Carissimi fratelli, carissime sorelle,
il Signore vi dia pace!
1. Ogni anno in occasione dei primi vespri di s. Antonio noi compiamo un gesto molto significativo, quello di benedire il pane e poi distribuirlo. È un richiamo a una delle immagini con le quali ci viene presentato lo stesso Antonio, l’immagine del Santo nell’atto di donare un pane a un povero. “Pane” è una parola che ricorre ben 200 volte nei “Sermoni” di s. Antonio e quest’anno, in occasione della festa del nostro patrono, vogliamo approfondire il senso che Antonio dà al dono del pane in un paragrafo dei suoi “Sermoni”.
Lo facciamo per entrare in profondità dentro il messaggio della sua predicazione, che è per noi fonte di ispirazione per vivere la nostra vita e la nostra vocazione francescana in Terra Santa.
Nel sermone per le Rogazioni, s. Antonio commenta la parabola nella quale Gesù invita a pregare il Padre con fiducia e con insistenza. È la parabola nella quale Gesù chiede ai suoi ascoltatori: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà un sasso?” (Lc 11,11). Antonio nella spiegazione sottolinea in cosa consiste il dono del pane, che il Padre celeste ci fa, e ciò che il Padre ci aiuta a superare attraverso questo dono.
«Il pane, così chiamato perché si pone [in tavola] insieme con ogni altro cibo, simboleggia la carità, la quale deve accompagnare ogni altro cibo di opere buone. “Tutto si faccia nella carità” (1Cor 16,14). Come senza il pane la mensa sembra squallida, così senza la carità le altre virtù sono un nulla: esse sono perfette solo unite alla carità.
Leggiamo a questo proposito nel Levitico: “Mangerete il vostro pane a sazietà e dimorerete senza paura nella vostra terra” (Lv 26,5). Il Signore promette qui due cose, che avremo in modo perfetto nella vita futura: la sazietà della carità, della quale sarà ricolma l’anima, e la pace della terra, cioè della nostra carne. Ogni cristiano, figlio della grazia, deve chiedere a Dio Padre questo pane, per essere capace di amare Dio sopra tutte le cose e il prossimo come se stesso. Per questo prega: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”» (Lc 11,3).
Tutte le opere pastorali e sociali che noi siamo chiamati a compiere e stiamo compiendo, come frati della Custodia, dovrebbero avere il sapore di questo pane che il Padre ci dona. Il servizio nei santuari e nelle parrocchie, quello nelle scuole e nelle opere sociali, l’accompagnamento pastorale ai fedeli locali e ai pellegrini, l’accoglienza e il sostegno a migranti e rifugiati, l’impegno in territori feriti dalla guerra e dal terremoto: tutto questo dovrebbe avere il sapore del pane che il Padre ci dona e ci chiede di condividere, cioè il sapore dell’amore gratuito. Nella consapevolezza che tutto abbiamo ricevuto, che nulla ci appartiene e che ogni dono siamo chiamati a condividerlo.
Dopo aver scoperto in cosa consiste il pane che Dio Padre ci dona e che noi a nostra volta dobbiamo condividere, Antonio ci mostra da cosa ci guarisce il dono di questo pane. Gesù aveva chiesto: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà un sasso?” (Lc 11,11).
Antonio commenta: «“Un torrente separa la pietra della caligine e l’ombra della morte dal popolo peregrinante” (Gb 28,3-4). Il torrente raffigura la compunzione delle lacrime, la quale separa la pietra della caligine, cioè la durezza della mente ottenebrata, e l’ombra della morte, cioè il peccato mortale che proviene dal diavolo il cui nome è morte (cf. Ap 6,8), dal popolo peregrinante, cioè dai penitenti, i quali si considerano pellegrini in questo esilio. Quindi al figlio che domanda la carità, Dio Padre non dà la durezza del cuore, ma piuttosto la toglie. “Toglierò da voi il cuore di pietra”, che è insensibile, “e vi darò un cuore di carne” (Ez 36,26), in grado di sentire dolore».
Ecco da cosa ci guarisce il pane della carità che Dio ci dona: ci guarisce dalla durezza del cuore che ci rende indifferenti e insensibili sia di fronte ai nostri peccati, sia di fronte ai problemi e alle difficoltà dei nostri fratelli. Antonio sottolinea che noi dobbiamo vivere da pellegrini penitenti, da pellegrini che riconoscono la propria fragilità e anche per questo sono diventati sensibili alla fragilità dei propri fratelli, da pellegrini che hanno nostalgia della vera patria, nella quale la comunione sarà piena perché piena sarà la carità.
Chiediamo anche la grazia di un cuore senziente e sensibile: un cuore che ci permetta di entrare in contatto con la verità di noi stessi e anche con la sofferenza e il bisogno delle persone che Dio ci fa incontrare e ci mette accanto.
Solo allora cammineremo in pace con noi stessi, con gli altri e con Dio durante il nostro pellegrinaggio terreno e potremo giungere un giorno alla pienezza della carità, nella vita eterna, nella comunione col Padre e col Figlio e con lo Spirito Santo, assieme a s. Antonio e a tutti i santi. Amen.
___________________________________
Dear Brothers and Sisters,
May the Lord give you His peace!
Every year on the occasion of the First Vespers of St. Antony we make a very significant gesture, that of blessing the bread and then distributing it. It is a reference to one of the images with which Anthony himself is presented to us, the image of the Saint in the act of giving bread to a poor man. "Bread" is a word that occurs 200 times in the "Sermons" of St. Anthony and this year, on the occasion of the feast of our patron, let us deepen the meaning that Anthony gives to us in the gift of bread in a paragraph from his "Sermons".
This is what the bread of charity that God gives us heals us of: it heals us of the hardness of heart that makes us indifferent and insensitive both in the face of our sins and in the face of the problems and difficulties of our brothers and sisters. Anthony emphasizes that we must live as penitent pilgrims, as pilgrims who recognize their own fragility and also for this reason have become sensitive to the fragility of their brothers and sisters, as pilgrims who have nostalgia for the true homeland, in which communion will be full because charity will be full.