Carissime sorelle e carissimi fratelli, il Signore vi dia Pace!
1. La celebrazione del transito del Serafico Padre, dentro la quale si colloca anche il rinnovo dei voti dei nostri giovani confratelli, è un’occasione per riflettere sul senso della nostra vocazione.
Infatti, riprendendo le parole dell’apostolo Pietro, ma anche della Lettera agli Ebrei (cfr. 1Pt 2,11; Eb 11,13), san Francesco ama dire di noi e della nostra forma di vita che siamo “pellegrini e forestieri in questo mondo” (Rb VI,2: FF 90).
Gesù Cristo è vissuto da pellegrino e forestiero, san Francesco e i primi frati sono vissuti da pellegrini e forestieri, noi oggi siamo ancora chiamati a vivere come pellegrini e forestieri in questo mondo.
2. Che cosa caratterizza la vita di Gesù come “pellegrino e forestiero in questo mondo”? Gesù è vissuto fidandosi sempre del Padre che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo; è vissuto con l’essenzialità di chi si muove leggero da un luogo a un altro e non fissa la residenza in alcun posto, perché la vera e definitiva residenza è altrove, è in Dio. Gesù è vissuto con la capacità di fidarsi del prossimo facendo del suo stile da pellegrino e forestiero l’occasione per stimolare la fiducia delle altre persone (Marta, Maria, Lazzaro…) e suscitare in chi lo incontrava il desiderio di una vita fraterna, al punto da riconoscere come sua madre e come suoi fratelli tutti coloro che fanno la volontà del Padre che è nei Cieli (cfr Mt 12,46-50).
Ha vissuto con un tale abbandono fiducioso il proprio pellegrinaggio da riuscire a sperimentare anche il momento della morte come un progressivo passaggio dal sentirsi abbandonato dal Padre al riuscire ad abbandonarsi con tutto se stesso nelle mani del Padre. Così la morte stessa non è stata la fine della sua vita ma il compimento del suo pellegrinaggio terreno, e gli ha permesso di tornare al Padre e di prendere per mano anche ciascuno di noi per portarci al Padre. Perché il senso della sua e della nostra vita è nel poter dimorare nel Padre insieme con Gesù uniti nello stesso Spirito di amore.
3. Così è stata anche la vita di Francesco, dal giorno in cui ha scoperto che poteva e doveva restituire al proprio padre terreno, Pietro di Bernardone, tutte le sue ricchezze e perfino i suoi vestiti, e cominciare a dire semplicemente: “Padre nostro, che sei nei cieli” (cfr 2Cel VII,12: FF 597) e vivere da figlio di Dio, pellegrino e forestiero in questo mondo, disarmato di fronte a tutti e con le mani aperte del mendicante, profeta di un mondo in cui non ci sono più amici e nemici, ricchi e poveri, sani e malati, gente che conta ed emarginati, ma semplicemente fratelli e sorelle che sanno di potersi fidare di un Dio che è Padre, ma sanno anche di dover imparare a fidarsi gli uni degli altri e a prendersi cura gli uni degli altri.
Lo spirito di fraternità portato da Gesù è, infatti, il capovolgimento della logica di Caino; se Caino toglie la vita al fratello per invidia e per desiderio di contare di più, Gesù, al contrario, dona la propria vita in riscatto per le moltitudini e per ridare la vita a chi era perduto. Se Caino rifiuta di custodire il proprio fratello, Gesù è invece colui che custodisce tutti i suoi fratelli e prega il Padre perché siano custoditi, e si china a lavare i loro piedi, e ne asciuga le lacrime, e ne cura le ferite.
4. Proprio per questo suo desiderio di condividere fino in fondo la vita di Gesù, Francesco riceve – quasi al termine della sua vita – il dono di essere trasformato nella immagine vivente di Gesù, sul monte della Verna, esattamente 800 anni fa. Come ricorda san Bonaventura: “Cosı` il verace amore di Cristo aveva trasformato l’amante nell’immagine stessa dell’amato” (LM XIII,5: FF 1228).
E anche il momento finale della vita terrena diventa per Francesco l’occasione di affidarsi al Padre, nella consapevolezza che sorella morte non sarà per lui la fine di tutto ma “la porta della Vita” (2Cel CLXIII, 217: FF 810), perché per il pellegrino la mèta non è quaggiù, ma nell’entrare e dimorare nella vita stessa di un Dio che è Padre e Figlio e Spirito Santo “Trinità perfetta e Unità semplice” (cfr LOrd 52: FF 233), come ci insegna san Francesco, cioè comunione di amore che ci fa uno con Lui, che ci fa uno in Lui e che in Lui ci fa uno anche tra di noi, compimento del cammino fraterno percorso in questo pellegrinaggio terreno.
5. Cari giovani confratelli che questa sera rinnovate i vostri voti, idealmente li rinnoviamo assieme a voi anche tutti noi, perché una scelta di vita va abbracciata e rinnovata ogni giorno. Chiedete questa grazia di saper apprezzare il dono che vi è stato fatto di essere chiamati a vivere la vita come pellegrini e forestieri in fraternità. Chiediamo insieme questa grazia.
Questa consapevolezza aiuterà tutti noi a vivere con fiducia anche il tempo difficile nel quale ci troviamo. Noi viviamo in un paese in guerra, che ha costruito la sua sopravvivenza sulla sicurezza militare, eppure sappiamo che proprio in questo paese, in un altro tempo e in un’altra stagione difficile della sua storia, duemila anni fa, Gesù, figlio di questa stessa terra, ci ha ricordato che noi non possiamo aggiungere neanche un giorno alla nostra vita se non siamo custoditi dal Padre. E non abbiamo potere nemmeno sulla caduta dei nostri capelli.
6. In questo tempo e in questo contesto cerchiamo di vivere fino in fondo la spiritualità della fiducia e della fraternità che san Francesco ha attinto dalla familiarità con Gesù e con il suo Vangelo e ci ha trasmesso come carisma e stile di vita.
Siamo poca cosa, siamo un piccolo segno. Eppure, attraverso di noi, il Signore sta ancora offrendo al nostro tempo e alla terra in cui ci ha chiamato a vivere come pellegrini e forestieri, la possibilità di intravedere il suo sogno, che è il sogno della fraternità e della pace.
7. Concludo facendo mie le parole con cui san Francesco ci aiuta a comprendere il senso profondo del cercare di essere nella volontà del Padre in questa vita e nella prospettiva della vita eterna:
“O santissimo Padre nostro: Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, indirizzando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e i sensi dell’anima e del corpo per onorare il tuo amore e non per altro; e affinché amiamo i nostri prossimi come noi stessi, attirando tutti secondo le nostre forze al tuo amore, godendo dei beni altrui come fossero nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando alcuna offesa a nessuno” (Pater 5: FF 270). Amen.
--------------------------------------------------------------------------
Dear Brothers and Sisters,
May the Lord give you His peace!
1. The celebration of the “Transitus”-the passing away of the Seraphic Father, which also includes the renewal of the vows of our young confreres, is an opportunity to reflect on the meaning of our vocation.
In fact, taking up the words of the Apostle Peter, but also of the Letter to the Hebrews (cf. 1 Pt 2:11; Heb 11:13), Saint Francis likes to say of us and of our form of life that we are "pilgrims and strangers in this world" (Rb VI, 2: FF 90).
Jesus Christ lived as a pilgrim and a stranger, St. Francis and the first friars lived as pilgrims and strangers, we are still called today to live as pilgrims and strangers in this world.
2. What characterizes Jesus' life as a "pilgrim and stranger in this world"? Jesus lived always trusting in the Father who feeds the birds of the air and clothes the lilies of the field; it is lived with the essentiality of one who moves lightly from one place to another and does not fix his residence anywhere, because the true and definitive residence is elsewhere, it is in God. Jesus lived with the ability to trust his neighbour, making his style as a pilgrim and stranger an opportunity to stimulate the trust of other people (Martha, Mary, Lazarus...) and to arouse in those who met him the desire for a fraternal life, to the point of recognizing as his mother and brothers all those who do the will of the Father who is in heaven (cf. Mt 12:46-50).
He lived his pilgrimage with such trusting abandonment that he was able to experience even the moment of death as a progressive passage from feeling abandoned by the Father to being able to abandon himself with all of himself into the hands of the Father. Thus, death itself was not the end of his life but the fulfillment of his earthly pilgrimage and allowed him to return to the Father and to take each of us by the hand to lead us to the Father; because the meaning of his life and of ours is in being able to dwell in the Father together with Jesus united in the same Spirit of love.
3. This was also the life of Francis, from the day he discovered that he could and had to give back to his earthly father, Peter of Bernardone, all his wealth and even his clothes, and to begin to say simply: "Our Father, who art in heaven" (cf. 2Cel VII, 12: FF 597) and to live as a child of God, pilgrim and stranger in this world, disarmed in front of everyone and with the open hands of the beggar, prophet of a world in which there are no longer friends and enemies, rich and poor, healthy and sick, people who count and marginalized, but simply brothers and sisters who know they can trust in a God who is Father, But they also know that they need to learn to trust each other and care for each other.
The spirit of fraternity brought by Jesus is, in fact, the reversal of Cain's logic; if Cain takes the life of his brother out of envy and the desire to count more, Jesus, on the contrary, gives his life as a ransom for the multitudes and to give life back to those who were lost. If Cain refuses to keep his brother, Jesus is instead the one who guards all His brothers and prays to the Father that they may be kept, and bends down to wash their feet, and wipes their tears, and heals their wounds.
4. Precisely because of his desire to share Jesus' life to the full, Francis received – almost at the end of his life – the gift of being transformed into the living image of Jesus, on Mount La Verna, exactly 800 years ago. As Saint Bonaventure recalls: "Thus the true love of Christ had transformed the lover into the very image of the beloved" (LM XIII, 5: FF 1228).
And even the final moment of his earthly life becomes for Francis the opportunity to entrust himself to the Father, in the awareness that sister death will not be for him the end of everything but "the door of Life" (2Cel CLXIII, 217: FF 810), because for the pilgrim the goal is not here on earth, but in entering and dwelling in the very life of a God who is Father, Son and Holy Spirit, "perfect Trinity and simple Unity" (cf. LOrd 52: FF 233), as St Francis teaches us, that is, a communion of love that makes us one with Him, that makes us one in Him and that in Him also makes us one amongst us, the fulfilment of the fraternal journey made on this earthly pilgrimage.
5. Dear young confreres who are renewing your vows this evening, we also renew them with all of you, because a choice of life must be embraced and renewed every day. Ask for this grace to be able to appreciate the gift that has been given to you of being called to live life as pilgrims and strangers in fraternity. Let us ask for this grace together.
This awareness will help all of us to live with confidence even the difficult time in which we find ourselves. We live in a country at war, which has built its survival on military security, and yet we know that in this very country, in another time and in another difficult season of its history, two thousand years ago, Jesus, son of this same land, reminded us that we cannot add even one day to our lives if we are not guarded by the Father. Moreover. we have not even power over the loss of one strand of hair from our heads either.
6. In this time and in this context let us try to live to the full the spirituality of trust and fraternity that St Francis drew from familiarity with Jesus and his Gospel and transmitted to us as a charism and way of life.
We are minors, we are a small sign, and yet, through us, the Lord is still offering us time and the Land in which He has called us to live as pilgrims and strangers, the possibility of glimpsing His dream, which is the dream of fraternity and peace.
7. I conclude by making my own the words with which St Francis helps us to understand the profound meaning of seeking to be in the Father's will in this life and in the perspective of eternal life:
"O most holy Our Father: Thy will be done, on earth as it is in heaven: that we may love Thee with all our heart, always thinking of Thee; with all our soul, always desiring Thee; with all our mind, directing all our intentions to Thee, and in all things seeking thine honour; and with all our strength, spending all our energies and the senses of soul and body to honour Thy love and for nothing else; and that we may love our neighbours as ourselves, drawing all according to our strength to Thy love, enjoying the goods of others as if they were our own, and suffering together with them in evil and causing no offence to anyone" (Pater 5: FF 270). Amen.