Gn 3,9-15; Sal 129; 2Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35
Eccellenze, Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
Noi che viviamo in questa Città Santa comprendiamo particolarmente bene la distinzione tra una Gerusalemme terrena, alla quale siamo legati, nella quale abitiamo, che amiamo e una Gerusalemme celeste che dovrebbe ispirare la vita della Gerusalemme terrena e che al compimento della storia si manifesterà come la realizzazione del sogno di Dio, che è sogno di pace, di fraternità, di unità tra tutti i suoi figli.
Un cantautore laicissimo come Francesco Guccini, nella sua canzone Cirano, ha usato un verso di un’ironia tagliente per descrivere i limiti del ripiegamento su un orizzonte puramente terreno: “E voi materialisti, col vostro chiodo fisso / che Dio è morto e l’uomo è solo in questo abisso / la verità cercate per terra da maiali / tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali”.
Non dimentichiamo inoltre che la Patria non è un concetto astratto, ma una realtà concreta, fatta di persone, di comunità civili, di valori umani, culturali e religiosi che hanno plasmato ognuno di noi.
Nel corso di quest’ultimo anno, segnato dalla pandemia del Covid-19 il nostro Paese è stato tra i primi ad essere colpiti ed è stato anche tra quelli che sono stati colpiti più duramente. Al tempo stesso, proprio in questo contesto abbiamo visto di cosa ha bisogno un Paese per poter superare una prova tanto difficile: ha bisogno di unità ed ha bisogno che le persone, ciascuno secondo i propri ruoli, compiti e capacità, si assumano le proprie responsabilità.
In questo caso mi vengono da fare due sottolineature.
La prima è una sottolineatura del valore dell’unità, evidenziato da Gesù nel replicare a quanti lo accusavano di agire nel nome del capo dei demoni. La replica di Gesù è proverbiale: “Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà stare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi”.
Ogni organismo sociale ha bisogno di unità, che non significa uniformità o eliminazione delle differenze. Questo lo sapeva sia un servitore della Repubblica romana del V secolo a.C. come Menenio Agrippa, sia un ebreo cosmopolita fondatore di Chiese come san Paolo, sia san Clemente romano terzo successore di Pietro sulla sede di Roma. Tutti costoro propongono il corpo umano come modello di unità organica nella differenza, nell’articolazione e nel servizio reciproco, sia che si tratti di comunità civile che di comunità ecclesiale.
Più che mai oggi, anche il nostro Paese e il nostro popolo hanno bisogno di coltivare una unità organica, articolata, che abbia un’ispirazione valoriale forte com’è quella data dalla Costituzione e istituzioni capaci di rappresentare l’unità e di fare in modo che la dialettica politica non degeneri portando alla divisione.
È quello che noi chiamiamo il racconto del “peccato originale”: dalla incapacità di fidarsi di Dio deriva poi l’incapacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e l’incapacità di vivere in modo autentico le relazioni fondamentali. In certo qual modo il racconto del peccato originale mette in luce anche l’infantilismo dello scaricabarile, che è appunto l’incapacità di assumersi la responsabilità personale delle proprie azioni, scaricandola addosso ad altri.
Per il buon funzionamento di un Paese, come di una comunità, ci vuole, invece, il coraggio di assumersi le proprie responsabilità personali: ciascuno secondo le proprie capacità e secondo il proprio compito e ruolo. È stata questa la grande lezione del dopoguerra, quando tutti, dai politici fino ai cittadini più semplici, si diedero da fare. È stato questo, almeno in parte, ciò che anche la pandemia ci ha insegnato, come ricordava papa Francesco. Speriamo e preghiamo che il senso di responsabilità personale cresca sempre più, sia nella popolazione civile, sia nelle istituzioni e in coloro che le rappresentano, sia nelle comunità che compongono il Paese.
Chiediamo perciò al Signore ogni bene per l’Italia e chiediamo che sappia vivere questa sua vocazione a essere promotrice di comunione tra tutti i Paesi e tra tutti i popoli e le culture, a servizio di una fraternità davvero universale.
Così sia.