Nm 21,4-9; Sal 95,10-13; Fil 2,5-11; Gv 3,13-17
il Signore vi dia pace!
Quest’anno la festa del ritrovamento della Santa Croce e le letture che abbiamo ascoltato acquistano un significato particolare a causa della pandemia che sta affliggendo il mondo intero.
Desidero riflettere con voi solo su un aspetto, che nel contesto attuale mi sembra sia l’aspetto fondamentale suggerito dalle letture che abbiamo ascoltato e dalla stessa narrazione del ritrovamento della Vera Croce. Si tratta del passaggio dall’esperienza della guarigione all’esperienza della salvezza. È il passaggio che si fa dal guardare il serpente di bronzo innalzato nel deserto al credere nel Figlio di Dio innalzato sulla croce.
La guarigione fisica è certamente una bella cosa. Tutti noi la desideriamo quando ci ammaliamo o quando è ammalata una persona che conosciamo e alla quale vogliamo bene. In questo periodo abbiamo pregato e preghiamo tanto per la guarigione degli ammalati da coronavirus. Eppure, la guarigione fisica è solo un posticipare il momento inevitabile della morte. Come nel film di Bergman “Il Settimo Sigillo”, ambientato durante l’epidemia di peste nera del 1300, in cui il protagonista, un cavaliere, fa una partita a scacchi con la morte: sa che sarà sconfitto, ma prova a far durare la partita per poter ritardare la morte e accompagnare in salvo una giovane famiglia.
Io so che morirò, eppure so che quando ho accolto Gesù nella mia vita, la sua Parola e il suo Spirito, e ho accolto l’invito a vivere nella relazione con Lui, Lui stesso ha deposto dentro di me il seme della vita eterna. La vita eterna è già stata seminata in me proprio grazie al dono che Gesù ha fatto dando la vita per me e attraversando il mistero della morte per amore mio e per portarmi a conoscere il Padre e vivere in Lui.
Pochi giorni fa l’Ufficio di Letture ci faceva leggere uno stupendo discorso di san Pietro Crisologo, dove a un certo punto questo grande predicatore e padre della Chiesa metteva sulle labbra di Gesù crocifisso queste stesse parole: “Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l'amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio intimo. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi” (San Pietro Crisologo, Disc. 108; PL 52, 499-500).
Ancora di più a noi dovrebbe interessare di fare il passaggio dall’esperienza della guarigione puramente fisica all’esperienza della salvezza, che ci introduce nella vita eterna; che ci permette di vivere con fiducia in Dio e con apertura ai fratelli anche durante il tempo della pandemia; che ci permette di guardare anche alla stessa morte come a un’esperienza pasquale e non come alla fine di tutto; che ci permette di sentirci amati da Dio in modo infinito anche quando noi stessi ci troviamo immersi nell’umana sofferenza e perfino quando sentiamo che la morte ci inghiotte.
Al termine della processione, presso l’Edicola del Sepolcro, all’altare della Maddalena e nella Cappella dell’Apparizione alla Vergine Maria canteremo: “O crux, ave, spes única! / Paschále quæ fers gáudium” “Ave o croce, unica speranza, / che porti la gioia pasquale”.
Al termine di questa riflessione permettetemi di condividere con voi una preghiera di san Giovanni Paolo II che si ispira proprio a questo canto:
“O trionfante croce di Cristo,
ispiraci a continuare
il compito di evangelizzazione!
O gloriosa croce di Cristo,
dacci la forza di proclamare
e di vivere il Vangelo della salvezza!
O vittoriosa croce di Cristo,
nostra unica speranza,
guidaci alla gioia
e alla pace della risurrezione
e della vita eterna!
Amen” (Phoenix-USA, 14 settembre 1987).
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Nm 21.4-9; Ps 95.10-13; Phil 2,5-11; Jn 3: 13-17
May the Lord give you peace!
This year the feast of the Finding of the Cross and the readings we have heard acquire a particular meaning due to the pandemic that is afflicting the whole world.
I wish to reflect with you only on one aspect, which in the current context seems to me to be the fundamental aspect suggested by the readings we have listened to and by the narration of the Finding of the True Cross. It is about the transition from the experience of healing to the experience of salvation. It is the transition from looking at the bronze serpent raised in the desert to believing in the Son of God raised up on the Cross.
Physical healing is certainly a beautiful thing. We all desire it when we get sick or when a person we know and whom we love is sick. During this time we pray and have prayed and continue to pray for the healing of those affected by the corona virus. Yet physical healing is only a postponement of the inevitable moment of death. As in Bergman's film "The Seventh Seal", set during the plague of the Black Death epidemic in 1300, in which the protagonist, a knight, plays a chess game with death: he knows he will be defeated, but tries to make the time left to delay death and safely accompany a young family.
I know that I will die, yet I know that when I welcomed Jesus into my life with His Word and His Spirit, and I accepted the invitation to live in a relationship with Him, He himself laid the seed of eternal life within me. Eternal life has already been sown in me precisely thanks to the gift that Jesus made by giving His life for me and passing through the mystery of death in love for my sake and to bring me to know the Father and live in Him.
A few days ago the Office of Readings enabled us to read a wonderful speech given by Saint Peter Chrysologos, where at a certain point this great preacher and father of the Church put these same words on the lips of Jesus crucified: "Do not be afraid. This cross is not a sting for me, but for death. These nails do not cause me so much pain, as they impress the love towards you more deeply. These wounds do not make me moan, but rather introduce you into my intimate self. My body stretched out rather than increasing the pain, widens the spaces of the heart to welcome you” (St. Peter Chrysologos, Disc. 108; PL 52, 499-500).
Even more, we should be interested in making the transition from the experience of purely physical healing to the experience of salvation, which introduces us to eternal life; which allows us to live with trust in God and with openness to our brothers and sisters even during the time of the pandemic; which allows us to look at death itself as an Easter experience and not as the end of everything; which allows us to feel loved by God in an infinite way even when we find ourselves immersed in human suffering and even when we feel that death swallows us.
At the end of the procession, at the Aedicule of the Sepulchre, at the altar of St. Mary Magdalene and in the Chapel of the Apparition to the Virgin Mary we will sing: "O Crux, ave, spes única! / Paschále quæ fers gáudium" "Hail O cross, only hope, / that brings Easter joy".
At the end of this reflection, allow me to share with you a prayer of Saint John Paul II which is inspired by this very song:
"O triumphant Cross of Christ,
inspire us to continue
the task of evangelization!
O glorious Cross of Christ,
give us the strength to proclaim
and to live the Gospel of salvation!
O victorious Cross of Christ,
our only hope,
guide us to joy
and to the peace of the Resurrection
and eternal life!
Amen " (Phoenix-USA, September 14, 1987).