Figlio, Agnello e Servo | Custodia Terrae Sanctae

Figlio, Agnello e Servo

II domenica TO A – Anno C

Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA  e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". 

«Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». (Gv 1,34)

Is 49,3.5-6; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34

È sempre importante scoprire il senso profondo delle parole, per evitare che esse si svuotino e diventino banali. Ma lo è ancor di più quando si tratta di parole che ricorrono nel vocabolario biblico e liturgico e che spesso utilizziamo senza troppo riflettere. Questa domenica ricorre sulle labbra del Battista una parola che nell’originale aramaico (la lingua parlata da Gesù) può voler dire contemporaneamente agnello, servo e figlio.

In Gesù ci viene indicato anzitutto colui che realizza le profezie di Isaia. Infatti, la prima lettura riporta uno dei canti del Servo del Signore, che fa risaltare la portata universale della sua missione. Accanto a questo andrebbe letto il capitolo 53 di Isaia, nel quale il Servo del Signore è raffigurato mentre si carica dei peccati del popolo e si offre innocente come un agnello condotto al sacrificio, per portare perdono e salvezza al suo popolo e all’umanità. Le profezie di Isaia raffigurano costantemente il Servo del Signore nella sua missione in rapporto al popolo d’Israele ma anche in rapporto alle nazioni straniere (cfr. Is 49,6).

La missione del Servo del Signore è descritta perciò sia da Isaia che da Giovanni Battista con una prospettiva universalista. Giovanni, infatti, identifica in Gesù “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, cioè colui che toglie la situazione di peccato nella quale ogni uomo e l’umanità intera si trovano immersi, e la elimina. Proprio perché riconosce in Gesù colui sul quale è disceso e rimane lo Spirito, lo confessa anche come “Figlio di Dio” (Gv 1,34) che battezza nello Spirito Santo.

Se il libro di Isaia profetizza sulla figura del Servo e sul suo ruolo, se il Battista lo identifica presente nel mondo come “l’Agnello di Dio” e “il Figlio di Dio” e gli rende testimonianza, l’apostolo Paolo riconosce che quanto era stato profetizzato si è realizzato e comincia a diffondere i suoi effetti salvifici nei vari luoghi dove il Cristo è annunciato e reso presente dalla Chiesa nascente attraverso il battesimo e il dono dello Spirito Santo. Paolo saluta i cristiani di Corinto in questo modo: “a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo” (1Cor 1,2).

Questa domenica, nella partecipazione alla Messa, facciamo perciò particolare attenzione al momento in cui il sacerdote ci presenterà l’ostia consacrata proprio servendosi delle parole del Battista, leggermente modificate, e associate una frase dell’Apocalisse (Ap 19,9): “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo: beati gli invitati alla cena dell’Agnello”. Dal punto di vista fisico siamo di fronte a poco pane, ma gli occhi della fede ci fanno comprendere che siamo di fronte a colui che è il Figlio di Dio, che per amore nostro si è fatto Servo e Agnello, per riconciliarci al Padre e tra di noi, per far nascere un’umanità nuova dal dono di sé che Lui ha fatto con infinito amore.

di fr. Francesco Patton, ofm

Custode di Terra Santa