“Non lontano (da Cafarnao) si vedono i gradini di pietra, sui quali stette il Signore. Là, presso il mare, c’è una campagna erbosa con fieno abbondante e molte palme e, lì vicino, sette sorgenti ognuna delle quali emette infinita acqua; in questa campagna il Signore saziò una moltitudine con cinque pani e due pesci. La pietra su cui il Signore depose il pane è divenuta un altare… Presso le pareti di quella chiesa passa la via pubblica, dove Matteo ebbe il suo telonio. Sul monte vicino c’è un luogo dove il Signore salì per dire le Beatitudini”. Questo testo, conservato in un opuscolo medievale sui luoghi santi e attribuito alla pellegrina Egeria (381-384 d. C.), costituisce la migliore attestazione dei ricordi cristiani di Tabgha, il cui nome proviene dalla deformazione del greco Heptàpegon (sette sorgenti).
Nella pianura, tra le sorgenti, è situata la chiesa della moltiplicazione dei pani (rimessa in luce nel 1932 dal benedettino E. Mader), coi suoi antichi mosaici di genere nilotico e la celebre roccia sotto l’altare davanti alla quale sono rappresentati il pane e i pesci che servirono a Gesù per sfamare la moltitudine. Sul monte vicino sorge il santuario delle Beatitudini: quello antico, più in basso, presso la strada (scavato nel 1936 da padre B. Bagatti) e quello nuovo (arch. A. Barluzzi, 1938) sopra un poggio più elevato.