Sir 26,1-4; Sal 33; 1 Tm 5,3-10; Mt 25,31-40
Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
A 20 anni rimane vedova. Poco dopo si consacra al Signore. Muore nel 1231 a soli 24 anni e appena 4 anni dopo viene proclamata santa a Perugia da papa Gregorio IX nel 1235. Questa è la sua biografia essenziale.
La sua femminilità emerge nell’amore per il marito e per i figli. Sono tante le testimonianze a questo riguardo. Verso il marito ha parole di amore personale tenero e profondo. Quando rimane vedova e viene cacciata dal castello di Wartburg, soffre per la situazione in cui vengono a trovarsi i suoi figli ancora piccoli. Ma la stessa femminilità emerge quando si prende cura dei bambini poveri e orfani andandoli a trovare, pulendoli e portando loro giocattoli e dolci per donare loro un po’ di affetto. E i bambini la ricambiano chiamandola “mamma”. La sua sensibilità femminile emerge quando si prende cura dei poveri e lo fa con la capacità organizzativa della buona casalinga, che sa organizzare bene le cose di casa. Non umilia i poveri ma compera per loro gli strumenti e i vestiti da lavoro e le sementi per seminare. La sua sensibilità femminile la porterà a mettere in piedi in poco tempo due ospedali, manifestando così che il tratto più sensibile dell’amore consiste nel sapersi prendere cura dell’altro in difficoltà.
Fin da bambina lei è attratta dall’amore per Gesù. Una delle ancelle, che era stata sua compagna fin dalla fanciullezza, ricorda quando Elisabetta era ancora una bambina e andava volentieri in cappella e faceva genuflessioni davanti a Gesù e sostava in preghiera. La sua vita di sposa e di madre è una vita di sposa e di madre cristiana. Con il marito condivide la preghiera, le veglie e gli atti penitenziali, così come condivide le scelte di attenzione nei confronti dei poveri. Quando ha dei dubbi sulla provenienza delle ricchezze e del cibo di cui dispone e ritiene che siano state estorte alla povera gente in modo ingiusto dai vassalli del marito, allora si rifiuta di servirsi di quei cibi e di quei beni, perché non vuole essere complice di ingiustizia e di sfruttamento. I figli li affida a Dio fin dalla nascita, ponendoli sull’altare, consapevole che sono un dono di Dio e a Lui vanno restituiti.
E il marito Ludovico la difende dagli attacchi di chi non accetta che una regina sia così rigorosa nella propria vita di fede ma anche nel trarre dalla scelta di fede le conseguenze pratiche per le grandi scelte e per la vita di tutti i giorni. Elisabetta ci insegna che la vita cristiana si nutre di amore e devozione nei confronti di Gesù Cristo, ma anche di scelte concrete, personali e costose. La fede non è un soprabito da indossare all’occasione ma l’adesione a una forma di vita secondo il Vangelo. Sempre esigente e radicale.
Diventare santi è ciò che dà senso alla nostra vita. E non conta, davvero non conta, quanto la nostra vita sia lunga, ma quanto sia santa nell’amore per Dio e per il nostro prossimo.