La nascita del Salvatore a Betlemme | Custodia Terrae Sanctae

La nascita del Salvatore a Betlemme

Natale - Messa della notte

Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA  e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". 

«Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Lc 2,10-11

Is 9,1-6; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14

Il tono prevalente nelle letture della Messa della notte è quello della gioia. Il profeta Isaia ce ne spiega il motivo: “Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9,5-6). Il Messia atteso dal popolo d’Israele e dall’intera umanità, con la sua nascita diffonderà luce e gioia, riconciliazione e pace.

Il vangelo di Luca racconta il compiersi della profezia. Quel bambino della stirpe di Davide, annunciato e promesso come Messia, è nato a Betlemme. È nato da Maria, la sposa di Giuseppe. È nato in un contesto di povertà e semplicità ma anche di attenzione e di amore: “(Maria) diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7). Anche se il vangelo di Luca non lo dice, questo luogo è la grotta sulla quale è stata poi costruita nel IV secolo la basilica della Natività e dove i cristiani locali hanno mantenuto viva per due millenni la memoria del mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio: “Già il martire Giustino, nato a Nablus attorno al 100 d.C., scriveva attorno all’anno 150 che Gesù era stato partorito in una grotta presso Betlemme. Nel Vangelo in realtà non si descrive una grotta bensì una stalla, ma è una contraddizione solo apparente perché le grotte erano spesso utilizzate a tale scopo, magari aggiungendo un’abitazione immediatamente all’esterno della roccia” (G. Geiger, Terra Santa, TSE, p. 564).

Nella seconda parte del racconto abbiamo l’annuncio ai pastori della nascita di Gesù e il canto del “Gloria”. Il luogo che conserva la memoria di questo avvenimento è chiamato ancora oggi “il Campo dei Pastori” e dista circa mezz’ora a piedi dalla Grotta di Betlemme. Anche nell’annuncio dell’angelo ai pastori risalta la novità della gioia annunziata ai poveri: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10-11). Il segno della nascita del Messia non è qualcosa di grandioso, ma ancora una volta qualcosa di semplice: l’umanità di un bambino in fasce, che giace in una mangiatoia.

Alla gioia della nascita del Cristo corrisponde poi il canto delle schiere angeliche: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (v. 14). È un ritornello breve ma ricco di significato: perché l’umanità – che è oggetto dell’amore e della benevolenza di Dio – possa sperimentare pace in modo vero, occorre che sia riconosciuto e onorato Dio nel più alto dei cieli. Detto in altri termini: la pace vera è espressione dell’amore di Dio per l’umanità, lo scopriremo quando Luca ci porterà da Betlemme a Gerusalemme, nel Cenacolo e sul Calvario. Ma per poter sperimentare la pace dovremo prima aver riconosciuto a Dio, che si manifesta in un bambino, il posto più alto nella nostra vita.

di fr. Francesco Patton, ofm

Custode di Terra Santa