Omelia di fr. Alessandro Coniglio - Betfage, 1 aprile 2023 | Custodia Terrae Sanctae

Omelia di fr. Alessandro Coniglio - Betfage, 1 aprile 2023

Peregrinazione a Betfage: Zc 9,9-10; Sal 68,30-31.33-35; Fil 2,5-11; Lc 19,28-40

Carissimi fratelli e sorelle, il Signore vi dia pace!

La celebrazione odierna ci proietta già nel giorno di domani, e dunque ci introduce nella settimana di Passione, con un giorno di anticipo, perché domani saremo al S. Sepolcro per la S. Messa, e rischieremmo di perdere la coincidenza di tempo liturgico e luogo santo, così propria delle celebrazioni custodiali.

Oggi dunque facciamo memoria dell’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme, da questo Monte degli Ulivi, da questa cittadina di Betfage. L’episodio è noto, e domani ripercorreremo la discesa dal Monte ripetendo il gesto compiuto dalle folle in quel giorno di duemila anni fa.

La parola di Dio ci fornisce delle piste per entrare più profondamente nel senso di questa celebrazione. La I lettura, infatti, dal profeta Zaccaria, ci ha ricordato che già in antico gli Israeliti aspettavano la venuta del re di Gerusalemme, su un asino, un puledro “nuovo”, come si esprime la versione greca di Zc 9,9. Questo re giusto e salvatore, sempre secondo la versione greca (o, secondo l’ebraico, salvato da Dio in battaglia, e quindi vincitore, vittorioso) viene nell’umiltà, come dimostra la sua cavalcatura, che però, in antico era stata già la cavalcatura dei patriarchi (cfr. Gen 22,3 per Abramo), di Mosè (Es 4,20) e soprattutto del re Salomone, proprio nel giorno della sua investitura (1Re 1,33.38.44), e dunque resta una cavalcatura regale. Anche nella benedizione di Giacobbe ai suoi figli (Gen 49,10-11), l’asino è associato a Giuda, del quale si predice che tutti i popoli obbediranno a lui. L’ingresso di questo re messia, annunciato dalle profezie, porterà giubilo e gioia nella città santa, perché egli annuncerà la pace alle genti, cioè, ricomporrà i dissidi e le guerre, che hanno da sempre travagliato l’umanità, e assumerà un dominio universale (“da mare a mare e dal Fiume sino ai confini della terra”, Zc 9,10, come già in Sal 72,8, nel contesto di altre immagini di messianismo regale). Questo re pacifico compirà le aspirazioni di giustizia e pace, che albergano da sempre nei cuori degli uomini.

Ma in che senso noi possiamo dire che Gesù abbia realizzato queste attese messianiche dell’Antico Testamento? Quanto si è realizzato, nella vicenda umana di Gesù di Nazareth, di quello che le profezie messianiche annunciavano? Apparentemente la settimana che segue a questo ingresso di Gesù a Gerusalemme sembra contraddire quanto la liturgia di questo giorno di annuncia: Gesù non solo non sarà acclamato più re, ma conoscerà un destino di morte e di rifiuto da parte del suo popolo…

Forse una chiave ulteriore per comprendere meglio in che senso Gesù realizza le attese veterotestamentarie ci viene dal grido della folla in quella domenica delle palme: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!” (Lc 19,38). Gesù è stato acclamato re, e l’aspettativa è che con lui venga finalmente la pace celeste! Ma la folla acclama Gesù quale re messia citando il Sal 118. In esso si loda Dio perché il suo amore è per sempre (Sal 118,1-4.29), perché egli è l’aiuto e la salvezza di chi lo invoca (Sal 118,13-14.21). Questo provoca “grida di giubilo e di vittoria/salvezza” (Sal 118,15) per tutti i prodigi del Signore (Sal 118,15-16), esattamente come fa la folla al passaggio di Gesù (Lc 19,37). E poi, al v. 26 del salmo, si dice che è “benedetto colui che viene nel nome del Signore”, versetto ripreso nel grido dei discepoli a Gesù (Lc 19,38). La citazione del Salmo 118 è ancora più esplicita nei paralleli di Mc 11,9-10 e Mt 21,9, perché si cita anche il versetto precedente (Sal 118,25): “Ti preghiamo, Signore: dona la salvezza (הוֹשִׁיעָה נָּא, da cui ‘Osanna’)! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria!”.

Questo Sal 118, del resto, è uno dei più citati nel Nuovo Testamento per rileggere alla sua luce l’esperienza di Gesù di Nazareth. Il v. 22, che recita: “La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo”, lo troviamo, nel contesto della parabola dei vignaioli omicidi, in Mt 21,42 (e i paralleli di Mc 12,10 e Lc 20,17); At 4,11 (“Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo”), Ef 2,20 (“…edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù”), 1Pt 2,4.7 (“Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio… Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo”) e alluso forse in 1Cor 3,11 (“Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo”). L’interesse per il Sal 118 nel Nuovo Testamento è dovuto al fatto che esso ci descrive perfettamente la dinamica di rigetto che Gesù ha dovuto subire da parte delle guide del suo popolo, ma ci annuncia già anche la sua vittoria sulla morte: “Non morirò, resterò in vita e annuncerò le opere del Signore. Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte” (Sal 118,17-18). Gesù è quindi la pietra di fondazione, la pietra angolare, la pietra di vertice, che, rifiutata dai costruttori, sarà impiegata da Dio stesso per edificare l’opera meravigliosa della salvezza, attesa da tutte le genti. Ecco la vittoria e la salvezza di Dio, invocata dal salmo e dalle folle: Osanna! Ti preghiamo, dona la salvezza! Gesù viene nel nome del Signore, carico della sua benedizione, quale re di pace, che opera e realizza la salvezza messianica, preconizzata da Zaccaria e dal salmista.

Questa dinamica di rifiuto da parte degli uomini, ma di accreditamento da parte di Dio, l’abbiamo sentita descrivere da Paolo nella II lettura, nel celebre inno di Filippesi 2: Cristo Gesù, “pur essendo nella condizione di Dio… svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”. Qui, nei vv. 6-8, vediamo l’aspetto di umiliazione vissuto dal Figlio di Dio nella sua incarnazione, prima, e poi nel vertice di questo svuotamento di sé del Verbo incarnato, che è la sua morte infamante sulla Croce. Ma è chiaro che questa non è la conclusione definitiva della vicenda umana di Gesù messia, di Gesù in quanto Cristo: “Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami «Gesù Cristo è Signore!» a gloria di Dio Padre” (Fil 2,9-11). Ecco il rovesciamento delle sorti compiuto da Dio stesso nei confronti del suo servo. In queste peregrinazioni quaresimali ci ha spesso accompagnato la figura del servo sofferente di Isaia, che subisce la passione e la morte, ma a cui Dio promette una vittoria strepitosa: “Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti… perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte…” (Is 53,11-12).

Nel suo ingresso messianico a Gerusalemme, Gesù viene allora acclamato come re, perché la folla si proietta già nel momento della vittoria del messia, che seguirà al suo rifiuto e alla sua apparente disfatta. Gesù è re e vittorioso, proprio perché ha spogliato e umiliato se stesso fino alla morte. “Andiamo anche noi a morire con lui”, abbiamo sentito dire a Tommaso nel Vangelo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11,16). Uniamoci anche noi allo spogliamento e all’umiliazione del Figlio di Dio per poter regnare con lui nella vita. Come ci suggerisce 1Pt 2,4-5, edifichiamo il nostro edificio spirituale sulla pietra viva che è Cristo quali pietre vive, e come le folle osannanti, offriamo anche noi sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo, re e Signore della storia e della vita di ciascuno di noi! Partecipiamo con fede alla sua Passione, nella settimana che ci sta di fronte, per partecipare anche alla gloria della sua risurrezione, della sua salvezza dal peccato, della sua vittoria sulla morte! Amen.