Is 42,1-7; Sal 26; Gv 12,1-11
Diciotto anni fa, il 2 aprile del 2005 moriva papa Giovanni Paolo II. Nel suo magistero ha parlato della singolarità di Gesù Cristo e della singolarità della persona umana, di conseguenza possiamo parlare anche della singolarità della relazione che Gesù ha con ognuno di noi e che ognuno di noi ha con lui. Singolarità è l’opposto di ripetizione. Come nessuno di noi è la fotocopia di qualcun altro, neanche se si applicassero le più sofisticate tecniche di manipolazione genetica, così anche le nostre relazioni non sono mai ripetitive. E la relazione che ci lega a Gesù Cristo è una relazione di amore singolare, cioè unica e irripetibile.
La singolarità di questa relazione emerge bene nei racconti evangelici e in particolare nel racconto che abbiamo appena ascoltato che è ambientato qui a Betania, in un momento di intimità familiare che Gesù vive nella casa dei suoi amici Lazzaro, Marta e Maria, prima di tuffarsi nella Settimana che lo porterà a morire per noi.
La prima ad emergere è Maria, che è unica nella sua capacità di esprimere in modo profondo la ricchezza, la spontaneità e la gratuità dell’amore. Il suo gesto spiazza tutti e va oltre rispetto a tutte le convenzioni culturali. Lei donna, osa entrare pubblicamente in contatto fisico con Gesù, un uomo, un rabbì. Osa ungere con profumo di nardo preziosissimo (proveniva dall’Himalaya) i suoi piedi e asciugarli con i capelli. Osa esprimere il proprio affetto e il proprio amore pubblicamente, in modo sovrabbondante e attraverso un gesto che è apparentemente uno spreco di profumo e di denaro. Eppure, l’amore vero è proprio così, tende ad esagerare, tende all’eccesso. Questo gesto di amore gratuito e esagerato riempie di profumo tutto la casa, e oserei dire che continua ancora oggi a riempire di profumo questa casa e la Chiesa intera.
Purtroppo, è una ragionevolezza che vede solo l’efficienza economica e niente altro. Giuda è capace di calcolare quanti poveri si potrebbero aiutare trasformando il profumo in denaro. Ma con questa mentalità sarebbe poi capace di accogliere i poveri uno a uno come persone o per lui anche i poveri diventerebbero solo una statistica da esibire? Sarebbe capace poi di stringere la mano dei poveri a uno a uno? Di fargli un sorriso? Di chiedergli «come ti chiami?» oltre che se ha il biglietto del buono pasto? Se il gesto di Maria ha riempito di profumo tutta la casa, il modo di pensare e di agire di Giuda è quello che invece avvelena anche le migliori attività. Di solito chi non sa apprezzare la gratuità dell’amicizia e dell’amore poi sparge il cattivo odore della lamentela, della mormorazione, della critica gratuita.
Non dobbiamo essere troppo severi con Giuda, probabilmente in noi c’è molto di ciò che lo caratterizza. Quante volte anche noi mettiamo il calcolo e l’efficienza davanti alla relazione. Quante volte anche noi ragioniamo in termini di cose da fare e di opere da realizzare o di efficienza e facciamo fatica a sprecare un po’ di profumo per i piedi Gesù: facciamo fatica a riconoscere il valore della gratuità in ciò che fanno gli altri, facciamo fatica a ritagliarci del tempo per stare con lui in adorazione, facciamo fatica a esprimere in modo anche affettivo la nostra fede… E facciamo poi altrettanta fatica ad amare in modo personale, singolare e vorrei dire “profumato”, cioè gratuito, le persone che lui ci fa incontrare.
Donna dell’amore e del profumo
quanto la Chiesa ha ancora bisogno di te
del tuo ardire
del tuo eccesso
della tua eccedenza
oltre la logica dei perbenismi
oltre i calcoli economici e sociali
oltre le programmazioni pastorali.
Pura logica di amore
che non bada a spreco
perché la misura dell’amore
è quella di amare senza misura.
Maria di Betania
insegnaci a stare
ai piedi del Signore
per impregnarci del suo profumo
fragranza di vita
per il mondo intero.
[E insegnaci a versare gratuitamente
l’unico bene prezioso che ci è dato:
la nostra stessa vita,
e la nostra capacità di amare.]