Israele dedica un francobollo speciale a Giovanni Paolo II | Custodia Terrae Sanctae

Israele dedica un francobollo speciale a Giovanni Paolo II

Mercoledì 25 maggio 2005, nell’ufficio del Ministero delle Comunicazioni di via Giaffa a Gerusalemme, si è svolta una semplice ma significativa cerimonia per la presentazione del francobollo emesso dallo stato di Israele in onore di Papa Giovanni Paolo II. La Signora Dalia Itziq, capo del Ministero, ha presieduto la cerimonia. Nel suo breve discorso ha manifestato gioia e soddisfazione per il fatto che questo papa, che tanto ha fatto per il ravvicinamento del cristianesimo e dell’ebraismo, abbia ricevuto questo segnale di riconoscimento ufficiale. E ha dato il benvenuto a tutti i presenti.

In modo speciale ha salutato gli ambasciatori di Polonoa e Italia, il vescovo Giacinto marcuzzo, che rappresentava il Patriarca Latino di Gerusalemme, Monsignor Gianfranco Gallone, venuto a nome del Nunzio e Delegato Apostolico, e infine il padre Abdel Masih Fayez, che insieme con padre Jerzy Kray hanno rappresentato la custodia di Tierra Santa.

Agli ambasciatori e ai tre rappresentanti delle istituzioni cattoliche in Terra Santa, il Ministro ha offerto in regalo una collezione di 6 francobolli che insieme con il timbro emesso appositamente per questa circostanza erano incastonati in un bel quadro con dedica.

Il quadro regalato alla Custodia porta questa iscrizione in inglese: “A sua paternità P. Pierbattista Pizzaballa, OFM, Custode di Terra Santa, con affetto. Sig.a Dalia Itzik, Ministro delle Comunicazioni. Maggio 2005”.

I due ambasciatori, Mons. Gallone e il vescovo Marcuzzo hanno pronunciato brevi discorsi di circostanza. Tutti hanno espresso complimenti e hanno ringraziato il Governo israeliano per questo fatto, definito “storico”. Inoltre è stato complimentato anche il Sig. Izaq Granot, che ha disegnato il francobollo, presente tra gli invitati.

La mensa preparata, intorno alla quale si è svolta la cerimonia, ha completato l’atmosfera familiare che ha distinto questo incontro particolare, tenuto sotto il segno della fraternità tra le due religioni nate e cresciute nella Terra Promessa.

IL PAPA DELLA RICONCILIAZIONE

Questo è il titolo di un articolo comparso nel periodico spagnolo AURORA, che si pubblica in Israele, firmato da Shamuel Hadas, primo ambasciatore di Israele in Spagna. Da esso prendiamo qualche spunto.

Non c’è dubbio che Giovanni Paolo II è stato il Papa più “politico” del XX secolo. Egli ha saputo rompere i rigidi modelli della diplomazia vaticana ed è arrivato a proporre una doppia riconciliazione: con lo Stato di Israele e con il Giudaismo, e questo nonostante l’opposizione di alcuni gerarchi della Curia.

Storici e analisti discutono quali siano stati i fattori che hanno guidato Giovanni Paolo II nella sua strategia di riconciliazione della Chiesa con Israele: tra gli elementi catalizzatori si enumerano il crollo dell’impero sovietico negli anni 80 – processo nel quale egli ebbe una parte non trascurabile -, la prima Guerra del Golfo (1990-1991), e la Conferenza di pace di Madrid (1991).

La diplomazia vaticana non voleva rimanere emarginata da un processo di pace nel quale israeliani e palestinesi si stavano spartendo la Terra Santa e, per questo, Giovanni Paolo II mise in moto pochi mesi dopo un processo destinato in certo modo a garantire i diritti della Chiesa nel futuro. Il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con Israele era a questi effetti una necessità imperiosa e, di fatto, in capo a due anni si compì.

Però, al di là della influenza degli interessi della Chiesa in questo duplice avvicinamento, occorre evidenziare l’eccezionale personalità di quello che è stato il primo papa non italiano dopo 400 anni. Nella biografia del Papa, pubblicata nel 1995, il prestigioso giornalista americano Tad Szkuc sottolinea il fatto che Giovanni paolo II è stato il principale architetto, stratega ed esecutore del posizionamento della Chiesa nel teatro internazionale e che senza la sua rilevante personalità e talento per la spettacolarità, grandi idee incluse, non avrebbe retto ugualmente bene.

Nel caso particolare di Israele e del Giudaismo, è necessario introdurre un altro elemento catalizzatore ed è il fatto che Giovanni Paolo II salì al trono di Pietro portando con sé un considerevole bagaglio giudaico che aveva assorbito nella sua nativa Polonia fin dalla più tenera infanzia. Il fanciullo Karol Wojtila abitava di fronte a una sinagoga, in un appartamento che suo padre aveva preso in affitto da un ebreo e in una via nella quale giocava con altri fanciulli ebrei. La prossimità all’Olocausto e alle atrocità naziste sofferte dai due popoli furono altri elementi che influirono nell’impostare la sua personale posizione nei confronti del popolo ebraico.

Giovanni Paolo II iniziò il riavvicinamento mediante gesti che condussero a significativi cambiamenti nella teologia cattolica. Nel 1986 si distinse per essere il primo papa a visitare una sinagoga, quella di Roma, e lì fece la dichiarazione che gli ebrei erano i “nostri fratelli maggiori”. L’anno scorso, a motivo del centenario della Grande Sinagoga, fu di nuovo invitato ma non accettò. Il portavoce della S. Sede Joaquin Navarro Valls ne ha dato notizia. È stato riferito da fonti vaticane che il papa desiderava mantenere il carattere storico e unico di quella visita. In quella occasione il papa mandò al suo posto un rappresentante del Vaticano.

Tutto questo, combinato con gli interessi geopolitici della Santa Sede che avevano la loro radice nella Conferenza di Madrid, avrebbe affrettato la firma dell’Accordo fondamentale tra il Vaticano e lo Stato d’Israele nel dicembre del 1993 e il conseguente ristabilimento delle relazioni diplomatiche pochi mesi dopo. Nel 1998 venne il “mea culpa” della Chiesa a proposito del suo comportamento durante l’Olocausto - ricordiamo quella riflessione sulla “Shoà” che trovò la sua logica conclusione in quello storico messaggio che Giovanni Paolo II introdusse negli interstizi del Muro del Pianto, nel quale chiedeva perdono agli ebrei per i peccati della Chiesa. Vi scrisse infatti:

Dio dei nostri padri,
tu hai scelto Abramo e la sua discendenza
perché il tuo Nome fosse portato alla genti:
noi siamo profondamente addolorati
per il comportamento di quanti
nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli,
e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci
in un’autentica fraternità
con il popolo dell’alleanza.
Per Cristo nostro Signore.


Questo fu il contenuto di un messaggio che mostra una volta di più il valore che Giovanni Paolo II dava ai gesti e con il quale abbatteva uno dei muri teologici maggiormente solidi durante gli ultimi 20 secoli.

La somma di tutti questi fatti è stata la ragione che ha spinto lo Stato d’Israele a dedicargli un francobollo speciale il cui tema centrale è costituito precisamente dal momento che tutti abbiamo visto in televisione, Il Papa si avvicina al Muro e introduce, al secondo tentativo, per la difficoltà del luogo scelto, il biglietto dove c’erano scritte di suo pugno le parole che abbiamo citato qui sopra in grassetto.

Sotto la mano destra, che introduce il biglietto nel Muro, si legge una iscrizione in latino, inglese ed ebraico: “Giovanni Paolo II, Papa”. Nel bordo si legge l’ultima frase della lettera del Papa in ebraico e in inglese: “Io prego che la pace sia il dono di Dio per la terra che scelse come propria. Shalom“. Il valore facciale indicato è di 3,30 sheqels. Il metodo di stampa: Offset. Il disegnatore è stato il polacco Izaq Granot, come abbiamo già detto.

Il timbro presenta la tiara con le chiavi e dentro, in ebraico, latino e inglese, la seguente iscrizione: “Giovanni Paolo II, Papa”. La data figura essere il 18-5-2005. Sulla medesima busta, nell’angolo inferiore sinistro, leggiamo, in ebraico e inglese, il versetto di Isaia (2,3): Verranno molti popoli e diranno: "Venite, saliamo sul monte del Signore,”

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