Gioia e pace in un bambino | Custodia Terrae Sanctae

Gioia e pace in un bambino

Eccellenze, cari fratelli e sorelle,

il Signore vi dia pace!

  1. Il tono prevalente nelle letture che abbiamo ascoltato, che sono quelle della Messa della notte di Natale, è quello della gioia. Il profeta Isaia ce ne spiega il motivo: “Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9,5-6). Il Messia atteso dal popolo d’Israele e dall’intera umanità, con la sua nascita diffonderà luce e gioia, riconciliazione e pace.

 

  1. Il vangelo di Luca racconta il compiersi della profezia. Quel bambino della stirpe di Davide, annunciato e promesso come Messia, è nato a Betlemme. È nato da Maria, la sposa di Giuseppe. È nato in un contesto di povertà e semplicità ma anche di attenzione e di amore: “(Maria) diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7). Anche se il vangelo di Luca non lo dice, questo luogo è la grotta sulla quale è stata poi costruita nel IV secolo la basilica della Natività e dove i cristiani locali hanno mantenuto viva per due millenni la memoria del mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio: “Già il martire Giustino, nato a Nablus attorno al 100 d.C., scriveva attorno all’anno 150 che Gesù era stato partorito in una grotta presso Betlemme. Nel Vangelo in realtà non si descrive una grotta bensì una stalla, ma è una contraddizione solo apparente perché le grotte erano spesso utilizzate a tale scopo, magari aggiungendo un’abitazione immediatamente all’esterno della roccia” (G. Geiger, Terra Santa, TSE, p. 564).

 

  1. Nella seconda parte del racconto abbiamo l’annuncio ai pastori della nascita di Gesù e il canto del “Gloria”. Noi ci troviamo esattamente nel luogo che conserva la memoria di questo avvenimento, che è chiamato ancora oggi “il Campo dei Pastori” e dista circa mezz’ora a piedi dalla Grotta di Betlemme. Lì avviene la nascita del bambino Gesù, qui ascoltiamo l’annuncio ai pastori e il canto degli angeli. Lì avviene la nascita che dividerà in due la storia (prima di Cristo e dopo Cristo), qui risuona il primo annuncio di quella nascita. Lì il Figlio di Dio si fa piccolo e povero, qui la nascita del Figlio di Dio è annunciata ai piccoli e ai poveri.

 

  1. Anche nell’annuncio dell’angelo ai pastori risalta la novità della gioia annunziata ai poveri: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10-11). Il segno della nascita del Messia non è qualcosa di grandioso, ma ancora una volta qualcosa di semplice: l’umanità di un bambino in fasce, che giace in una mangiatoia.

 

  1. Alla gioia della nascita del Cristo corrisponde poi il canto delle schiere angeliche: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (v. 14). È un ritornello breve ma ricco di significato: se l’umanità – che è oggetto dell’amore e della benevolenza di Dio – vuole sperimentare pace in modo vero, occorre che sia riconosciuto e onorato Dio nel più alto dei cieli. Detto in altri termini: la pace vera non si ottiene vincendo una guerra, non è una conquista militare, non è nemmeno frutto di abilità diplomatica. La pace vera è espressione dell’amore di Dio per l’umanità e lo scopriremo quando Luca ci porterà da Betlemme a Gerusalemme, nel Cenacolo e sul Calvario. Ma per poter sperimentare la pace dobbiamo prima aver riconosciuto a Dio, che si è fatto bambino e si manifesta in un bambino, il posto più alto nella nostra vita.

 

  1. I poveri pastori sono i primi ad accogliere questo annuncio e sono i primi a mettersi in cammino per adorare il bambino, cioè per metterlo al centro della propria vita. I poveri pastori sono i primi a lasciarsi avvolgere da quella luce mistica che segnala che è venuta nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo e che le tenebre non vogliono accogliere ma non possono nemmeno vincere (cfr. Gv 1). I poveri pastori sono i primi a sperimentare dentro il cuore quella gioia e quella pace che ci regala il bambino Gesù, che è contemporaneamente Dio nel più alto dei Cieli e qui sulla terra uomo piccolo e fragile, che condivide tutta la nostra vita per salvarci.

 

  1. Durante quest’anno che ci fa commemorare anche l’ottavo centenario del Natale di Greccio facciamo nostra la commozione, la gratitudine, la gioia e la meraviglia di san Francesco, che è la stessa dei pastori, davanti al Bambino di Betlemme e davanti all’Eucaristia. È sempre lo stesso Figlio di Dio che si fa piccolo per noi, per donarsi a noi, per nutrirci di sé e per farci diventare come lui.

Concludo rubando parole di meraviglia proprio a san Francesco: “Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull'altare nelle mani del sacerdote” (Amm I,16-17: FF 144).

“Tutta l'umanità trepidi, l'universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull'altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga colui che tutto a voi si offre” (LOrd 26-29: FF 221).