Getsemani – 15 agosto 2024
Quasi al termine della costituzione conciliare dedicata alla Chiesa, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha una frase molto bella per descrivere il mistero che celebriamo oggi: “La madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3,10)” (LG 68).
Alzando lo sguardo verso di lei glorificata nel corpo e nell’anima vediamo l’immagine e l’inizio della Chiesa e la vediamo come sarà quando il percorso della storia sarà compiuto e la Chiesa risplenderà in tutta la sua bellezza; mentre l’esperienza che ne facciamo adesso è quella di una realtà in cui alla bellezza e alla santità che Gesù Cristo le dona si mescola purtroppo la realtà del nostro essere peccatori, ciò che abbruttisce il volto della Chiesa.
La sicura speranza è quella che san Francesco chiama “speranza certa” e chiede come dono in preghiera davanti al Crocifisso di san Damiano. Non è il desiderio ottimistico di un futuro migliore, ma è la capacità di guardare al presente e al futuro a partire da ciò che Dio ha già realizzato nella Pasqua del suo Figlio ed ha già pienamente partecipato alla Madre del suo Figlio glorificandola nel corpo e nell’anima: nella Pasqua del suo Figlio, Dio ha già vinto definitivamente il male, il peccato, la morte. E questo fatto ci offre una prospettiva certa di speranza.
Per questo Maria glorificata nel corpo e nell’anima, cioè pienamente partecipe della Pasqua del Cristo risorto, è un segno di sicura speranza e al tempo di stesso e di conseguenza di consolazione per noi che – da pellegrini – ci confrontiamo ancora con il male, col peccato e con la morte.