Omelia – Cafarnao (Lc 8,40-56)
11 ottobre 2025
Cari fratelli e sorelle,
il signore vi doni la sua pace!
Il Vangelo di oggi si apre con queste parole: “Al suo ritorno”. Gesù torna a Cafarnao, la città che ormai è diventata la sua casa. Non più Nazaret, dove era cresciuto, ma Cafarnao: la nuova città di Gesù. Gesù non ha una casa fissa: si muove continuamente per annunciare il Regno di Dio, ma torna sempre a Cafarnao, come si torna tra gli amici, in un luogo di accoglienza e affetto.
Cafarnao è la città dei suoi discepoli, dei primi che ha chiamato alla sua sequela, dei suoi amici. È la città dove si respira la familiarità con il Maestro, dove ci si sente parte di una stessa storia di fede. Potremmo dire che ovunque ci sono amici di Gesù, lì c’è la sua città.
E allora, fratelli e sorelle, anche le nostre comunità, le nostre famiglie, i nostri cuori possono diventare “Cafarnao”, la città di Gesù, se in essi c’è spazio per la sua presenza, per la sua parola e per la sua amicizia.
Il Vangelo di oggi, poi, ci racconta due miracoli intrecciati: la risurrezione della figlia di Giairo e la guarigione della donna emorroissa. Due storie molto diverse, ma unite da un legame profondo.
La figlia di Giairo di soli dodici anni sta morendo. Mentre Gesù si mette in cammino verso la casa di Giairo, tra la folla si avvicina una donna che da dodici anni soffre di perdite di sangue. Dodici anni: la stessa età della bambina e la stessa durata della malattia della donna. Una vita che nasce e una vita che si consuma. Due storie che si toccano come due fili intrecciati: una ragazzina che muore e una donna che lentamente si spegne, perdendo sangue — cioè perdendo vita.
La donna si avvicina di nascosto. Non osa parlare, non osa guardare Gesù in faccia.
Sa che la legge le proibisce di toccare un uomo, tanto più un maestro, perché è impura.
Eppure non si ferma davanti a nulla: ha solo un desiderio nel cuore, vivere.
Certa che in Gesù ci sia la vita, osa compiere un gesto audace: tocca il lembo del suo mantello.
Un piccolo gesto, quasi invisibile… ma pieno di fede. E in quell’istante la sua vita cambia: il sangue si ferma, la vita ritorna.
Gesù si ferma e chiede: “Chi mi ha toccato?” Non perché non lo sappia, ma perché vuole che quella donna esca dal nascondimento, che dica la sua fede, che si senta guardata, amata, riconosciuta.
E poi le dice parole che sono il cuore del Vangelo: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace.”
Non dice “ti ha guarita”, ma “ti ha salvata”. La salvezza è qualcosa di più profondo della guarigione: è la vita ritrovata, è la comunione ristabilita, è la fede che diventa relazione con Dio.
Fratelli e sorelle, anche noi, tante volte, perdiamo vita: ogni volta che ci lasciamo vincere dal peccato, dall’indifferenza, dal disamore. Ma il Signore continua a passare accanto a noi.
Basta che abbiamo il coraggio di toccare il lembo del suo mantello, cioè di avvicinarci a Lui con fede, anche solo con un piccolo gesto di fiducia, e la sua grazia può rinnovarci.
Non importa quanto grande sia la nostra ferita o la nostra debolezza: se ci affidiamo a Gesù, la fede ci salva. Questo è ciò che conta davvero: non solo la guarigione, che può anche non arrivare, ma la salvezza, la vita nuova che nasce dall’incontro con Cristo.
Cari fratelli e sorelle, oggi Gesù ritorna anche tra noi, nella nostra “Cafarnao”.
Ritorna nella sua Chiesa, tra i suoi amici, per ridare vita, forza e speranza a chi l’ha perduta.Lasciamoci toccare da Lui, e soprattutto osiamo toccarlo noi: con la fede, con il desiderio di vivere, con la fiducia che solo Lui può donarci pace.
