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Potranno queste ossa rivivere?

Vigilia di Pentecoste

2025-06-07

Gerusalemme - San Salvatore

Gen 11,1-9; Sal 32 (33); Es 19,3-8a.16-20b; Sal 102 (103); Ez 37,1-14; Sal 50 (51); Gl 3,1-5; Sal 103 (104); Rm 8,22-27; Gv 7, 37-39

Potranno queste ossa rivivere?

1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia Pace!

Abbiamo ascoltato una sequenza di letture che ci ha preso per mano e condotti a scoprire cosa succede quando la presenza e l’azione dello Spirito Santo vengono ignorate e cosa succede quando invece vengono accolte con docilità.

Senza la docilità all’azione dello Spirito noi siamo incapaci di dialogo e comunicazione e subentra la confusione tra le persone e il conflitto tra i popoli, e il conflitto quando degenera si trasforma in guerra, distruzione e morte. Perciò, se manca la docilità all’azione dello Spirito diventiamo un immenso cimitero, ossa che biancheggiano al sole anziché persone vive e attive.

Quando siamo docili al dono dello Spirito Santo invece diventiamo santi anche noi, perché lo Spirito ci trasforma interiormente in figli di Dio. Così diventiamo capaci di incontro, di dialogo, di comunicazione, di relazione, di comunione.

Quando siamo docili all’azione dello Spirito diventiamo tutti profeti, giovani e anziani, uomini e donne; diventiamo cioè tutti capaci di interpretare con lo sguardo di Dio la nostra vita, il tempo nel quale Dio ci ha posti a vivere, la storia nel cui fluire siamo collocati, e cominciamo a vivere in modo vero e autentico, e arriviamo a sperimentare cosa significa risorgere, rinascere, cominciare o ricominciare a vivere in Dio.

2. Dato il momento storico e il contesto particolare in cui noi ci troviamo, mi ha colpito particolarmente la visione di Ezechiele: è la visione di una grande pianura, una valle, piena di ossa inaridite. È il simbolo potente di ciò che la nostra intera umanità diventa quando ci sottraiamo personalmente e collettivamente all’azione dello Spirito del Signore. Non è solo un simbolo potente, è purtroppo anche la realtà tragica in cui ci ritroviamo quando le differenze di lingua, le differenze etniche e quelle religiose anziché riconciliarsi e ritrovarsi nella “convivialità delle differenze” (Monsignor Tonino Bello), si scontrano e producono conflitti e guerre a carattere economico, etnico, culturale e religioso. Quante pianure ormai piene di ossa inaridite, cioè piene di morte, sono attorno a noi e nel mondo intero? Gaza, la Siria, il Libano, lo Yemen, l’Ucraina, Sudan e Sud Sudan, Sahel, Chivu, Birmania, Haiti. È un elenco incompleto di paesi ai quali la guerra ha tolto la speranza. È un elenco incompleto di paesi trasformati realmente e non solo simbolicamente in sterminati cimiteri pieni di ossa inaridite.

È – purtroppo – il mondo intero ad essere entrato sempre più profondamente in questa spirale di rifiuto dell’azione dello Spirito che continua a produrre odio e morte, con un aumento vertiginoso di anno in anno.

3. Di fronte a questa realtà, come ha detto p. Gabriele Romanelli in un’intervista rilasciata ieri, si perde la speranza. Le sue parole sono come un pugno allo stomaco per ognuno di noi: «Umanamente, nessuno più spera nel futuro: qui non c’è più la speranza umana. È rimasta solo la fede: sappiamo che il Signore è buono e a lui continuiamo a chiedere che ci porti pace. […] fino a quando si dovrà aspettare? Sono morti settemila bambini: ognuno è una tragedia. Bisognava fermarsi al primo bambino morto, israeliano o palestinese che fosse» (Intervista di F. Caferri a p. Romanelli, Repubblica 07/06/2025, p. 13).

4. Questa realtà ci riguarda da vicino ma è al tempo stesso, purtroppo, globale e indica a noi che lo spirito diabolico di Babele sta lavorando in modo forte nel mondo in cui viviamo e nella storia in cui siamo immersi. Proprio per questo la nostra fede e la nostra preghiera, così come poi le nostre parole e le nostre azioni acquistano un significato e un valore ancora più grandi. Come Ezechiele dobbiamo stare in mezzo a questo cimitero che è diventato il mondo e fidarci di Dio, e ascoltare il suo invito, e cominciare a gridare: “Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano” (Ez 37,9).

In mezzo a questo cimitero che rischia di diventare il mondo intero siamo chiamati a dar voce in modo ancor più forte e più costante al “gemito dello Spirito”, come lo chiama san Paolo nella Lettera ai Romani, per veder rinascere, dalla fede, anche la speranza. Siamo chiamati a vivere in modo resiliente la nostra fede nel Cristo Risorto e Signore della storia. Siamo chiamati a trovare in questo la sorgente della nostra speranza in un tempo e in un luogo in cui verrebbe – come dice p. Romanelli – da perdere la speranza. Siamo chiamati a tenere il cuore ostinatamente libero da sentimenti di rabbia, rancore, odio e sete di vendetta, perché almeno un angolo del nostro cuore rimanga aperto alla compassione, alla riconciliazione e al perdono, cioè all’amore che risana e fa risorgere.

5. Carissimi fratelli e sorelle, la celebrazione di questa Pentecoste non sia per noi la formale celebrazione di una festa che ricorre sul calendario ma sia la personale assunzione di responsabilità ad essere docili allo Spirito del Signore, l’unico capace di trasformare le nostre coscienze e il corso della storia, l’unico capace di far rivivere un’umanità che corre follemente verso diabolici destini di morte, l’unico capace di riportare pace anche in questa nostra terra santa e profanata dall’odio e bisognosa di una nuova Pentecoste: vieni, Santo Spirito, riempi i nostri cuori, le nostre coscienze e fa che questa terra trasformata in cimitero possa tornare ad essere un luogo di vita. Amen.

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