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Negev, la terra della condivisione: un pellegrinaggio tra memoria, deserto e profezia

Dal 2 al 9 giugno, si svolge in Terra Santa un corso di formazione e aggiornamento rivolto agli accompagnatori spirituali di pellegrini. L’iniziativa è promossa dalla Conferenza dei commissari di lingua italiana, in collaborazione con il Commissariats Liaison Office (Clio) e lo Studium Biblicum Franciscanum (SBF). Il corso vede la partecipazione di 22 frati e collaboratori provenienti da vari commissariati italiani, oltre a rappresentanti da Cracovia e Slovenia. Le attività si svolgono principalmente presso il convento di San Salvatore a Gerusalemme, con escursioni nelle regioni del deserto di Giuda, lungo il Mar Morto e nel deserto del Negev.

Tema 2025: “Nella terra promessa come in terra straniera”

Il convegno si è svolto principalmente nei locali della Curia, all'interno del convento di San Salvatore, a Gerusalemme. L'incontro inaugurale ha visto la partecipazione del Custode di Terra Santa, Fra Francesco Patton, il quale ha accolto i Commissari, aprendo ufficialmente i lavori del convegno con il suo saluto e la sua presenza.

Il tema scelto per questa edizione offre ai partecipanti l’opportunità di approfondire il ruolo del deserto nell’Antico e nel Nuovo Testamento come spazio di prova, rivelazione e nascita della fede. L’itinerario include sessioni accademiche, momenti liturgici e visite guidate a luoghi significativi per la narrazione biblica e la storia delle civiltà medio-orientali antiche.

Il deserto come culla della fede

Il tema affonda le sue radici in un paradosso tipicamente biblico: essere a casa, ma da pellegrini. Il Negev, in questo senso, si rivela un vero laboratorio teologico e antropologico. Come sottolineano alcuni relatori, tra cui fra Alessandro Coniglio, professore presso l’SBF, il deserto non è proprietà da occupare, ma spazio da abitare con rispetto, dove la precarietà insegna la solidarietà e l’ospitalità diventa legge non scritta di sopravvivenza.

“Il corso intende proprio questo: riportare i partecipanti a un’esperienza concreta della Scrittura, attraversando fisicamente i luoghi del Pentateuco, dei profeti e del Vangelo. Non si tratta solo di lezioni in classe, ma di un vero e proprio itinerario spirituale tra Gerusalemme, il Mar Morto e le antiche città nabatee come Avdat, Mamshit e Shivta.”. Queste alcune delle parole di fra Matteo Brera, Commissario di Terra Santa della Toscana.

Un cammino tra archeologia e Parola

Il pellegrinaggio si sviluppa su due registri principali: approfondimento biblico ed esplorazione archeologica.

Il Negev, teatro dell’Esodo e culla delle esperienze di Abramo, Isacco e dei patriarchi, è anche crocevia di civiltà come quella edomita e nabatea. Questi aspetti, spesso trascurati nei racconti catechetici, sono fondamentali per comprendere la portata universale del messaggio biblico.

L’esperienza include escursioni tra i paesaggi spettacolari del Makhtesh Ramon, visite ai siti di Qumran e Tel Arad, e momenti di preghiera nei luoghi simbolo narrati nel corso.

Educare alla speranza nella terra delle contraddizioni

In un contesto segnato da tensioni e conflitti, il Negev si rivela non solo uno spazio geografico ma anche esistenziale: una soglia. Come si afferma durante il corso, venire qui è la volontà decisa di essere segno di speranza. L’obiettivo è formare accompagnatori capaci di trasformare ogni pellegrinaggio in un’occasione di incontro, ascolto e fraternità.

Una terra che non si possiede

Il messaggio centrale che emerge dal corso è radicale: la terra, come il Vangelo, non si possiede, si riceve e si condivide. Questo insegnamento è testimoniato sia dai relatori, sia dai luoghi stessi, con la loro imponenza muta e memoria viva.

“L’esperienza formativa di giugno 2025 rappresenta un passo concreto verso un nuovo modo di accompagnare: non come guide che conducono, ma come fratelli che camminano insieme. Nel deserto, come nella vita, nessuno si salva da solo.” (fra Matteo Brera)

La speranza per un nuovo inizio

La presenza dei pellegrini nei luoghi santi non è solo un gesto di fede personale, ma anche un sostegno vitale per i cristiani locali e per tutte le persone che vivono in questa regione. Il turismo religioso, infatti, costituisce una delle principali fonti di sostentamento per molte famiglie di Betlemme, Nazareth, Gerico, Gerusalemme e dintorni. La sua interruzione ha portato a una crisi economica e sociale che rischia di spingere all’emigrazione numerose famiglie, contribuendo così a una ulteriore riduzione della presenza cristiana in Terra Santa.

Proprio per questo, il rilancio dei pellegrinaggi viene vissuto come un nuovo inizio: un’occasione per riattivare un circolo virtuoso di solidarietà, incontro e dialogo. Ritornare nei luoghi santi significa rinnovare il legame tra la Chiesa universale e la Chiesa Madre di Gerusalemme, facendo sentire a chi vive in Terra Santa di non essere solo, ma parte di una grande famiglia.

Come ha sottolineato il Patriarca di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa: "È tempo di sostenere la Chiesa di Gerusalemme, di ritornare in Terra Santa e riportare in vita l’altro polmone di questa Chiesa che è il pellegrinaggio e la presenza dei pellegrini. [...] Nel Giubileo della Speranza, ritornare alle sorgenti della speranza che è l’incontro con Cristo risorto significa riportare anche la speranza in tante famiglie cristiane".

L’auspicio è che questo percorso di formazione, la presenza dei commissari e delle guide di pellegrini possa essere davvero il segno di una rinascita: non solo per i pellegrini che tornano a camminare sulle orme della fede, ma anche per quanti, vivendo in Terra Santa, attendono di ritrovare, attraverso l’incontro e il dialogo, nuove opportunità di vita, di lavoro e di speranza.

Francesco Guaraldi

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