Proprio in questi giorni, a Gerusalemme, si celebra Pesach – la Pasqua ebraica – che ricorda la liberazione del popolo israelita dalla schiavitù in Egitto.
In questi stessi giorni, i Cristiani si preparano alla Pasqua di Resurrezione con i riti della Settimana Santa. La solennità di questi giorni, che faranno memoria degli eventi più drammatici e gloriosi dell’esperienza umana del Figlio di Dio, è scandita dal canto della “Passio Christi”.
Hic. Qui. Nei luoghi dove tutto accadde, nella Città Santa dove tutto è cominciato più di duemila anni fa, gli eventi della Passione di Cristo vengono declamati così come li riportano i quattro Vangeli. Tre lettori, sull’altare, cantano in latino gli ultimi giorni della vita di Gesù durante le Messe solenni celebrate la Domenica delle Palme, Martedì, Mercoledì e Venerdì Santo. Il percorso verso la Pasqua, che si fa più intenso a partire dal Giovedì con la memoria dell’Ultima Cena, non è mai “vuoto” a Gerusalemme e il canto della Passione è una delle forme in cui si manifesta la preparazione al momento che è fondamento della fede cristiana. Un rito in cui la lettura della Parola di Dio si intreccia al movimento dei fedeli in assemblea, che ascoltano in piedi, si siedono, si inchinano nel momento della morte di Cristo per poi di nuovo alzarsi.
Dopo il Vangelo di Matteo, declamato domenica, questa mattina alle 7.30 la Cappella della Flagellazione è stata cornice – in occasione della Messa celebrata dal Vicario della Custodia fra Artemio Vitores – della Passione secondo Marco. Domani al Getsemani saranno cantate le parole di Luca, per terminare con l’evangelista Giovanni nel giorno di venerdì.
In questo Martedì Santo, sotto il sole velato di una giornata più fresca di quelle che l’hanno preceduta, il rito ha raccolto i Cristiani latini di Gerusalemme dentro e fuori la piccola chiesa che sorge nel luogo in cui la tradizione colloca la flagellazione e la condanna a morte di Gesù e che oggi è il punto di partenza delle Viae Crucis dei pellegrini.