Es 12,21-27; Sal 115 (116); Ap 7,9-14; Lc 22,39-44
- Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
Commemorare, celebrare, ricevere il dono del preziosissimo Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Questi tre verbi riassumono il senso della festa odierna, tenendo conto di ciò che la liturgia ci propone.
- Anzitutto commemorare, che significa ricordare insieme. La nostra non è solo una memoria individuale ma è una memoria condivisa, come Chiesa e come fraternità. Che cosa ricordiamo insieme oggi? Il dono che Gesù ha fatto del proprio sangue. Il dono cioè di tutta la sua vita, perché il sangue è la vita. E commemoriamo il significato che quel dono ha per ciascuno di noi, per la Chiesa e per l’umanità intera. Il sangue di Gesù, la sua vita donata, è ciò che trasforma la nostra vita. È ciò che realizza la vera e piena liberazione di ognuno di noi e dell’umanità intera. È ciò che ci redime dal peccato e dalla morte e rinnova l’intero creato. È ciò che ci introduce nella vita divina perché è ciò che introduce in noi la vita divina. È ciò che produce riconciliazione tra il Cielo e la terra e tra gli uomini. È ciò che lava le nostre vesti cioè rinnova la nostra esistenza e il nostro modo di vivere. E potrei continuare ancora. Ognuno di noi può ed è bene che mediti personalmente su questo dono straordinario, unico e insostituibile, lasciandosi guidare semplicemente dalla domanda: cosa significa e cosa realizza il sangue donato da Gesù?
- Il secondo verbo che ho richiamato è celebrare. È ciò che stiamo facendo. Nel celebrare, tutto ciò che noi ricordiamo diventa attuale ed efficace per noi. Il dono di cui insieme facciamo memoria ci viene offerto come contemporaneo. Grazie al celebrare noi diventiamo presenti alla preghiera di Gesù qui al Getsemani e alla sua agonia nella quale suda sangue per sintonizzarsi sulla volontà del Padre e disporsi a donare se stesso. Diventiamo presenti alla sua cena pasquale dalla quale sgorga la nostra celebrazione eucaristica. Diventiamo presenti al suo sacrificio sulla croce, cioè al suo donare la vita per amore, ma anche al suo riprenderla di nuovo nella risurrezione, perché l’amore è più forte della morte. Diventiamo presenti a quella magnifica scena dell’Apocalisse che descrive la Gerusalemme celeste, con in trono l’Agnello come sgozzato, che però è il Vivente e colui che guida alle acque della vita. Nel celebrare noi non siamo spettatori di un film ma diventiamo parte di quell’evento, di quella storia e di quel dono che commemoriamo e celebriamo e di quel futuro che ci è promesso e già donato in pegno.
- Il terzo verbo che ho richiamato all’inizio è ricevere. All’interno della stessa celebrazione, al momento della consacrazione sarà lo stesso Gesù a ripetere a noi: “Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. Il dono di sé che Gesù ha fatto una volta per sempre, è un dono che continuamente viene offerto a noi, è un dono che continuamente noi siamo chiamati ad accogliere e ricevere. È un dono che è per noi. È un dono che accompagna tutta la nostra esistenza cristiana e non solo la celebrazione eucaristica. Il giorno del nostro battesimo – anche se la materia usata è quella dell’acqua – siamo stati lavati e rinnovati nel sangue dell’Agnello, cioè grazie al fatto che Gesù ha dato la vita per amore nostro. Ogni volta che invochiamo e accogliamo il perdono di Dio, è ancora quel sangue versato per la remissione dei peccati a purificare la nostra coscienza e rinnovare la nostra vita. Le varie vocazioni presenti nella Chiesa poi, possono essere vissute solo se ci alimentiamo continuamente al dono di sé che Gesù ha fatto e che è manifestato nel dono del suo sangue.
Ricevere questo dono vuol dire però essere disposti a fare della nostra vita un dono. Ricevere il preziosissimo sangue di nostro Signore Gesù Cristo ha come conseguenza che anche noi siamo disposti a versare il nostro per amore. Come suggerisce san Giovanni nella sua prima lettera: “se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1 Gv 4,11).
- Oggi, perciò, in questo luogo così significativo facciamo memoria, celebriamo e riceviamo con fede il dono del preziosissimo sangue di nostro Signore Gesù Cristo. È un dono che alimenta la nostra vita terrena e ci rende capaci di seguire le orme di Gesù, ma è anche un dono che ci proietta già nella vita eterna e già ci fa pregustare “il pegno della gloria futura”.
Possa realizzarsi nella vita di ognuno di noi ciò che chiederemo con la preghiera che viene cantata dopo la comunione: “Signore, che ci hai nutriti con il pane della vita e il calice della salvezza, fa’ che il Sangue del nostro Salvatore, misticamente effuso in questo memoriale della sua passione, sia per noi sorgente perenne di vita eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen”.