Is 49,1-6; Sal 138; At 13,22-26; Lc 1,57-66.80
1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
Il senso della nascita, della vita e della missione di Giovanni Battista è descritto in poche righe nel Cantico di Zaccaria, che cantiamo ogni giorno alle lodi mattutine e che canteremo al termine di questa celebrazione scendendo nella grotta santuario della nascita del Precursore. Zaccaria, dopo che la sua lingua è stata sciolta da nove mesi di mutismo, guardando quell’infante che gli è stato donato da Dio per pura misericordia e grazia, canta: “E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparargli le vie, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati” (Lc 1,76-77).
Per il cantico di Zaccaria la conoscenza (cioè l’esperienza) della salvezza consiste nella remissione, (cioè nel perdono) dei peccati, proprio come per un debitore insolvibile la salvezza consiste nella remissione (cioè nella cancellazione) del suo debito!
2. Questo fatto ci costringe a riflettere su cos’è il peccato e da quale peccato veniamo perdonati grazie alla venuta di Gesù Cristo al quale Giovanni apre la via. Noi diciamo sempre che il peccato è personale, e questo è vero: il peccato è un allontanamento libero e volontario da ciò che Dio ci propone come nostro vero bene. Quando andiamo a confessarci abbiamo sempre in mente qualche schema che ci aiuta a identificare in cosa consiste concretamente e in termini personali questo allontanamento: facciamo l’esame di coscienza sui dieci comandamenti, oppure sull’amore per Dio e per il prossimo, che ne è la sintesi, o su altre scalette che ci facilitano.
Quando la gente si recherà al Giordano, da Giovanni ormai adulto per ascoltare la sua predicazione e ricevere il battesimo di conversione, anche Giovanni farà esempi concreti che riguardano singole persone e intere categorie. È ancora l’evangelista Luca a raccontare questo ministero di formazione delle coscienze che Giovanni svolge mentre battezza: “Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe»“ (Lc 3,10-14).
3. La risposta di Giovanni alle domande delle persone che accorrono a lui è molto interessante, perché sintetizza in tre categorie sociologiche tutte le possibili mancanze contro il prossimo, proprio come nel vangelo delle tentazioni vengono sintetizzate in tre categorie religiose tutte le possibili mancanze contro Dio.
Così Giovanni ci ricorda che la radice di ogni mancanza contro il prossimo sta nell’egoismo che ci chiude in noi stessi, ci porta a vedere solo i nostri bisogni e a volerci appropriare di tutto, e in questo modo ci rende insensibili ai bisogni degli altri; l’egoismo che ci rende avidi in termini personali e poi in termini sociali e collettivi; l’egoismo che ci rende violenti e ci porta ad abusare della nostra posizione e prevaricare sui più deboli.
4. Zaccaria, nel versetto del cantico che dedica alla remissione dei peccati, ci ricorda però che non esiste solo una dimensione personale del peccato, ma anche una dimensione collettiva e una specie di accumulo storico e sociale del peccato, che ci riguarda collettivamente, come popolo e – potremmo dire – anche come umanità. Giovanni, infatti, è chiamato a “dare al suo popolo (al popolo di Dio) la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati”.
Non c’è solo un nostro peccato personale, ma esiste anche la nostra partecipazione personale a un peccato che è collettivo e che ci riguarda perché siamo immersi in quelle che il santo papa Giovanni Paolo II ha chiamato strutture di peccato. Esse, diceva papa Wojtyła, “si radicano nel peccato personale e, quindi, son sempre collegate ad atti concreti delle persone, che le introducono, le consolidano e le rendono difficili da rimuovere. E così esse si rafforzano, si diffondono e diventano sorgente di altri peccati, condizionando la condotta degli uomini” (SRS 36).
5. Le strutture di peccato hanno perciò un radicamento nelle scelte personali ma trovano poi un’espansione e un’espressione a livello sociale e globale. Giovanni Paolo II, proprio come il Battista nella sua predicazione penitenziale, le identifica in scelte di «egoismo» e di «corta veduta», in «calcoli politici sbagliati», e «decisioni economiche imprudenti»; «nella brama del profitto e della sete del potere». Pensiamo anche solo al conflitto in mezzo al quale ci troviamo e ai conflitti che affliggono oggi tante, troppe, parti del mondo: non sono forse frutto di scelte di egoismo e di corta veduta, di calcoli politici sbagliati, di decisioni economiche fatte sulla pelle degli altri, di brama del profitto e di sete di potere? Con quale risultato? E noi che ci troviamo immersi in questo contesto quale coscienza abbiamo di essere immersi in strutture di peccato che a nostra volta, non raramente, giustifichiamo e alimentiamo?
6. La conclusione a cui giunge il santo papa è che “Questi atteggiamenti e «strutture di peccato» si vincono solo-presupposto l’aiuto della grazia divina-con un atteggiamento diametralmente opposto: l’impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a «perdersi» a favore dell’altro invece di sfruttarlo e a «servirlo» invece di opprimerlo per il proprio tornaconto” (SRS 38).
Ecco di cosa abbiamo bisogno: di accogliere ancora una volta l’invito a conversione di Giovanni Battista che apre i nostri occhi e illumina le nostre coscienze e abbiamo bisogno di far esperienza delle viscere di misericordia che Dio manifesta donandoci suo Figlio, Gesù, sole che sorge dall’alto per illuminare in termini personali e collettivi le nostre tenebre mortali; Gesù, l’unico capace di guidarci sulla via della pace perché ci riconcilia al Padre e tra di noi nel suo stesso sangue, cioè donando la sua vita e ponendo un atto di amore infinito, capace di riscattarci dal nostro egoismo personale e collettivo, dalla nostra insensibilità alla sofferenza del prossimo, dalla nostra avidità insaziabile, dalla sete di potere e dall’illusione della violenza.
7. Usiamo anche noi le parole di Zaccaria per benedire Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, per averci voluto donare in Giovanni Battista un autentico profeta, capace di interpretare il momento storico nel quale lui è vissuto e capace di aiutarci a interpretare anche il momento storico in cui noi stiamo vivendo.
Benediciamo Dio, che in Giovanni Battista ci ha voluto donare un bambino, uno che ha scelto di rimanere sempre piccolo, per non prendere il posto dell’unico Salvatore: Gesù.
Benediciamo Dio perché ha voluto mandare Giovanni Battista innanzi al suo stesso Figlio a preparargli le vie, per dare a noi suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei nostri peccati.
Benediciamo Dio e chiediamogli la grazia di poter sperimentare personalmente e come intera umanità la conoscenza della salvezza nella remissione dei nostri peccati e di poter finalmente camminare, come umanità riconciliata, sulla via della pace. Così sia.