Pronti alla venuta dello Sposo | Custodia Terrae Sanctae

Pronti alla venuta dello Sposo

XXXII Domenica TO A

Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA  e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". 

Sap 6,12 16; 1Ts 4,13 18; Mt 25,1 13

«Ecco lo sposo! Andategli incontro!». Mt 25,6

Ogni anno le domeniche finali dell’anno liturgico e quelle con le quali si apre il tempo di “Avvento” ci invitano a leggere la grande storia del mondo e la piccola storia della nostra vita come tempo di speranza e di attesa dell’incontro con Gesù Cristo. Questa domenica ci vengono suggeriti alcuni atteggiamenti che dovrebbero caratterizzare la nostra attesa vigilante e la nostra speranza operosa. Se la venuta di Cristo è raffigurabile come la venuta dello sposo, questa attesa ha da essere vissuta con un grande desiderio, con delle grandi aspettative, con una grande gioia. Se la venuta di Cristo e l’incontro con lui (o il mancato incontro con lui) diventano ciò che decide la nostra felicità (o infelicità) eterna, questa attesa va vissuta con senso di responsabilità, va vissuta facendo tutto il possibile per trovarci pronti al grande appuntamento. Non sappiamo quando Gesù ritornerà e non sappiamo neanche quando lo incontreremo personalmente, perché non conosciamo il giorno e l’ora della nostra morte. Sappiamo però che in quanto cristiani siamo invitati a vivere ogni momento come fosse l’ultimo, quello decisivo, quello in cui avverrà il grande incontro. È questa l’unica possibilità che abbiamo di essere sempre pronti. E, come cristiani, abbiamo il dovere di fare tutto il possibile perché l’umanità intera arrivi pronta al grande appuntamento. Ecco il senso del nostro impegno di evangelizzazione: far sì che tutta l’umanità possa entrare alla festa di nozze.

La prima lettera ai Tessalonicesi affronta lo stesso argomento, seppure con un linguaggio diverso. San Paolo risponde a una domanda concreta che si ponevano i primi cristiani: “Quando verrà il Signore? E che differenza c’è tra quelli che sono già morti aspettando il suo ritorno e quelli che saranno ancora in vita quando Gesù tornerà?” San Paolo ricorda che tutti siamo chiamati all’incontro col Signore. San Paolo ci ricorda che ciò che caratterizza il nostro essere cristiani è proprio la speranza, che riguarda la promessa di una vita futura nella comunione con Dio: “Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti” (1Ts 4,13-14). Il senso ultimo della nostra vita è la comunione con Dio, e questa è possibile perché Gesù è morto, è risorto, tornerà nella gloria proprio per chiamarci a condividere la vita stessa di Dio e “essere sempre con il Signore”. Perciò l’incontro col Signore – quello personale che si colloca al momento della nostra morte e quello universale che si colloca alla fine della storia dell’umanità – non è da temere ma da desiderare. Come ricorda Tommaso da Celano, primo biografo di Francesco d’Assisi, se uno vive con questa prospettiva può realmente arrivare a dire: «Coraggio, fratello medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!» (2 Cel 217: FF 810).

È perciò molto bella e da interiorizzare la preghiera suggerita dalla liturgia: “O Dio, voce che ridesta il cuore, nella lunga attesa dell’incontro con Cristo tuo Figlio fa’ che non venga a mancare l’olio delle nostre lampade, perché, quando egli verrà, siamo pronti a corrergli incontro per entrare con lui alla festa nuziale”.

di fr. Francesco Patton, ofm

Custode di Terra Santa