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23 dicembre 2025 - Feria di Avvento - Fr. Samuele Salvatori 

Il Vangelo del giorno meditato da Fr. Samuele Salvatori, Professore presso lo Studium Biblicum Franciscanum

23 Dic 2025

23 dicembre 2025
Feria di Avvento
Fr. Samuele Salvatori 

Il Signore vi dia pace, sono fr. Samuele Salvatori dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. 

Siamo ormai alle soglie del Natale. Mancano pochi giorni alla celebrazione del mistero dell’Incarnazione e la liturgia della Parola, con grande sapienza, ci fa sostare ancora una volta sulla soglia della promessa, presentandoci la nascita di Giovanni Battista, il Precursore. È come se la Chiesa ci dicesse: prima di contemplare il Bambino che nasce a Betlemme, fermati ad ascoltare ciò che Dio sta operando nel cuore dell’uomo. 

Il Vangelo di oggi, però, non mette al centro Giovanni, ma Zaccaria. La sua figura ci accompagna in questo tempo di Avvento come uno specchio nel quale possiamo riconoscerci. Di fronte all’annuncio dell’angelo, Zaccaria non riesce a credere. La nascita di un figlio, tanto desiderata e a lungo pregata, diventa incredibile ai suoi occhi perché egli guarda solo alla propria vecchiaia, ai propri limiti, alle evidenze umane. Zaccaria fa fatica a credere che la grazia di Dio possa ancora sorprendere, che Dio possa fare ciò che sembra impossibile. 

Non è forse anche la nostra esperienza? Anche noi oggi, come Zaccaria, facciamo fatica a credere. Guardiamo il mondo che ci circonda e vediamo guerre, violenza, odio, divisioni. Qui, nella terra di Gesù, la Terra Santa, tutto questo è ancora più evidente e doloroso. Sembra che il potere umano voglia prendere il posto del potere di Dio, che la logica della forza prevalga su quella dell’amore. Chiediamo ogni giorno al Signore la pace, ma in fondo al cuore non crediamo che lui ce la possa donare. E se siamo sinceri, non vediamo il male solo fuori di noi, ma anche dentro di noi: nel nostro peccato, nelle nostre cadute, nella difficoltà a fidarci davvero di Dio. 

Eppure, il Vangelo di oggi apre uno spiraglio di luce. Zaccaria, dopo il tempo del silenzio, ritrova la parola nel momento in cui accoglie la volontà di Dio. Lui ed Elisabetta insistono nel dare al bambino il nome di Giovanni, un nome che non viene dalla tradizione familiare, ma dalla promessa di Dio. Giovanni significa: “Il Signore ha fatto grazia”. È questa la chiave di tutto il racconto. Non sono le capacità dell’uomo a portare la salvezza, ma la grazia di Dio accolta con fede. 

Quando Zaccaria scrive quel nome, la sua bocca si apre e la sua lingua si scioglie: la fede ritrovata diventa lode. Solo chi accoglie la grazia può cantare le meraviglie del Signore. Solo chi si apre alla fede può diventare testimone. 

Alla vigilia del Natale, questo Vangelo ci invita a compiere un passo decisivo: aprire il cuore alla fede, credere che la grazia di Dio può ancora cambiare il cuore dell’uomo, può portare pace dove c’è odio, riconciliazione dove c’è divisione, speranza dove sembra regnare la disperazione. Come Zaccaria ed Elisabetta, come Maria, impariamo a fidarci della promessa. Allora anche noi, con la nostra vita, potremo cantare le lodi del Signore ed essere testimoni della sua grazia nel mondo. 

Carissimi fratelli e sorelle, pace a voi dalla Terra Santa. 

 

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