Is 52,7-10; dal Salmo 95; 2 Tm 4,1-8; Mt 5,13-19
1. Carissimi fratelli e sorelle,
il Signore vi dia pace!
Oggi, è il giorno in cui facciamo memoria della traslazione del corpo di san Domenico, avvenuta il 24 maggio 1233. In occasione di questa festa ci ritroviamo ancora una volta uniti, Domenicani e Francescani, secondo una tradizione antica e significativa. Vogliamo insieme accogliere la lezione di vita di un uomo, di un santo, che ha incarnato la profezia di Isaia: “Quanto sono belli, sui monti, i piedi del messaggero di buone notizie!”.
La sua vita, come un canto nuovo, ha risuonato nelle piazze e nelle università, portando la luce di Cristo in un’epoca segnata da ricerca di autenticità cristiana e desiderio di Vangelo, da curiosità culturale e crescita economica ma anche da confusione dottrinale e divisioni sociali. Le letture odierne ci guidano a riscoprire la nostra vocazione: essere, come Domenico, annunciatori di pace, testimoni della Verità, sale che preserva e luce che rischiara.
2. Il profeta Isaia dipinge un quadro di speranza: le sentinelle gridano di gioia perché vedono il Signore ritornare a Sion. L’immagine della sentinella vigile descrive molto bene la vita, la vocazione e la missione di San Domenico. Nel XIII secolo, mentre l’eresia albigese minava la fede semplice del popolo, egli non scelse la spada, ma il Vangelo e la parola. Percorse a piedi nudi le strade d’Europa, convinto che solo il Vangelo, annunciato con carità e umiltà, avrebbe potuto rigenerare i cuori. I suoi passi furono belli perché portavano una speranza di pace e di salvezza. Così Domenico ci ricorda che anche noi siamo chiamati a essere messaggeri di speranza, di pace e di salvezza, proprio in questa santa terra in cui siamo stati chiamati a vivere, una terra che – purtroppo – vede affievolirsi sempre più la speranza e allontanarsi la pace; una terra in cui molti – troppi – credono che la salvezza si possa ottenere con la violenza delle armi.
3. Paolo esorta Timoteo: “Predica la Parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2 Tm 4,2). San Domenico fece di questa indicazione apostolica un programma di vita. Di fronte a coloro che “non tolleravano la sana dottrina ma, seguendo i propri desideri e l’insaziabile curiosità... avevano smesso di ascoltare la verità” (cf 2 Tm 4,3), egli rispose fondando un Ordine di predicatori radicati nello studio della Parola di Dio, nella preghiera incessante e nella povertà evangelica, un Ordine di Predicatori radicati nella Chiesa e appassionati per la Chiesa perché radicati in Cristo e appassionati per Cristo. Non temette le fatiche: dormiva poco, viaggiava senza sosta, ascoltava e predicava. Come Paolo, poté dire alla fine: “Ho combattuto il buon combattimento”. La sua corona non è stata un trionfo terreno, ma la partecipazione alla santità di Dio. Anche per noi, il tempo è prezioso. Anche noi siamo chiamati a testimoniare in modo perseverante il Vangelo per contribuire alla edificazione della pace. La Chiesa stessa ci indica su quali basi fondare la nostra predicazione e la nostra azione: la verità e la giustizia, l’amore e la libertà (Giovanni XXIII, Pacem in Terris, 1963).
4. Nel vangelo Gesù ci dice: “Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo”. San Domenico prese queste parole alla lettera. Il sale, per non perdere sapore, deve restare puro: per questo scelse una vita austera, lontana dagli onori, dagli agi e dalle comodità. La luce, per risplendere, deve ardere: e Domenico arse per la salvezza dei fratelli.
La leggenda narra che, alla sua nascita verso il 1170, la madre Giovanna d’Aza sognò di partorire un cagnolino bianco e nero, con una torcia in bocca che incendiava il mondo. Quel cane è il vostro simbolo, cari fratelli Domenicani, “Domini canes”.
Custodire la fede e annunciarla nella sua integrità e purezza è l’essenza della vostra vocazione e della vostra missione. Anche ognuno di voi, quando predica ma anche semplicemente quando parla, dovrebbe tenere in bocca quella torcia che è la Parola del Vangelo che illumina le coscienze.
Domenico però non fu solo fuoco: fu anche dolcezza. Si dice che convertì un oste eretico non con dispute, ma passando un’intera notte a dialogare con carità.
Il sale della misericordia e la luce della verità: chiediamo al Signore di averne anche noi una scorta abbondante per essere luce del mondo e sale della terra, come ci chiede Gesù.
5. Carissimi fratelli e sorelle, san Domenico non è una figura lontana e irraggiungibile: come tutti i santi è un compagno di strada, è un amico e un intercessore. Noi viviamo immersi in una cultura nella quale siamo facilmente distratti da un sottofondo di rumore e da un flusso incontrollabile di informazioni: in questo contesto Domenico ci insegna a tenere unite la contemplazione e l’azione. Ci ricorda che il Vangelo non si difende con la violenza, ma testimoniando la gioia di chi ha incontrato nel Cristo il senso pieno della vita, colui che “ha parole di vita eterna” (cfr. Gv 6,68).
Per intercessione di san Domenico, il Signore ci doni piedi buoni per essere instancabili annunciatori del Vangelo della pace; ci doni di tenere sempre in bocca la fiamma della carità per trasmettere oggi il Vangelo che illumina il cammino della vita e accende ad amare; ci dia la grazia di avere in noi il sale della Sapienza e della Verità per poter indicare anche alla gente del nostro tempo il senso e la meta della nostra vita nell’accogliere il Dio uno e trino ed essere da Lui accolti.
Amen.
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Is 52:7-10; Ps 95; 2 Tim 4:1-8; Mt 5:13-19
1. Dear brothers and sisters,
May the Lord give you His peace!
Today, we commemorate the translation of Saint Dominic’s relics, which took place on the 24th May, 1233. On this feast, we gather once more—Dominicans and Franciscans united—according to an ancient and meaningful tradition. Together, we seek to embrace the life lessons of a man, a saint, who embodied the prophecy of Isaiah: “How beautiful on the mountains are the feet of those who bring good news!” (Is 52:7).
His life, like a new song, resounded in town squares and universities, bringing Christ’s light to an era marked by a thirst for Christian authenticity and the Gospel, cultural curiosity and economic growth, but also doctrinal confusion and social divisions. Today’s readings call us to rediscover our vocation: to be, like Dominic, heralds of peace, witnesses to Truth, salt that preserves, and light that illuminates.
2. The prophet Isaiah paints a vision of hope: watchmen shout for joy as they see the Lord returning to Zion (Is 52:8).
The image of the vigilant watchman perfectly captures Saint Dominic’s life, vocation, and mission. In the 13th century, as the Albigensian heresy eroded the simple faith of the people, Dominic chose not the sword but the Gospel and the peaceful power of the Word.
He walked barefoot across Europe, convinced that only the Gospel, proclaimed with charity and humility, could renew hearts. His steps were beautiful because they carried hope of peace and salvation. Dominic reminds us that we, too, are called to be messengers of hope, peace, and salvation—even here in this Holy Land where we are called to live, a land where hope too often dims, peace retreats, and far too many believe salvation can be won through the violence of weapons.
3. Paul exhorts Timothy: “proclaim the word; be persistent whether it is convenient or inconvenient” (2 Tim 4:2). St Dominic made this apostolic charge his life’s programme. Facing those who did “not tolerate sound doctrine but, following their own desires and insatiable curiosity, … stopped listening to the truth” (cf 2 Tim 4:3), he responded by founding an Order of Preachers rooted in the study of God’s Word, ceaseless prayer, and evangelical poverty—an Order anchored in the Church and passionate for the Church because it was anchored in Christ and passionate for Christ.
He feared no hardship: he slept little, journeyed tirelessly, listened intently, and preached fervently. Like Paul, he could say at the end: “I have fought the good fight” (2 Tim 4:7). His crown was not earthly triumph but a share in God’s holiness.
For us, too, time is precious. We, too, are called to bear persevering witness to the Gospel to help build peace. The Church herself shows us the foundations of our preaching and action: truth and justice, love and freedom (cf. John XXIII, Pacem in Terris, 1963).
4. In the Gospel, Jesus tells us: “You are the salt of the earth… you are the light of the world” (Mt 5:13–14). Saint Dominic took these words literally. Salt, to keep its flavor, must remain pure: this is why he chose a life of austerity, rejecting honours, comforts, and privileges. Light, to shine, must burn and Dominic burned with zeal for the salvation of souls.
Legend recounts that at his birth around 1170, his mother, Joan of Aza, dreamed of giving birth to a black-and-white puppy holding a torch in its mouth, setting the world ablaze.
That dog is your symbol, dear Dominican brothers—Domini canes, “hounds of the Lord.”
To guard the faith and proclaim it in its integrity and purity is the essence of your vocation and mission. Each of you, when preaching or even speaking, ought to hold in your mouth that torch—the Gospel Word that enlightens consciences.
Yet Dominic was not only fire: he was also gentleness. It is said he converted a heretical innkeeper not through debate but by spending an entire night in charitable dialogue.
Salt of mercy and light of truth: let us ask the Lord to grant us an abundant supply of both, that we may be “light of the world” and “salt of the earth,” as Jesus commands.
5. Dear brothers and sisters, St Dominic is no distant, unreachable figure. Like all saints, he is a companion on the journey, a friend and intercessor. We live immersed in a culture of endless distractions—a backdrop of noise and an uncontrollable flood of information. In this context, Dominic teaches us to unite contemplation and action. He reminds us that the Gospel is not defended by force but by witnessing the joy of encountering Christ, the one who holds “the words of eternal life” (Jn 6:68).
Through Dominic’s intercession, may the Lord grant us:
Amen.
