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Necessità e limite dell’autorità secolare

Festa della Repubblica Italiana

2025-06-01

Gerusalemme - San Salvatore

At 7,55-60; Ap 22,12-14.16-17.20; Gv 17,20-26

Eccellenze, carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

1. Per comprendere il senso del celebrare oggi l’Eucaristia per una comunità nazionale come l’Italia è bene richiamare alla memoria quanto scriveva papa Giovanni XXIII nell’enciclica “Pacem in Terris” ormai 62 anni fa: “La convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente un’autorità che assicuri l’ordine e contribuisca all’attuazione del bene comune in grado sufficiente” (PiT, 26).

I testi biblici, la tradizione cristiana e la Dottrina Sociale della Chiesa ci ricordano sia l’importanza e la necessità sia il limite dell’autorità secolare e del potere politico.

L’autorità secolare e il potere politico, che nell’antichità si esprimevano nella forma del regno e oggi sempre più nella forma delle democrazie liberali, hanno sempre avuto il significato profondo di garantire un’ordinata e feconda convivenza tra le persone ed hanno sempre avuto come orizzonte la realizzazione del bene comune.

Per questo motivo sia i filosofi, sia la grande letteratura, sia i testi sacri hanno sempre ritenuto una degenerazione del senso autentico dell’autorità un potere fine a se stesso, un potere che opprime il popolo anziché promuoverne il bene, un potere che prevarica la coscienza delle persone e degli individui.

2. Nella cultura greca è emblematico il caso rappresentato da Sofocle (V secolo a.C.) nella tragedia dell’Antigone. La protagonista decide di seppellire il cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte, che l’ha vietato per legge. Antigone contesta la legge positiva in nome di una legge divina che lei scopre scritta nella sua coscienza e dice al re: “Non veniva da Zeus la tua legge; né la Giustizia che convive con gli dèi di sotterra l’aveva stabilita per i mortali. Né credevo che i tuoi decreti potessero avere tanta forza da abrogare quella delle leggi non scritte degli dèi, quelle leggi che non solo oggi o ieri, ma sempre vivono e nessuno sa quando apparvero” (Sofocle, Antigone, Einaudi vv 450ss, tr. M. Cacciari).

3. Nel Nuovo Testamento sono Pietro e Giovanni a rivendicare libertà di coscienza e di parola e a contestare le disposizioni date dal Sinedrio di non predicare che Gesù è risorto, e lo fanno con parole simili, anche se più brevi di quelle di Antigone: “Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi” (cfr At 4,19). È per lo stesso motivo che Stefano muore, ed è per lo stesso motivo che i cristiani dei primi secoli preferiscono il martirio, come mette in luce l’Apocalisse, piuttosto che conformarsi a leggi che vanno contro la loro coscienza e contro l’insegnamento divino. I martiri dei primi secoli sono tutti autentici obiettori di coscienza, ma hanno fatto questo senza mai negare la legittimità di un’autorità ordinata al bene della società, dei popoli e delle persone.

4. Anzi, i testi biblici non solo riconoscono il valore dell’autorità secolare (Gesù per primo ricorda che è importante “dare a Cesare ciò che è di Cesare ma a Dio ciò che è di Dio” Mt 22,21) ma anche invitano a pregare per coloro che governano. È anche questo un modo per ricordare all’autorità i propri limiti in epoche in cui l’autorità viene divinizzata e idolatrata.

Paolo, che morirà martire a Roma nel 67, è il primo che invita a pregare per i governanti. Questo tipo di apprezzamento critico dell’autorità continuerà lungo i secoli, fino ai nostri giorni, e vedrà cristiani imprigionati e uccisi perché non si sono adeguati a quelle forme di autorità che, trasformando in idolo il potere e/o lo stato, non avevano né l’orizzonte del bene comune né quello del rispetto per la persona e la sua coscienza: i totalitarismi del ‘900, frutto di ideologie che idolatravano lo stato, come ebbe a denunciare in anticipo papa Pio XII nell’enciclica “Summi Pontificatus” del 20 ottobre 1939, avrebbero prodotto “in migliaia di famiglie… morte e desolazione, lamento e miseria”.

Lo stesso continuano a fare oggi coloro che ritengono che la propria autorità e il proprio potere non abbiano limiti e non debbano tener conto né del rispetto degli ordinamenti civili degli stati né delle leggi internazionali, e nemmeno del bene comune delle società che governano, del rispetto per la vita delle persone e dell’orientamento della loro coscienza.

5. La prospettiva che ci offre il vangelo di questa domenica ci fa fare un passo ulteriore proponendoci come orizzonte quello della comunione tra le persone. È chiaro che la preghiera di Gesù per i suoi discepoli non è una preghiera astratta che non tenga conto delle differenze esistenti tra di loro, ma nella prospettiva della Pasqua e dell’azione dello Spirito Santo, le differenze non portano al conflitto bensì alla comunione. Un vescovo italiano, operatore di pace e prematuramente scomparso, don Tonino Bello, parlava della convivialità delle differenze. Nella Chiesa parliamo di comunione, cioè di un’unione profonda che si realizza tra le persone e che realizza contemporaneamente il bene comune e il bene delle persone. In termini cristiani questa comunione è frutto della preghiera che Gesù rivolge al Padre per noi e dell’azione dello Spirito Santo.

Questa stessa capacità di realizzare il bene comune e il bene delle persone in una convivialità delle differenze è e dovrebbe diventare sempre più anche un obiettivo politico, dal momento che ci troviamo a vivere in un contesto nel quale le differenze o sono armonizzate e allora produrranno convivialità o sono esasperate e allora produrranno conflitto.

6. Possa l’Italia, anche in virtù delle sue radici classiche e cristiane, essere un modello di organizzazione statale e di gestione dell’autorità capace di garantire davvero il bene comune e il rispetto delle singole persone.

A questo fine concludo facendo mia una delle più antiche preghiere per i governanti, che risale a san Clemente Romano, che fu papa dal 92 al 99 d.C. e morì martire in esilio a Cherson in Crimea nel 101:

O Signore, dona loro salute, pace, concordia, costanza, affinché possano esercitare, senza ostacolo, il potere sovrano che loro hai conferito. Sei tu, o Signore, re celeste dei secoli, che doni ai figli degli uomini la gloria, l’onore, il potere sulla terra. Perciò dirigi tu, o Signore, le loro decisioni a fare ciò che è bello e che ti è gradito; e così possano esercitare il potere, che tu hai loro conferito, con religiosità, con pace, con clemenza, e siano degni della tua misericordia” (San Clemente Romano, Epistula ad Corinthios, 61, 1-2:).

Buona festa dell’Italia.

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