Chi è il primo nel vangelo?
Sir 2,1-13; Mc 9,30-37
il Signore vi dia pace.
Anche se oggi è il Martedì Grasso, le letture che abbiamo appena ascoltato ci proiettano già in un tema che è tipico della quaresima. Infatti, il Siracide ci parla di “tentazione”, che è il tema della prima domenica di quaresima e l’evangelista Marco ci presenta il secondo annuncio che Gesù fa della propria passione, morte e risurrezione. In questa nostra breve riflessione vorrei fermarmi soprattutto sul vangelo perché in questo brano è riassunto sia il percorso di Gesù sia il percorso dei discepoli, sia il percorso che ciascuno/a di noi è chiamato a fare.
Dobbiamo notare che nel vangelo di Marco Gesù predice per ben tre volte che il suo destino è quello di essere rifiutato, che sta andando a morire ma che il terzo giorno risorgerà. Gesù, quindi, sta cercando di aiutare i discepoli a comprendere che il suo cammino è un cammino verso la Pasqua, verso il morire per risorgere. Gesù sta cercando di aiutare i discepoli a capire che il senso della sua vita non sta nel garantire la propria incolumità e sopravvivenza, ma nel donarsi interamente per aprire all’umanità intera la possibilità di vivere in Dio, una forma di vita totalmente nuova e che i discepoli per il momento non riescono nemmeno a immaginare.
Gesù sta insegnando che il senso della vita non lo troviamo assecondando a tutti i costi l’istinto di sopravvivenza magari anche a scapito della vita degli altri. No! Anzi! Il senso della vita lo troviamo solo nel donarci, interamente e fino in fondo.
Mentre Gesù parla di dare la vita, i discepoli sono preoccupati di far carriera, sono interessati al proprio successo personale, vogliono sapere a chi di loro toccheranno i ruoli di maggior prestigio.
Non dobbiamo scandalizzarci dell’atteggiamento dei discepoli, perché il più delle volte noi siamo esattamente come loro. Il pensiero che Gesù sceglie liberamente di dare la vita, di andare a morire per noi e di attraversare la morte per introdurci nella vita di Dio non ci accompagna poi così spesso, quando potrebbe illuminare in modo critico il nostro modo di vivere. Anzi, anche noi tendiamo a lasciarlo sullo sfondo e perfino a rimuoverlo. Oserei dire che ci tocca poco perfino in quaresima e perfino il Venerdì Santo. Forse non stiamo a discutere chi sia tra noi il più grande, ma quante piccole e grandi ambizioni attraversano i nostri pensieri e sono annidate nel nostro cuore? Quante piccole invidie e gelosie ci segnalano che guardiamo agli altri considerandoli nostri rivali sulla via del successo personale e certamente non persone per le quali dare la vita?
Approfittiamo di questo tempo per vedere quali sono i piccoli e i poveri dei quali in modo personale siamo chiamati a prenderci cura. Approfittiamo di questo tempo per vedere quali sono le occasioni di servizio che ci vengono date e che noi per pigrizia e per presunzione disprezziamo.
Facciamo nostro il ritornello del canto: “Fa’ che impariamo, Signore, da Te, / Che il più grande è chi più sa servire, / Chi s’abbassa e chi si sa piegare, / Perché grande è soltanto l’amore”.
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¿Quién es el primero en el evangelio?
Eclo 2,1-13; Mc 9,30-37
¡el Señor os dé su paz!
Aunque hoy sea Martes de Carnaval, las lecturas que acabamos de escuchar ya nos proyectan en un tema típicamente cuaresmal. En efecto, en el libro del Eclesiástico se nos habla de la “tentación”, que es el tema del primer domingo de Cuaresma y el evangelista Marcos nos presenta el segundo anuncio que hace Jesús de su pasión, muerte y resurrección. En esta breve reflexión quisiera centrarme sobre todo en el evangelio ya que este pasaje resume tanto el camino de Jesús y de los discípulos, como el que cada uno de nosotros está llamado a recorrer.
Debemos notar que en el Evangelio de Marcos Jesús anuncia en tres ocasiones que su destino es ser rechazado, que morirá pero que al tercer día resucitará. Por ende, Jesús trata de hacer comprender a los discípulos que su camino es un camino hacia la Pascua, hacia la muerte que conduce a la resurrección. Jesús trata de hacer comprender a los discípulos que el sentido de su vida no está en garantizar su propia seguridad y supervivencia, sino en entregarse enteramente para abrir a toda la humanidad la posibilidad de vivir en Dios. Se trata de una forma de vida totalmente nueva que los discípulos, por el momento, ni siquiera pueden imaginar. Jesús les enseña que el sentido de la vida no se encuentra en el dar rienda suelta al instinto de supervivencia a toda costa, quizás incluso a costa de la vida de los demás. ¡No! ¡Al contrario! Encontramos el sentido de la vida solo en la medida en que nos donamos completamente y hasta las últimas consecuencias.
En otras palabras, mientras Jesús habla de dar la vida, los discípulos se preocupan por hacer carrera, están interesados en su propio éxito personal, quieren saber quién de ellos tendrá los roles más prestigiosos.
Ahora bien, no debemos escandalizarnos por la actitud de los discípulos puesto que la mayor parte del tiempo somos exactamente como ellos. En efecto, la idea de que Jesús elige libremente dar su vida, ir a morir por nosotros y pasar por la muerte para introducirnos en la vida de Dios no nos acompaña tan a menudo y, sin embargo, podría iluminar profundamente nuestro modo de vida. Nosotros, por el contrario, tendemos más bien a dejarlo en segundo plano e incluso a eliminarlo.
Me atrevería a decir que esta idea nos acompaña poco, incluso en Cuaresma y hasta en Viernes Santo. Quizás no estemos discutiendo quién es el más grande entre nosotros, pero ¿cuántas pequeñas y grandes ambiciones cruzan nuestros pensamientos y se anidan en nuestros corazones? ¿Cuántas pequeñas envidias y celos nos indican que vemos a los demás más bien como rivales en el camino hacia nuestro éxito personal y ciertamente no tanto como personas por quienes dar la vida?
Hagamos nuestro el estribillo de la canción: “Haz, Oh Señor, que aprendamos de ti / que el más grande es quien sabe servir, / quien se entrega y quien se sabe arrodillar, / porque grande es tan sólo el amor”.