La felicità di piacere a Dio | Custodia Terrae Sanctae

La felicità di piacere a Dio

IV Domenica del Tempo Ordinario A

«Beati i poveri in spirito». (Mt 5,3)

Sof 2,3; 3,12-13; 1Cor 1,26-31; Mt 5,1-12a

  1. Eccellenza, carissimi cavalieri e dame, carissimi fratelli e sorelle,

il Signore vi dia pace.

Le letture di questa domenica sono collegate tra loro dal radicale anticonformismo che le caratterizza. È l’anticonformismo tipico della profezia che invita a un capovolgimento di mentalità. La cosa interessante è che ciò che era anticonformismo profetico ai tempi di Sofonia, lo era anche ai tempi di Gesù, lo era ai tempi di san Francesco d’Assisi e lo è ancora oggi.

  1. Il profeta Sofonia (VII sec. a.C.) parlava a un popolo piegato e umiliato, continuamente minacciato dalle superpotenze di allora (Egitto e Assiria-Babilonia). Un “resto” avrebbe imparato da questa umiliazione quel che non aveva saputo imparare nel tempo della prosperità: a cercare la giustizia, cioè a cercare di fidarsi di Dio, prendendo sul serio l’alleanza con Lui, anziché fidarsi di alleanze con superpotenze umane. Avrebbe imparato ad amare la verità, la sincerità, a cercare il Signore. Per il popolo d’Israele questa umiliazione avrebbe avuto un carattere pedagogico. Non sarebbe stata certo una situazione felice, ma la premessa per una comprensione della felicità autentica, che è la felicità di piacere a Dio.
  2. Senza volere esagerare mi sembra che questa situazione sia molto simile a quella che stiamo vivendo in Terra Santa e in buona parte dei paesi del Medio Oriente. Le nostre comunità sono piccole: in Israele e Palestina siamo appena il 2%, in Iraq, Siria e Libano la nostra presenza è stata ridotta drasticamente dalle guerre degli ultimi 50 anni. Eppure sento di poter affermare che le nostre comunità cristiane sono ancora comunità vive; e sento di poter affermare che il Signore sta educando anche noi – che siamo un piccolo resto – a fidarci sempre più di lui, a vivere la nostra fede in modo umile, a non contare troppo su calcoli politici o sulla sensibilità cristiana dei paesi occidentali.
  3. Il brano del Vangelo di Matteo ci porta in uno dei luoghi più belli e suggestivi della Terra Santa, ci porta sul monte delle “beatitudini”, che in realtà è una collina ricoperta di prati, che discende dolcemente verso il Lago di Galilea. È a due passi dalla chiesa della moltiplicazione dei pani e dalla spiaggia dove Gesù risorto ha chiesto per tre volte a Pietro “Mi ami?”. È a pochi chilometri da Cafarnao e da Magdala. È un posto dove oggi sorge una chiesa ottagonale, proprio per richiamare le otto beatitudini trasmesse dall’evangelista Matteo.
  4. Il brano che abbiamo letto è certamente uno dei più famosi, ha affascinato Gandhi e l’ha aiutato a elaborare il suo pensiero in cui non violenza e amore per la verità si sposano. È un brano che ha anche irritato uno dei padri della filosofia moderna, Friedrich Nietzsche, che pensando alle beatitudini e al Crocifisso diceva che il cristianesimo è la religione dei perdenti, di quelli che hanno rinunciato a vivere la vita con le sue pulsioni più sanguigne.

Gesù, in realtà, ci ricorda che ci sono situazioni nelle quali possiamo fare una speciale esperienza della vicinanza di Dio. Sono situazioni che nella prospettiva del mondo pensiamo vadano evitate. Perché di fatto, per la mentalità comune, e forse anche per noi quelli felici sono ben altri: quelli che hanno soldi e beni, quelli che sanno farsi valere, quelli che stanno bene, quelli che hanno sete di successo o di potere piuttosto che di giustizia, quelli più forti, quelli che non si espongono troppo per questo o quel valore e invece – magari dicendo banalità – hanno un buon seguito sui social come influencer.

 

  1. Ma le persone dichiarate beate da Gesù non sono felici per il puro e semplice fatto di essere povere o sofferenti, non sono felici semplicemente perché accettano anche di subire l’ingiustizia pur di stare dalla parte della verità, o solo perché rifiutano di farsi valere con la forza e accettano di essere perseguitati pur di non rinnegare che sono suoi discepoli.

In tutte queste situazioni, noi siamo felici solo se sappiamo fidarci di un Dio che è Padre, perché allora possiamo sperimentare che Lui ci è particolarmente vicino e interviene per noi. La felicità non è la conseguenza automatica dell’essere dei “poveri perdenti”, ma è frutto del vivere tutte queste situazioni fidandoci di Dio: perché allora sperimentiamo che Dio, interviene dando alla nostra vita un senso e una pienezza che il ricco, il forte, il prepotente, chi pensa di potersi imporre non potrà mai sperimentare.

Se ci fidiamo del Padre allora noi viviamo queste situazioni con la stessa gioia e leggerezza con cui un bambino affronta qualsiasi pericolo e difficoltà accanto al suo papà. La spiegazione più bella di cosa significa questa pagina evangelica è forse il film “La vita è bella” di Roberto Benigni. Il padre che ama il proprio figlio riesce a renderlo felice perfino nella situazione più disperata; e il bambino che ha un’infinita fiducia nel proprio papà riesce a trovare la forza di vivere felice anche nella realtà più difficile.

  1. Per capire la felicità paradossale del Vangelo, vale la pena imprimere nella memoria anche un paio di frasi della seconda lettura. Paolo ricorda ai Corinzi la loro situazione di partenza: “non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili” (1Cor 1,26). Perché mai allora Dio ha voluto che il suo vangelo giungesse ai Corinti e desse un senso alla loro vita? Perché – è sempre Paolo a dircelo: “quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio” (1Cor 1,27-29).
  2. Alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato in questa celebrazione dobbiamo forse chiederci che cosa Dio ci sta insegnando, anche come Chiesa, in questo tempo in cui come cristiani veniamo continuamente umiliati. Io credo che Dio ci stia educando a tornare a fidarci di Lui, a cercare la giustizia e l’umiltà, la povertà e la mitezza, la capacità di subire la persecuzione rimanendo fedeli a Lui e rimanendo in pace. Credo che il Signore ci stia educando a cercare la felicità di piacere a Lui e solo a Lui, senza preoccuparci di avere troppi “like” davanti al mondo.