni seguono le orme di San Francesco con la loro presenza in Terra Santa, continuino con questo messaggio: «È possibile vincere, è possibile realmente creare spazi di amore e convivenza con la forza della fede e dell’annunzio di Cristo». Grazie per tutto quello che avete fatto, fate, e farete ancora fino al ritorno del nostro Signore”.

  1. Proprio come ci ha chiesto papa Benedetto, viviamo anche noi con gratitudine questo momento. E pensiamo alla sua morte nella luce della Pasqua e della risurrezione di Gesù, come lui stesso ci ha insegnato. Nel secondo volume che ha dedicato a Gesù di Nazareth, proprio parlando della risurrezione ci ricorda con parole attuali quello che già san Paolo ricordava ai Corinti: “Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo” (Gesù di Nazareth II, 197/251). E parlando della risurrezione di Gesù ci indica anche ciò che comporta per la nostra vita: “Potremmo … considerare la risurrezione quasi come una specie di radicale salto di qualità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell’essere uomini. Anzi, la stessa materia viene trasformata in un nuovo genere di realtà. L’Uomo Gesù appartiene ora proprio anche con lo stesso suo corpo totalmente alla sfera del divino e dell’eterno. D’ora in poi – dice una volta Tertulliano – «spirito e sangue» hanno un posto in Dio” (Gesù di Nazareth II, 221/251).
  1. In questa celebrazione, che è celebrazione del mistero pasquale, chiediamo semplicemente questo, che l’umile “servitore della vigna del Signore” ora abbia un posto in Dio. E ci sentiamo consolati dalla promessa contenuta nel suo Testamento e che ora assume un significato nuovo: “A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera”. Caro papa Benedetto, noi tutti ti siamo stati affidati per un tratto della nostra vita, quel tratto in cui ci hai guidati e accompagnati come pastore della Chiesa universale, adesso ti chiediamo di pregare e di intercedere, per noi, per la Chiesa e per il mondo, fino al giorno in cui anche noi potremo trovare il nostro posto in Dio. Amen.