Chiediamo il dono della speranza

Chiediamo il dono della speranza

«Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti»

I domenica di Avvento B

Is 63,16-17.19; 64,1-7; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37

Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace.

Il tempo di avvento, e quest’anno in particolare, è caratterizzato da tre aspetti:

  • sobrietà,
  • speranza,
  • vigilanza.

Tutto ci richiama alla sobrietà in questo tempo: il colore delle vesti liturgiche, che è il viola, poi la sobrietà del cibo per non offendere chi sta soffrendo la fame; anche la sobrietà nelle luminarie e negli addobbi in vista del Natale, come è stato richiesto e suggerito dai capi delle Chiese in solidarietà con tutti quelli che stanno soffrendo a causa della guerra in Palestina, a Gaza e in Israele ma anche in molte altre parti del mondo. Cerchiamo quindi di essere sobri in tutto: nelle parole, nei discorsi, nelle spese, nel cibo. Sarebbe bello come lo scorso anno poter riempire di luce le strade e le piazze, sarebbe bello poter far festa seguendo la tradizione degli anni scorsi, ma comprendiamo che davanti alla sofferenza di tante persone è meglio essere sobri.

Il secondo atteggiamento che dobbiamo cercare di coltivare in questo momento è l’atteggiamento della speranza. Questo è l’atteggiamento più importante e dobbiamo anche chiederlo come dono da Dio. Le letture di questa domenica ci aiutano a sperare perché ci dicono che Dio è vicino anche e soprattutto quando ci troviamo a vivere in un tempo e una realtà difficili.

Cari fratelli, care sorelle, non è quando tutto va bene che abbiamo bisogno di speranza, ma quando ci sembra che la nostra situazione sia senza futuro. Attendere Dio, sperare, significa prima di tutto invocare che si manifesti e si renda presente nella nostra vita e nella nostra storia. Questo è oggi molto importante proprio perché ci troviamo a vivere in una situazione molto difficile: siamo in mezzo a una guerra con tutti i pericoli e le incertezze che la guerra comporta; non c’è lavoro perché i pellegrini non possono venire in Terra Santa; ed è difficile anche solo passare da Betlemme a Gerusalemme. Abbiamo bisogno di speranza perché la realtà in cui ci troviamo ci fa temere per il futuro della nostra comunità e delle nostre famiglie. In un tempo liturgico che ci porta a celebrare Dio che si fa bambino vediamo la tristezza, la sofferenza e la morte di tanti bambini.

Con la sua Parola Dio ci aiuta a tenere accesa la fiamma della speranza nonostante la difficile situazione in cui ci troviamo. Il profeta Isaia ci ricorda che Dio continua a venirci incontro perché ci ama con tutta la forza e la tenerezza di un Padre. La fiamma della speranza dobbiamo perciò alimentarla con l’olio della preghiera. Per questo facciamo nostre, proprio adesso, le parole del Profeta: «Ritorna per amore dei tuoi servi», «Tu, Signore, sei nostro Padre»; «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».

Anche la seconda lettura alimenta la nostra speranza cristiana, perché ci fa guardare al di là delle difficoltà del presente e ci ricorda qual è il punto di arrivo di questo nostro faticoso pellegrinaggio terreno. San Paolo ci ricorda che stiamo aspettando la «manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo». E Dio stesso sostiene questa nostra capacità di attendere e sperare: «Egli vi renderà saldi fino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio».

Al termine di questa attesa faremo l’esperienza bella e beatificante di cosa vuol dire partecipare «alla comunione con Gesù Cristo, Signore nostro», cioè alla vita stessa di Dio. Adesso siamo in mezzo a mille difficoltà e incertezze, ma siamo chiamati a fidarci di Dio e alla fine potremo dire: “Valeva la pena fidarsi di Gesù e delle sue promesse”.

Il brano tratto dal vangelo di Marco ci aiuta a fare nostro un terzo atteggiamento, quello della vigilanza. Gesù ci invita a essere persone sveglie, consapevoli, che non si lasciano manipolare: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento», «Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà», «Quello che dico a voi lo dico a tutti: Vegliate!» In un tempo difficile come quello che stiamo vivendo è facile venire manipolati da coloro che presentano forme false e forme facili di salvezza. Dobbiamo evitare di lasciarci manipolare soprattutto da chi propone la scorciatoia della violenza come via alla libertà e alla salvezza.

 La preghiera del prefazio ci ricorda, da questo punto di vista, qualcosa di veramente importante, cioè che il Figlio di Dio è già entrato dentro la nostra storia e dentro l’umiltà della nostra condizione umana per realizzare le promesse di Dio e aprirci la via della salvezza eterna ma

“Quando verrà di nuovo nello splendore della gloria,

ci chiamerà a possedere il regno promesso

che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa”.

Viviamo perciò questo tempo nella sobrietà, nella speranza e nella vigilanza e un giorno entreremo anche noi nell’eternità di Dio e nella gioia della comunione con lui.