La Custodia e la sua storia | Custodia Terrae Sanctae

La Custodia

Siamo una fraternità di religiosi chiamata da Dio da tutte le parti del Mondo per una missione speciale: custodire i luoghi della Redenzione.

Siamo parte di un Ordine Religioso della Chiesa Cattolica, l’Ordine dei Frati Minori, conosciuti come i francescani.

Il nostro fondatore, san Francesco d’Assisi, all’inizio del secolo XIII mosso dall’amore per Cristo Povero e Crocifisso si recò in Medio Oriente per "toccare" quei luoghi che fino ad oggi costituiscono una testimonianza insostituibile della rivelazione di Dio e del suo amore per l’uomo. In quel suo pellegrinaggio, nonostante il guerreggiare delle crociate, incontrò e dialogò a Damietta, in Egitto, con il sultano Melek al-Kamel, il cui governo si estendeva fino alla Terra Santa. Fu un incontro pacifico, che diede inizio alla presenza dei francescani in Terra Santa e che segnò anche lo stile della nostra presenza lungo il corso dei secoli, fino ad oggi.

Questa provincia religiosa dell’Ordine francescano ha preso col tempo il nome di Custodia di Terra Santa.

Missione in Terra Santa

I frati non solo sono stati i “guardiani” delle pietre e dei luoghi, al fine di preservarne il valore, ma la loro missione è stata anche quella di rendere vive quelle pietre, fare in modo che esse parlino al cuore e alla mente di tutti coloro che intraprendono il pellegrinaggio di Terra Santa, per arrivare a vedere le “semplici pietre” come “pietre amate” attraverso la fede.

San Francesco e i francescani hanno sempre avuto a cuore l’amore all’incarnazione di Gesù.
Ed è per questo che fin dal principio hanno amato la Terra Santa. Non vi è infatti Incarnazione senza Luogo. Per noi amare questa Terra significa amare Gesù. E non possiamo pensare a Gesù, senza amare la Sua Terra.

È per questo speciale attaccamento dei francescani al Vangelo di Gesù e alla Sua incarnazione, che la Chiesa Cattolica ha assegnato loro la missione di Custodire i Luoghi della nostra Redenzione.

I Luoghi Santi, per quanto ne si voglia ammirare la bellezza, non sono semplici pietre.Essi sono piuttosto la manifestazione, le orme del passaggio di Dio in questo mondo, l’eco delle parole del Signore che ci ha parlato per mezzo dei profeti e degli apostoli, che si è fatto “carne”, uomo come noi, abitando in mezzo a noi. Esse sono pietre che hanno ascoltato la voce e bevuto il sangue del nostro Salvatore. Ora, quella parola di Dio e quel sangue versato, bisogna coglierli e conservarli perché formino parte della vita di ogni cristiano.

Captare la voce che scaturisce da quelle pietre e comprenderne il messaggio, è stato da sempre il lavoro dei figli di San Francesco in Terra Santa.

Questo intendono i vari Papi, quando affermano che la missione dei frati è stata fare in modo che i Luoghi Biblici siano centri di spiritualità, che ogni santuario conservi e trasmetta il messaggio evangelico e che alimenti altresì la pietà dei fedeli.

In conclusione: siamo una fraternità dell’Ordine dei Frati Minori, che vivendo in Terra Santa custodisce, studia e rende accoglienti i Luoghi dell’origine della fede cristiana, e vivendo in essi annuncia le meraviglie dell’amore dell’Altissimo e onnipotente e Buon Signore che Qui ha voluto farsi uomo come noi per la salvezza di tutti gli uomini.

Storia della Custodia

Protagonisti in primo piano nei Luoghi Santi, i frati Minori compiono la loro missione in questa terra spinti dal loro fondatore, S.Francesco. I primi francescani sbarcarono in Terra Santa nel 1217. Da allora hanno sempre raccolto le sfide dei tempi per poter trasmettere la Grazia dei Luoghi Santi a tutta e per condividere la loro vita con le "pietre vive" locali: le Comunità Cristiane.

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Di prassi l'origine della Custodia di Terra Santa è fatta risalire al 1217, anno in cui a Santa Maria degli Angeli, presso Assisi, si celebrava il primo Capitolo Generale dei Frati Minori. S. Francesco, con gesto ispirato, decise di mandare i suoi frati in tutte le nazioni. 
Il mondo fu, per così dire, diviso in "Province" francescane e i frati, da Assisi, si diressero verso i quattro punti cardinali. In quell'occasione solenne, non fu dimenticata la Terra Santa. Tra le undici Province-Madri dell'Ordine, appare quella di Terra Santa. 
Nei documenti viene designata con nomi diversi: di Siria, di Romania o Ultramarina. 

Comprendeva Costantinopoli e il suo impero, la Grecia e le sue isole, l'Asia Minore, Antiochia, la Siria, la Palestina, l'isola di Cipro, l'Egitto e tutto il resto del Levante.

La Provincia di Terra Santa, sia per la vastità del territorio, sia per la presenza dei Luoghi Santi, fu considerata sempre con speciale riguardo. Era ritenuta, fin dall'inizio, la "Provincia" più importante dell'Ordine. Per questo, forse, fu affidata alle cure di Frate Elia, figura preminente nella nascente fraternità, sia per il suo talento organizzativo, sia per la sua vasta cultura. Sarebbe interessante conoscere le iniziative prese da Fra Elia per organizzare e consolidare questa parte dell'Ordine, connotato da particolari problemi ambientali e da un’estensione geografica molto vasta.
Lo zelo e le qualità di buon-governo che lo distinguevano, devono averlo spinto, durante gli anni del suo mandato, a gettare le basi dell'apostolato francescano in tutte le regioni situate sul bacino sud-orientale del mediterraneo. 
Nel 1219, lo stesso S. Francesco volle visitare almeno una parte della Provincia di Terra Santa. I documenti che parlano della presenza del “Poverello di Assisi” tra i Crociati, sotto le mura di Damietta, sono noti. Come pure noto è il suo incontro col Sultano d'Egitto, Melek-el-Kamel, nipote di Saladino il Grande. Gli stessi documenti aggiungono che Francesco, dopo aver lasciato Damietta, si recò in Siria. 
Comunque, la visita di S. Francesco ai Luoghi Santi avvenne certamente tra il 1219 e il 1220. A questo proposito Giacomo da Vitry, vescovo di S. Giovanni d'Acri, scrisse: «Vedemmo giungere frate Francesco, fondatore dell'Ordine dei Frati Minori. Era un uomo semplice e senza lettere, ma amabilissimo e caro a Dio e agli uomini. Arrivò quando l'esercito dei Crociati era accampato sotto Damietta; fu subito rispettato da tutti».

Nel suo breve viaggio, S. Francesco, col suo modo di comportarsi, indicò ai futuri missionari francescani come dimorare in quelle regioni e il campo specifico della loro attività. Nella tecnica del Poverello, l'evangelizzazione deve farsi amichevolmente e con estrema umiltà, esattamente come aveva fatto lui nei riguardi del Sultano. I Luoghi Santi, poi, devono essere amati e venerati per il loro rapporto ai momenti più salienti della vita di Cristo.

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Gli storici hanno affermato che dal secolo XIII, e soprattutto dal fallimento delle crociate, l'accesso ai Luoghi Santi venne assicurato con una nuova strategia, e che l'apostolato missionario, con la presenza inerme dei Francescani, sostituì le spedizioni militari. 
Quando il Papa Gregorio IX, da Perugia, dove risiedeva, con la Bolla datata 1 febbraio del 1230, raccomandava ai Patriarchi di Antiochia e di Gerusalemme, ai Legati della S. Sede, a tutti gli Arcivescovi e Vescovi, agli Abati, ai Priori, ai Superiori, ai Decani, agli Arcidiaconi e a tutti gli altri Prelati della Chiesa ai quali sarebbe pervenuta la Bolla, di accogliere e favorire in tutti i modi l'Ordine dei Frati Minori, dovette intuire, in qualche modo, che le Crociate avevano fallito il loro scopo e che sarebbe stato meglio e soprattutto più evangelico adoperarsi a convivere e a dialogare coi Musulmani, anziché combatterli. 
In questo modo, anche la causa dei Luoghi Santi ne avrebbe avuto vantaggio. Comunque, se la Bolla di Gregorio IX del 1230 non può esser considerata quale documento ufficiale per il riconoscimento giuridico dell'insediamento dei figli di S. Francesco in Terra Santa, essa è però il documento che prepara il terreno e dà loro modo di penetrare nel paese e di insediarvisi.


Un'altra data sicura, per la storia della Provincia di Terra Santa, è il 1263. Quell'anno, sotto il generalato di S. Bonaventura, si celebrò, a Pisa, il Capitolo Generale. In quell’occasione, com'era naturale, si discusse anche della Provincia di Terra Santa. Fu deciso di circoscriverla all'isola di Cipro, Siria, Libano e Palestina, dividendola in Custodie, tra cui quella di Terra Santa, che comprendeva i conventi di S. Giovanni d'Acri, Antiochia, Sidone, Tripoli, Gerusalemme e Giaffa.
La riconquista di S. Giovanni d'Acri da parte dei Musulmani, avvenuta il 18 maggio 1291, segnò la fine del regno latino in Terra Santa. 
I Cristiani vennero sottoposti a dure prove. I Francescani furono espulsi dalla Terra Santa e costretti a rifugiarsi a Cipro, dove, a quei tempi, si trovava la sede del Provinciale. Dalla vicina isola di Cipro, i Francescani non cessarono mai d'interessarsi della Terra Santa. Come esuli lontani dalla patria, il loro costante desiderio fu di trovare il modo di vivere presso i Luoghi Santi. 
A questo proposito, nulla fu trascurato per riuscire nell'intento. Visite private di devozione e visite autorizzate dalla S. Sede per ripristinare la presenza cattolica nei Luoghi Santi, sono testimoniate da documenti storici del tempo.

Un primo gesto benevolo a favore dei Francescani fu compiuto dal sultano Bibars II (1309-10) il quale donò loro la "Chiesa di Bethlehem", della quale i frati, data la rapida morte del Sultano, non poterono entrarne in possesso. 
Nel 1322, Giacomo II d'Aragona, otteneva dal Sultano d'Egitto Melek el Naser che la custodia del S. Sepolcro fosse affidata a Domenicani Aragonesi: ma la concessione forse rimase lettera morta. 
Lo stesso Giacomo II, quattro anni dopo, nel 1327, implorava nuovamente la grazia sovrana, però non più per i Domenicani ma per i Frati Minori.

La Bolla di Papa Giovanni XXII, emanata il 9 agosto del 1328, con la quale veniva concesso al Ministro Provinciale residente a Cipro la facoltà d'inviare ogni anno due frati a visitare i Luoghi Santi, deve essere letta in questa chiave. Anche qui, del resto, la prassi quotidiana aveva preceduto il piano organizzativo proveniente dall'alto. Infatti, già nel periodo che va dal 1322 al 1327, alcuni Francescani prestavano servizio nel S. Sepolcro. 
Nel 1333, il Sultano d'Egitto concesse a Fra Roger Guérin d'Aquitania il S. Cenacolo. Questi si affrettò a costruire un convento nelle vicinanze immediate con fondi messi a disposizione dai Sovrani di Napoli, Roberto d'Angiò e dalla consorte Sancia, figlia di Giacomo I, re di Maiorca. Questi due sovrani, a giusta ragione, sono considerati gli “strumenti della Provvidenza” per la causa dei Luoghi Santi: giocarono un ruolo di massima importanza per il loro riscatto, sia con la loro influenza diplomatica, sia con gli aiuti pecuniari elargiti. 
Fu grazie a loro e alla loro intercessione che le autorità musulmane locali riconobbero ai Francescani il diritto ufficiale di officiare nella Basilica del S. Sepolcro.

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Il riconoscimento giuridico da parte della S. Sede, esteso anche agli altri Santuari, avvenuto qualche anno più tardi, esattamente il 21 novembre del 1342, con le Bolle Gratias Agimus e Nuper Carissimae, è considerato la conclusione definitiva del coinvolgimento dei Reali di Napoli nelle lunghe pratiche seguite per la causa dei Luoghi Santi. 
Oltre al riconoscimento ufficiale, la Bolla conteneva prescrizioni atte a garantire la continuità dell'istituzione. Con intuito particolare, venne assicurata l'internazionalità del nuovo ente ecclesiastico-religioso, prescrivendo che i frati potevano provenire da tutte le Province dell'Ordine. Per la salvaguardia della disciplina, si prescriveva che tutti i frati, a qualunque Provincia appartenessero, una volta entrati a servizio di Terra Santa, fossero sotto l'obbedienza del Padre Guardiano del Monte Sion in Gerusalemme, rappresentante del Ministro Provinciale residente a Cipro. 

Nel 1347 i Francescani s’insediarono definitivamente anche a Betlemme presso la Basilica della Natività di Nostro Signore.
I primi Statuti di Terra Santa, che risalgono al 1377, prevedevano non più di venti religiosi al servizio dei Luoghi Santi: S. Cenacolo, S. Sepolcro e Betlemme. La loro principale attività consisteva nell'assicurare la vita liturgica nei Santuari ricordati e nell'assistenza religiosa dei pellegrini europei. 
In un documento del 1390 si specifica che la Provincia di Terra Santa, con sede a Cipro, aveva pure una Custodia di Siria, comprendente quattro conventi: Monte Sion, Santo Sepolcro, Betlemme e Beirut. Da notare che il documento in questione non fa altro che confermare una situazione già esistente da tempo, sia come numero di conventi sia come denominazione dell'organismo religioso chiamato Custodia di Siria, forse per non ingenerare possibili confusioni con la denominazione della Provincia di Terra Santa di cui faceva parte.

In questo primo periodo ufficiale della sua storia, la Custodia ebbe il “sigillo del martirio” con il sacrificio di parecchi suoi frati. Il primo sangue francescano bagnò la terra di Gerusalemme nel 1244, durante l'irruzione dei Carismini, i quali passarono a fil di spada numerosi cristiani e trucidarono crudelmente i Frati Minori. 
Altri, ricordati da Alessandro IV, subirono il martirio nel 1257. Nove anni dopo, a Safet nel 1266, oltre duemila combattenti cristiani morirono dopo l'occupazione della città da parte del Sultano Bibars. Assieme a loro morirono anche gli eroici frati che non vollero rinnegare la loro fede. Nel 1268 anche Giaffa e Antiochia ebbero le loro vittime francescane. Di nuovo in Siria, nel 1269, caddero sotto la spada saracena otto frati. Si narra di come, sul corpo di uno di essi, Fra Corrado de Hallis, galleggiante sulle onde del mare, brillarono per quasi tre giorni due lumi fulgenti. A Damasco e a Tripoli, nel 1277, nuovo sangue cristiano venne versato per mano delle armate del Sultano Kelaun. 
Acri, ultimo baluardo del Regno Latino, fu assalita dal Sultano Melek el Ascaraf. Oltre trentamila cristiani e numerosi frati caddero, in quell’occasione, per mano dei saraceni.

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Destinata a raccogliere il mandato e l'eredità dei Crociati, la Provincia di Terra Santa è ormai impegnata alla conquista specifica dei Luoghi Santi e designata a rappresentare gli interessi della Chiesa Cattolica nel Vicino Oriente. La sua esistenza giuridica è riconosciuta sia dalle autorità ecclesiastiche, sia da quelle civili musulmane. 
Nel 1347 i Francescani si insediarono a Betlemme quali officianti abituali della Basilica e della Grotta della Natività. Nel 1363, Giovanna, regina di Napoli e della Sicilia, ottenne un firmano dal Sultano d'Egitto. In forza di detto firmano, i Francescani entrarono in possesso dell'Edicola e della Tomba della Madonna nella Valle di Giosafat. Nel 1375, dal convento di Betlemme, i Francescani passarono a funzionare anche la cosiddetta “Grotta del Latte”, situata nelle vicinanze di quella della Natività del Signore. 
Nel 1392, ottennero il diritto di officiare nella Grotta del Getsemani situata nella valle di Giosafat, a pochi metri dalla Tomba della Madonna e, nel 1485, riadattarono al culto la grotta della natività di S. Giovanni Battista ad Ain Karem.

Con l'aumentare degli impegni, si avvertì il bisogno di una legislazione adeguata. Nel 1377, vennero ammessi i primi Statuti di Terra Santa. Essi svilupparono le prime prescrizioni enunciate sommariamente nella Bolla Gratias Agimus, prescrivendo che il numero dei religiosi che prestavano servizio in Terra Santa non superassero i venti. Per quanto riguarda l'attività, i frati dovevano occuparsi, oltre che del culto religioso nei Santuari, anche dei pellegrini europei che visitavano i Luoghi Santi.
Nel 1414, si tenne a Losanna il Capitolo Generale dei Frati Minori. I Capitolari, come nelle assemblee generali precedenti, trattarono anche dei problemi della Terra Santa e si resero conto che era necessario rendere quella Custodia più autonoma dalla Provincia e incrementare il numero dei religiosi al suo servizio. 
Sedici anni più tardi, esattamente nel 1430, fu stabilito che il Custode di Terra Santa fosse eletto dal Capitolo Generale, prassi mantenuta per tre secoli. In seguito l'elezione del Custode di Terra Santa venne fatta dal Ministro Generale e dal suo Consiglio, consuetudine seguita fino ai nostri giorni.

Nel 1517 la Custodia di Terra Santa, pur mantenendo la sua denominazione, acquistò piena autonomia attraverso la configurazione a Provincia, restando sempre, però, caratterizzata da prerogative del tutto speciali. In concomitanza al progressivo definirsi della sua figura giuridica, la Custodia ebbe dalla Santa Sede particolari facoltà e autorizzazioni in diversi settori, sempre in vista di una più dinamica presenza dei Francescani in Terra Santa. 
I frati poterono, così, adoperarsi al meglio, specialmente nell'assistenza spirituale dei pellegrini, ma più ancora nell'attività ecumenica, che ebbe un suo primo coronamento durante il Concilio di Firenze (1431-1443) nel quale fu raggiunta la riconciliazione fra i Cristiani separati d'Oriente e la Chiesa Cattolica. Questa riconciliazione si rivelò ben presto effimera e per circa due secoli, i Francescani di Terra Santa, rappresentarono pressoché l'unica possibilità "in loco" di relazioni dirette e autorizzate del mondo cattolico con le Chiese separate del Vicino e Medio Oriente. Le relazioni con le Chiese orientali continuarono anche in seguito, fino ai giorni nostri, adeguandosi alla diversità dei tempi e delle situazioni, affiancate ad altre numerose iniziative prese dalla Santa Sede per ravvivare i contatti e lo spirito ecumenico. Questo apostolato speciale, sebbene sia stato sufficientemente indagato, purtroppo non è conosciuto come meriterebbe.

Altra attività rimasta piuttosto in ombra nella storiografia dei Francescani in Terra Santa, è quella dell'assistenza spirituale ai commercianti europei residenti o di passaggio nelle principali città d'Egitto, Siria e Libano, sviluppatasi soprattutto dal secolo XV in poi. Da attività temporanea, specie in occasione dell'Avvento e della Quaresima, con la seconda metà del Cinquecento l’assistenza spirituale diventò più o meno continuativa, fino ad assumere nel XVII secolo carattere stabile, con la creazione di residenze fisse. I Francescani, entrati dapprima come cappellani di Consoli di colonie commerciali europee, vi rimasero come apostoli a servizio di tutti, “irradiando la luce del Vangelo” attorno a quelle loro residenze, che, un po' alla volta, si configurarono in vere e proprie parrocchie con annesse opere di vario genere. 

L’evangelizzazione della Terra Santa, in alcuni momenti storici, venne promossa anche nei confronti dei fedeli di religione musulmana, sia in forma di evangelizzazione personale che collettiva, impegno che diede sempre risultati effimeri, e che portò anche alla morte di alcuni frati. Furono uccisi, nel 1391, i quattro martiri canonizzati da Paolo VI il 21 giugno del 1970: Nicolò Tavelich (croato), Stefano da Cuneo (italiano), Deodato da Rodez e Pietro da Narbona (francesi). Parlando di questi martiri, nel discorso pronunciato in occasione della loro canonizzazione, tra le altre cose, il Papa affermò che: «siamo di fronte ad una testimonianza paradossale, testimonianza d'urto, testimonianza vana, perché non subito accolta, ma sommamente preziosa, perché convalidata dal dono di sé».

Comunque la presenza dei Francescani in Terra Santa è soprattutto legata ai santuari e alla loro custodia, anche perché, in ultima analisi, tutte le altre attività trassero origine da questo scopo e furono finalizzate a questo servizio d’importanza primaria ed esclusiva per tutta la Chiesa. 
Fin dall'inizio di questo periodo, che abbiamo chiamato di organizzazione, i Francescani si adoperarono a riparare i santuari di Terra Santa che col tempo erano caduti in rovina. 
-Nel 1343, venne riparato l'edificio crociato del S. Cenacolo. 
-Nel 1479, sotto la Guardiania del P. Giovanni Tomacelli da Napoli, venne rifatta tutta la travatura del soffitto della basilica della Natività in Betlemme. Per portare a fine quest'impresa, vennero mobilitati: la Repubblica di Venezia, che donò il legname necessario, il Duca di Borgogna, Filippo il Buono, che sostenne le spese dei lavori, ed Edoardo IV re d'Inghilterra, che donò il piombo usato per la copertura.
Gli avvenimenti ricordati in questo periodo non sono molti. É doveroso ricordare che i risultati positivi furono il frutto di trattative complesse e interminabili, spesso economicamente gravose, affrontate sempre con incrollabile tenacia dall’Ordine.

Chi siamo - Firmano

Questo fu, senza dubbio, il periodo più difficile nella storia plurisecolare della Custodia di Terra Santa. Mai, come in questo intervallo, si è potuto costatare meglio la verità del detto, secondo cui, in Terra Santa “non è mai tempo di luglio, ma sempre di marzo”, ossia non si può essere sicuri di nulla perché tutto può cambiare repentinamente così come succede nel mese di marzo. 

Fu un tempo di persecuzioni: vessazioni, espulsioni, esili, spoliazioni di diritti acquisiti con fatica, furono all'ordine del giorno. 
Nei tre secoli precedenti, la presenza dei Francescani aveva acquisito peso preminente nei Santuari. La Comunità francescana si era insediata e aveva costruito il proprio convento al Monte Sion, col diritto di officiare nel S. Cenacolo in modo esclusivo, e officiava, con altre comunità cristiane, nel S. Sepolcro, nelle basiliche di S. Maria nella Valle di Giosafat e della Natività a Betlemme. Per quanto riguarda il S. Sepolcro, nel XV secolo, i Francescani erano in possesso esclusivo e pacifico dell'edicola dello stesso Sepolcro, della Cappella del Calvario e della Cripta del ritrovamento della Croce.

Nel 1517 in Palestina al dominio dei Mamelucchi successe quello dei sultani Turchi con sede a Costantinopoli. 
Le comunità ortodosse greche, avvalendosi del fatto di esser composte di sudditi dell'impero ottomano, poterono affluire in Terra Santa. 

La competizione per il possesso dei Luoghi Santi fece sì che quelle comunità dessero inizio a una campagna denigratoria contro i Francescani, presentandoli come usurpatori, stranieri e nemici dell'impero turco. In quel periodo, la Custodia di Terra Santa dovette registrare usurpazioni ingiuste. 
La più gravosa fu l’espulsione definitiva dal S. Cenacolo, avvenuta nel 1552. I1 colpo fu duro: il convento del Monte Sion era stato, per due secoli, il centro propulsore dell'attività francescana in Terra Santa.

Tra il Cinquecento e l’Ottocento, la storia dei Luoghi Santi, per quanto riguarda il diritto di possesso giuridico, vide un avvicendarsi di perdite e di parziali recuperi. 
Se non tutto fu perduto nella basilica del S. Sepolcro e in quella di Betlemme, si deve alla parziale e faticosa azione svolta dai responsabili della Custodia. 
Questi coinvolsero le potenze cattoliche perché avviassero la loro azione diplomatica presso i sultani musulmani di Costantinopoli per la difesa dei diritti cattolici nei Luoghi Santi. 
Lo stesso Papa Urbano VIII, con una Bolla emanata nel 1623, riaffermò che era dovere e diritto di tutti i Principi cattolici di proteggere i Francescani di Terra Santa. 

Mentre nelle basiliche del S. Sepolcro, di Betlemme e in quella della Tomba della Madonna nella Valle di Giosafat si registravano perdite di diritti, i Francescani ne acquistavano dei nuovi in altri luoghi. 
Nel 1620, presero definitivo possesso del luogo dell'Annunciazione a Nazaret e venne loro concesso il Monte Tabor. Le due acquisizioni furono dovute alla benevolenza del principe druso Fakhr-el Din. 
Nel 1684, venne acquistata l'area del Getsemani e, nel 1679, quella del santuario di S. Giovanni in Ain-Karem
Nel 1754 fu acquistato il santuario della Nutrizione a Nazaret e nel 1836 quello della Flagellazione a Gerusalemme.

Ripercorrendo la storia della Custodia dal Cinquecento all'Ottocento, sono da annotate le variazioni che la sua figura giuridica ebbe in campo ecclesiastico; variazioni, in pratica, corrispondenti all'evoluzione della figura giuridica del Padre Custode. 
Il domenicano P. Felice Fabri, che fu in Terra Santa due volte, nel 1480 e nel 1483, ci presenta il Padre Custode di Terra Santa con titolo e qualifica di "Provisor" per la Chiesa Latina in Oriente, incarico che, come egli dice, il Papa frequentemente gli conferiva. 
La prima volta che il Custode di Terra Santa viene presentato come "Responsale" della S. Congregazione di Propaganda Fide in quasi tutto il Medio Oriente, é il 1628. In seguito diviene una "Istituzione" regolare. 
Lo troviamo anche con l'incarico di "Prefetto delle Missioni dell'Egitto, di Cipro". Da non lasciare sotto silenzio l'altra importante denominazione e qualifica giuridica di "Commissario Apostolico della Terra Santa e dell'Oriente". Tutte queste mansioni rimasero come incarico del Padre Custode fino alla ricostituzione del Patriarcato Latino di Gerusalemme nel 1847.

Naturalmente il rapporto fra la Custodia di Terra Santa e l'Occidente cattolico ebbe anche carattere di tipo economico, a motivo dell’organizzazione francescana, che non contempla capitali precostituiti e si astiene da alcun provento possibile nella zona di attività. 
La Custodia, dunque, ha sempre avuto necessità di essere finanziata dall'esterno. Lungo i secoli, i Papi ricordano in documenti molto importanti, a tutta la Chiesa, il dovere di aiuto alla Terra Santa, prescrivendo periodiche raccolte di offerte in tutte le diocesi. 
L'aiuto economico dei governi europei fu pure senz'altro provvidenziale, anche se non fu sempre adeguato alle necessità materiali e alle necessità di prestigio, aspetto invece di rilievo per il contesto orientale in cui la Custodia agisce.
Sotto questo aspetto, grande aiuto venne offerto alla Custodia da parte del Regno di Napoli, concretamente espresso attraverso la creazione del Commissariato di Napoli, a partire dall'anno 1621, attraverso il quale venivano raccolti i fondi poi inviati in Terra Santa. Più tardi, nel 1636, fu istituito un altro Commissariato operante nel Regno delle Due Sicilie, con sede a Messina, seguito da un altro ancora a Palermo.
Dall'altra parte dell'Italia, Venezia, consentì il continuo contatto tra la Terra Santa e i pellegrini, che venivano trasportati sulle sue navi garantendogli un viaggio sicuro. 
Nel 1593 fu stabilito, addirittura, che il Custode e i religiosi con lui eletti al governo dei frati a servizio dei Luoghi Santi, s’imbarcassero per l’Oriente esclusivamente dalla città lagunare. 
Nel 1520, il Senato Veneto decise di farsi avvocato del Guardiano del Monte Sion, ricordando al Papa che l'Ordine Francescano era alla custodia dei Luoghi Santi e chiedendo, perciò, di confermare tale privilegio. Venezia fu anche impegnata per la difesa dei Luoghi Santi soprattutto grazie alle relazioni diplomatiche con Costantinopoli.
La politica della Francia verso la Custodia di Terra Santa si espresse attraverso le Capitolazioni, ricevute dalla Francia per prima nel 1535, dal Sultano di Costantinopoli Solimano II il Magnifico. Quando questi fu in piena espansione verso l’Europa e altrove, il re Francesco I, firmò con lui un patto di aiuto contro Enrico VIII d’Inghilterra, suscitando grande scandalo tra i regni cristiani d'Europa. 

Ma le Capitolazioni servirono, tuttavia, come ponte che permise agli Stati musulmani di entrare in relazioni pacifiche e amichevoli con il mondo cristiano. Per la Francia, le Capitolazioni costituivano l’obbligo morale di intervenire e proteggere i Francescani, attraverso l’intermediazione dei suoi ambasciatori a Costantinopoli, che intervennero nel momento delle gravi difficoltà intercorse soprattutto nel XVII secolo. In seguito, il console di Francia risedette a Seyde, da dove si recava a Gerusalemme per disciplinare, sul posto, le questioni in sospeso. In tali occasioni gli venivano resi gli onori liturgici. Questa situazione perdurò fino al 1793, ma le Capitolazioni sparirono definitivamente solo nel 1917, con l’occupazione alleata di Gerusalemme, anche se giuridicamente furono abolite solo nel 1923 con il trattato di Losannna.

Il Protettorato Francese su tutti i cattolici ebbe inizio con il re Luigi XIV, che voleva essere il difensore dei cristiani dell'Impero Ottomano, anche se riuscì ad ottenere tale diritto in modo implicito e in termini assai ambigui. Fu soltanto sotto Luigi XV, con le Capitolazioni del 1740, che il diritto di Protettorato della Francia venne sancito e riconosciuto ufficialmente, grazie al ruolo che essa aveva giocato in favore dell'Impero ottomano al trattato di Belgrado.
La Santa Sede riconobbe ufficialmente il Protettorato francese su tutti cattolici, di ogni nazionalità, turchi compresi, dell'Impero ottomano, e anche su quelli dei riti orientali. Nel 1870 la Francia si allarmò vedendo nominare delegato apostolico il vicario patriarcale di Costantinopoli. Credette di dover nuovamente intervenire quando si tratto di stabilire le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Turchia. Ma i protetti dalla Francia che non erano i suoi cittadini sopportavano malvolentieri la sua protezione. Dopo l'inizio del XX secolo, sempre di più i religiosi non francesi persero la consuetudine di ricorrere ai loro consoli rispettivi, cosicché la protezione di questi ultimi si aggiungeva a quella della Francia. 
Il Protettorato francese continuò fino al 1923. Fu a San Remo che i rappresentanti della Francia dovettero rinunciarvi. Il punto finale verrà tracciato dal trattato di pace di Losanna, firmato tra la Turchia e le Potenze dell’Intesa il 24 luglio 1923. Di questa lunga tradizione segnata dalla diplomazia restano solo gli onori liturgici, ancora accordati dal Vaticano alla Francia in alcuni paesi che sono appartenuti all'Impero ottomano.

La Spagna fin dall'inizio s’impegnò di aiutare i cristiani e i frati in Terra Santa attraverso grosse somme di denaro inviate in Oriente. Da quando i regni di Aragona e di Castiglia si riunirono, i Re cattolici assunsero l’incarico di aiutare la Terra Santa e i frati guardiani dei santuari, inviando ogni anno, a tale scopo, 1000 scudi. Nel 1550 Carlo V approvò le spese per il restauro della Basilica del S. Sepolcro. Nel 1646 la S. Congregazione emanava un decreto nel quale si vietava, ai Francescani di Terra Santa, di recuperare i santuari con denaro. Per tale motivo, il Re spagnolo si occupò direttamente della faccenda inviando un frate spagnolo alla corte di Costantinopoli che ottenne, in 11 anni, il ripristino dei diritti francescani sui santuari che furono usurpati dai Greci.
Nel 1714 venne ricostruita la Basilica del S. Sepolcro e nuovamente i costi dei lavori vennero sostenuti dal Re spagnolo. Venne inoltre costituita a Madrid la cosiddetta Cassa dell’ "Opera Pia dei Luoghi Santi", che amministrava gli aiuti per Terra Santa.
Con Carlo III e con la Bolla reale del 1772, vennero difesi i diritti spagnoli di Patronato sui Luoghi Santi in risposta alla Bolla “In Supremo”, di Papa Benedetto IV, dove tali diritti non venivano menzionati. Questa Cedola Reale fu una formidabile prova di rimprovero verso tutti coloro che s’interessavano ai problemi della Terra Santa. Per difendere i propri diritti, il re obbligò Papa Pio VI, nel 1878, a pubblicare il Breve “Inter Multiplices,” in cui dava ragione alle rivendicazioni di Carlo III, documento successivamente revocato dallo stesso papa a causa della situazione politica in Spagna. Nel 1846 con la Bolla “Romani Pontifices”, la Santa Sede riunificò la cassa di Spagna e quella della Nazioni in un’unica cassa, a sostegno della Terra Santa. Nel 1853 venne creato il Consolato spagnolo a Gerusalemme, incaricato di proteggere i religiosi spagnoli in Terra Santa e di amministrare il denaro mandato dal Procuratore Generale ai frati, affinché quello non finisse nelle mani del Patriarcato Latino ricostituito nel 1848. Sotto la spinta di Isabella II di Spagna, nel 1853 vennero inoltre fondati, per inviare i missionari in Terra Santa, il “Collegio di Priego”, seguito da quelli di Santiago di Compostella e alla fine di Chipiona. 

Anche in questo lasso di tempo, come in quello precedente, tra i frati della Custodia ci furono parecchie vittime a causa della fede. Nel 1530 i frati furono incarcerati a causa della leggenda dei tesori raccolti nel Santo Sepolcro: gli infedeli cercarono di impossessarsene e, non riuscendovi, misero i frati in carcere per 27 mesi. Un’altra persecuzione scoppiò in Palestina tra il 1537 e 1540, quando i musulmani si vendicarono per la sconfitta del 1537, imprigionando i frati del Monte Sion e di Betlemme, e recludendoli nelle prigioni di Damasco per 38 mesi. Nel 1551 i frati furono espulsi dal Monte Sion e si insediarono, prima nella Torre del Forno e successivamente, nel 1558, nel Convento di San Salvatore. Nel 1548 scoppiarono altre persecuzioni a Nazaret e i frati scapparono a Gerusalemme. La situazione si ripeté nello stesso luogo tra il 1632 e il 1638. Altri frati morirono in Terra Santa a causa dell'odio dei Greci, come fu nel caso di due francescani sull'isola di Candia, gettati in mare nel 1560. Poi, con l’arrivo di Napoleone in Terra Santa, scoppiarono nel 1799 altre persecuzioni a Gerusalemme e a Ramleh. Tutto fu aggravato dalla peste che imperversò diverse volte nel Settecento e nell’Ottocento.

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Nel 1847, Papa Pio IX, col Breve apostolico Nulla Celebrior, ristabilì la sede patriarcale latina a Gerusalemme. Nel Breve apostolico si ricordavano gli ostacoli che avevano impedito fino ad allora al Patriarca Latino di risiedere a Gerusalemme e, dato il mutamento generale della situazione, ripristinava l'esercizio della giurisdizione del Patriarca latino obbligandolo alla residenza in Gerusalemme. 

La Custodia di Terra Santa continua a svolgere la sua missione provvidenziale in favore dei Luoghi Santi e a moltiplicare la sua attività a beneficio della popolazione presente nell'area in cui opera. Per quanto riguarda i Santuari, si registrano i seguenti acquisti: nel 1867, la Serva di Dio Paolina Nicolay dona alla Custodia il santuario di Emmaus; nel 1875, fu acquistata la VII Stazione della Via Dolorosa; nel 1878, il santuario di Naim; nel 1879, si concludono le trattative per il santuario di Cana; nel 1880, si acquista il santuario di Betfage; tra il 1889 e il 1950, la Custodia acquista il diritto di possesso della V Stazione, del «Dominus Flevit», di Tabga, di Cafarnao, del Campo dei Pastori presso Betlemme, del Deserto di S. Giovanni Battista, del Monte Nebo, del luogo del Battesimo di Gesù sulle rive del Giordano, di un piccolo locale nelle vicinanze immediate del S. Cenacolo e di Betania.

È soprattutto in questo periodo che la Custodia di Terra Santa svolse la sua opera di ricostruzione parziale o totale dei santuari. Si trattava, spesso, di modeste cappelle, senza pretesa alcuna. I mezzi economici e le resistenze sociali non permettevano di fare di più. Soprattutto dall'inizio del XX secolo, i Francescani cercarono d'interpretare il sentimento comune dei fedeli che giustamente esigevano che i loro santuari avessero l'adeguata dignità che concilia la devozione. Ricordiamo, di questa molteplice attività edilizia, le seguenti costruzioni: nel 1901, la basilica di Emmaus; nel 1919-1924, la basilica dell'Agonia al Getsemani; nel 1921-1924, quella della Trasfigurazione sul Monte Tabor; nel 1952-1953, il nuovo santuario di Betania; nel 1953-1954, quello del Campo dei Pastori presso Betlemme; nel 1955, quello del «Dominus Flevit», sul pendio del Monte degli Olivi; nel 1955-1969, la basilica dell'Annunciazione a Nazaret.

In questo periodo infine, si assistette ancora ad episodi di sangue versato da frati, come avvenne nel 1860 a Damasco con la persecuzione scatenata dai Drusi contro i cristiani del Libano e allargatasi poi alla Siria e Damasco. La persecuzione scoppio a causa del decreto firmato a Parigi nel 1856 dal Sultano Abdul-Megid, col quale lo stesso sultano riconosceva l'uguaglianza di tutti i suoi sudditi, senza distinzione di razza e religione. La persecuzione fece circa 7 mila morti tra i quali i frati beato Emmanuele Ruiz e altri suo compagni martiri. Un altro caso di un martirio avvenne in Turchia nel 1895 quando fu ucciso fra Salvatore Lilli, uno dei martiri che venne canonizzato.

Il clima storico di quel periodo può essere ben compreso attraverso la lettura della cronaca di un fatto sanguinoso avvenuto a Gerusalemme nel 1901, quando, anche a seguito dell’imporsi dello status quo, vennero ad ingenerarsi situazioni di tensione. In quell’occasione si trattava del diritto di spazzare la piazzetta attigua alle scale che immettono alla cappella cosi detta dei Franchi. I monaci Greci aggredirono alcuni frati ferendoli in modo grave con delle pietre che erano state accumulate sui terrazzi circondanti il piazzale. 
Infine, nel 1920, a causa della persecuzione contro gli armeni, morirono per mano turca tre sacerdoti e due frati. 

Si conclude questa sintesi storica della Custodia di Terra Santa con le parole dell'Esortazione Apostolica Nobis in animo, che Papa Paolo VI emanò nel 1974: «Non senza un disegno provvidenziale, le vicende storiche del secolo XIII portarono in Terra Santa l'Ordine dei Frati Minori. I figli di San Francesco sono, da allora, rimasti nella Terra di Gesù per una serie di anni ininterrotti per servire la Chiesa locale e per custodire, restaurare, proteggere i Luoghi Santi cristiani; la loro fedeltà al desiderio del fondatore e al mandato della Santa Sede è stata spesso suggellata da atti di straordinaria virtù e generosità».

Chi siamo - Gratias Agimus

Costituzione giuridica della “Custodia di Terra Santa”

Ai diletti figli, il Ministro Generale e il Ministro Provinciale della Terra di Lavoro dell’Ordine dei Frati Minori, salute e Apostolica Benedizione.

1- Rendiamo grazie al Dispensatore di tutte le grazie innalzandogli degne lodi, perché accese tale fervoroso zelo di devozione e di fede nei nostri carissimi figli in Cristo, il re Roberto e Sancia regina di Sicilia illustri nell’onorare il Redentore e Signor Nostro Gesù Cristo, che non cessano di operare con instancabile amore ciò che conviene a lode e gloria di Dio e a venerazione ed onore del Santo Sepolcro del Signore e di altri Luoghi (Santi) d’Oltremare.

2- È da poco tempo che al nostro soglio apostolico giunse la gradita notificazione del re e della regina, come essi con grandi spese e faticose trattative ottennero dal sultano di Babilonia (= Cairo) (che occupa il Sepolcro del Signore ed altri Luoghi Santi d’Oltremare, santificati dal sangue dello stesso Redentore, con grave vergogna dei Cristiani), che i frati del vostro Ordine possano dimorare continuamente nella chiesa del detto Sepolcro, e celebrare pure solennemente là dentro Messe cantate e Divini Uffici, come già si trovano in quel posto alcuni frati del detto Ordine; e oltre ciò il medesimo sultano concesse al re e alla regina il Cenacolo del Signore, la cappella dove lo Spirito Santo apparve agli Apostoli, e l’altra cappella dove Cristo dopo la sua risurrezione si manifestò agli Apostoli, presente il beato Tommaso; e come la regina costruì un luogo (= convento) sul Monte Sion, nel cui ambito, come si sa, vi sono il Cenacolo e le due dette cappelle; poiché da parecchio tempo ella ha inteso mantenervi continuamente a sue spese dodici frati del vostro Ordine per compiere la Divina Ufficiatura nel (la chiesa del Santo) Sepolcro, insieme a tre persone secolari a servizio degli stessi frati e per il disbrigo delle loro necessità.

3- Perciò la summenzionata regina, in adempimento alla sua pia devozione e a quella del re in tale faccenda, ci supplicò umilmente d’intervenire con la nostra autorità apostolica al fine di provvedere a quei medesimi Santi Luoghi con (l’invio di) frati devoti e domestici idonei fino al (raggiungimento del) predetto numero.

4- Noi quindi, approvando il pio e lodevole proposito del detto re e regina, e la loro devota intenzione degna della benedizione divina, e volendo assecondare in maniera favorevole i loro voti e desideri, nei sensi della presente (Bolla) concediamo a tutti e a ciascuno di voi piena e libera facoltà di chiamare, ora e in avvenire, alla vostra presenza, per autorità apostolica e per richiesta dei surricordati re e regina, o di uno di loro, ovvero dei loro successori, dopo aver sentito il parere dei consiglieri del vostro Ordine, quei frati idonei e devoti (presi) da tutto l’Ordine fino al detto numero.

5- E, considerata l’importanza di quest’affare, pensino a mandare quelli che sono destinati al servizio di Dio tanto nella chiesa del Sepolcro del Signore che nel Santo Cenacolo e sunnominate cappelle; e ciò dopo essersi informati circa le attitudini di quei frati, che chiamerete, dai loro Ministri Provinciali del vostro Ordine, da dove verranno presi temporaneamente quei frati designati e destinati a quelle regioni (d’Oltremare); e nel caso che qualcuno di essi venga a mancare, si dia pure licenza ogni volta che vi sarà bisogno, a quegli altri frati che li sostituiranno, di dimorare in quelle parti.

6- Vi concediamo ancora la facoltà di costringere, dopo un richiamo, i (frati) contestatori per mezzo di censure ecclesiastiche (nonostante qualsiasi proibizione apostolica o contrari statuti del medesimo Ordine rafforzati da solenne attestazione, da conferma apostolica o da qualsiasi altra convenzione, ossia se dalla Sede Apostolica fu concesso ad alcuni in generale o in particolare l’esenzione di essere interdetti, sospesi o scomunicati per lettera apostolica che non faccia menzione in modo pieno, espresso e letterale d’un simile indulto).

7- Noi vogliamo che, quando i medesimi frati in tal maniera designati, saranno (nelle regioni) d’Oltremare, stiano sotto l’obbedienza e il governo del Guardiano dei frati del vostro Ordine in tutto ciò che è di sua competenza e del Ministro Provinciale della Terra Santa.


Papa Clemente VI
Data in Avignone, il 21 novembre 1342, anno primo del nostro Pontificato

"Status quo", oppure "Statu quo", come è abituale dire in Terra Santa e in molte pubblicazioni, nel senso ampio si riferisce alla situazione in cui si trovano le Comunità cristiane della Terra Santa nelle loro relazioni con i governi della regione. 

Specificamente lo "Status quo" indica la situazione in cui si trovano le comunità cristiane nei Santuari di Terra Santa. Situazioni riguardanti tanto la proprietà quanto i diritti che hanno in essi sia da sole, sia in concomitanza con altri riti, al Santo Sepolcro, nella basilica della Natività a Betlemme e alla Tomba della Madonna a Gerusalemme.

La vita dei Santuari è inscindibile dai regimi politici della Terra Santa che condussero pian piano alla situazione oggi in vigore. Durante i secoli XVII e XVIII Greci ortodossi e Cattolici furono in continua controversia per alcuni Santuari (Santo Sepolcro, Tomba della Madonna e Betlemme). Fu un periodo di "lotte fraterne e interventi politici". Attraverso queste dolorose vicende si giunse alla situazione ratificata da un firmano dell’8 febbraio 1852 e indicato col termine di "Statu quo".

Lo "Status quo" nei Santuari di Terra Santa, specialmente nel Santo Sepolcro, determina i soggetti della proprietà dei Luoghi Santi, e più concretamente gli spazi dentro il Santuario, e anche gli orari e i tempi delle funzioni, gli spostamenti, i percorsi e il modo di realizzarle, sia in canto che in semplice lettura. 

Bisogna ricordare che le comunità ufficianti nel Santo Sepolcro, oltre ai Latini, sono i Greci, gli Armeni, i Copti e i Siriani e che per ogni cambiamento occorre tener conto di tutte le comunità. Le comunità del Sepolcro si regolano secondo il calendario proprio si ciascun rito. Per quanto concerne la comunità cattolica, i francescani seguono le feste secondo il grado di solennità precedente la riforma del Vaticano II, perché ciò determina il diritto, acquisito con lo “Status quo”, ai primi Vespri solenni, Mattutino, Messa e altre funzioni ad essi legati (processioni, incensazioni, ecc.).

Per capire meglio tale situazione, sono necessari alcuni cenni storici. 
Subito dopo il suo ingresso in Costantinopoli, Maometto II proclamò il Patriarca greco di Costantinopoli l’autorità religiosa e civile per tutti i cristiani residenti nel suo impero. 
Da allora le comunità ortodosse di Grecia, avvalendosi di essere composte di sudditi dell’impero ottomano, poterono affluire in Terra Santa ed esercitare una più efficace influenza sui sultani per ottenere a loro favore vantaggi nei santuari. Il clero ellenico riuscì progressivamente a sostituire il clero nativo. 

Dal 1634 il Patriarca ortodosso di Gerusalemme sarà sempre un ellenico.
In questo periodo iniziano anche le rivendicazioni da parte del clero ellenico sui luoghi santi. Nel 1666 il Patriarca Ortodosso Germano rivendicò i diritti ortodossi sulla Basilica di Betlemme, come precedentemente era stato fatto dal Patriarca Sofronio IV (1579-1608) e Teofanio (1608-1644). Simili rivendicazioni vengono in seguito fatte anche per il S. Sepolcro a Gerusalemme. 

Tali tentativi vengono fermati soprattutto grazie all’intervento di Venezia e della Francia presso la Sublime Porta (così era chiamata l’istanza suprema nell’Impero Ottomano). 
Nel 1633 il Patriarca Teofanio riuscì ad ottenere un firmano retrodatato al tempo di Omar (638) che conferiva al Patriarcato Greco ortodosso i diritti esclusivi sulla Grotta della Natività, il Calvario e la lapide dell’Unzione. 
Le Potenze Occidentali riuscirono ad ottenere, sotto la pressione di Papa Urbano VII, il ritiro del firmano. Tuttavia esso fu emanato una seconda volta nel 1637. In quel periodo Venezia, Austria e Polonia erano in guerra contro l’Impero, e non poterono avere alcuna influenza a favore dei Francescani. 
La situazione si fece ancora più drastica nel 1676 quando il Patriarca Dositeo (1669-1707) ottenne un altro firmano con il quale ottenne l’esclusivo possesso del S. Sepolcro. In seguito alle proteste occidentali, la Sublime Porta nominò un tribunale speciale per esaminare i diversi documenti. 
Nel 1690, con apposito firmano, fu dichiarato dal tribunale che i Francescani sono i legittimi proprietari della Basilica. Da allora le potenze occidentali furono sempre più attive presso il Governo Ottomano per garantire i diritti cattolici nei luoghi santi. Fu così con la pace di Carlowitz (1699), Passarowitz (1718), Belgrado (1739) e Sistow (1791). 
Tuttavia i risultati effettivi di tali interventi non furono molti.

Nel 1767, anche in seguito a scontri violenti e a vandalismi che videro coinvolti la popolazione locale, i Greci Ortodossi e i Francescani, la Sublime Porta emanò un firmano che assegnava ai Greci ortodossi la Basilica di Betlemme, la tomba della Madonna e quasi interamente la Basilica del S. Sepolcro. Nonostante i ripetuti appelli di Papa Clemente XIII alle potenze occidentali, il firmano venne confermato e fissò in maniera ormai definitiva, salvo qualche piccolo dettaglio, la situazione sui Luoghi Santi fino ai nostri giorni.

Nel secolo XIX la questione dei Luoghi Santi divenne un contenzioso politico, specialmente tra Francia e Russia. La Francia ottenne la protezione esclusiva sui diritti dei Cattolici, mentre la Russia quella sui cristiani ortodossi. 
Nel 1808 un grande incendio nella Basilica del S. Sepolcro distrusse quasi completamente l’edicola crociata del Sepolcro. I greci ottennero il permesso di ricostruire una nuova edicola, che è quella attualmente esistente. Nel 1829 agli Armeni ortodossi vengono in maniera definitiva riconosciuti gli attuali diritti nella Basilica.
Nel 1847 i greci rimossero la stella d’argento situata sul luogo della nascita del Signore nella Grotta di Betlemme. Sulla stella, infatti, vi era una scritta in latino che attestava così la proprietà latina del luogo. 
Nel 1852, l’ambasciatore francese presso la Sublime Porta, a nome delle potenze cattoliche chiese il ripristino dei diritti dei Francescani precedenti al 1767 e in particolare la ricollocazione della stella. 

L’imperatore ottomano, su pressione dello zar Nicola, rifiutò ed emanò un firmano con il quale decretava che lo Status Quo (cioè la situazione vigente dal 1767) doveva essere mantenuto. 

Da allora, nonostante i ripetuti tentativi e le diverse guerre succedutesi la situazione rimase immutata, anche se la stella fu ricollocata al suo posto. Nemmeno dopo la caduta dell’Impero Ottomano e la creazione del mandato britannico lo Status Quo fu più modificato.

Tale situazione oggi è considerata un dato di fatto acquisito.

  • Le relazioni e i rapporti tra le diverse comunità cristiane sono ancora regolate dallo Status Quo, ma sono cordiali e amichevoli.
  • Il dialogo ecumenico ha definitivamente stemperato i conflitti storici.
  • Non esiste più, almeno da parte cattolica, l’accusa di "usurpazione" dei Luoghi Santi. Al contrario si ritiene la pluriforme presenza cristiana su tali luoghi una ricchezza preziosa da salvare ed un diritto acquisito e irrinunciabile.
  • I periodici incontri e le trattative tra le diverse comunità oggi si concentrano soprattutto sui restauri delle basiliche e sulla possibilità di una migliore distribuzione delle differenti liturgie.
  • Le decisioni vengono prese di comune accordo tra le diverse comunità religiose, senza alcun intervento esterno, sia esso di carattere politico o civile.

800 anni di presenza francescana in Terra Santa

I primi frati francescani sbarcarono ad Acri nel 1217, guidati da Frate Elia da Cortona. 800 anni sono trascorsi e i frati sono ancora oggi presenti in Terra Santa, dediti alla custodia dei luoghi della cristianità e al sostegno della popolazione locale. Proprio per celebrare questo importante anniversario, i frati si sono riuniti ad Acri per uno speciale pellegrinaggio commemorativo. Il 16-17-18 ottobre 2017 il convento francescano di San Salvatore, nella città vecchia di Gerusalemme, ha ospitato conferenze e incontri con relatori d'eccezione e figure di spicco del mondo cristiano. 

I frati riuniti ad Acri a 800 anni dall'inizio dell'avventura francescana in Terra Santa

800 anni di francescani in Terra Santa, Michael Perry: «La nostra presenza è per tutta l'umanità»

800 anni, Card. Sandri: "La missione della Custodia è offrire al mondo intero il tesoro di Gesù"

800 anni, Mons. Pizzaballa: "Nei francescani vedo tanto entusiasmo e il desiderio di servire queste terre"

In occasione degli 800 anni di presenza francescana in Terra Santa il Christian Media Center ha realizzato un documentario speciale diviso in tre parti. È un viaggio alle origini della presenza francescana che conduce fino ai giorni nostri e alle celebrazioni dell'ottavo centenario, svoltesi a Gerusalemme ⇒ GUARDA IL DOCUMENTARIO

800 anni dall'incontro tra San Francesco e il Sultano 

A marzo 2019 in occasione dell'VIII centenario dell’incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano Al-Malik Al-Kamel i Francescani della Provincia Egiziana "Santa Famiglia" hanno organizzato le celebrazioni tra Damietta e Il Cairo. Una cornice, quella egiziana, che rimanda direttamente all’incontro avvenuto 800 anni fa tra il Santo e il Sultano e che, ancora oggi, parla a tutti coloro che hanno fatto del dialogo e della convivenza la loro quotidianità.

LEGGI L'ARTICOLO

La Croce di Terra Santa

La croce di Terra Santa, una croce greca potenziata di colore rosso su sfondo bianco contornata da quattro croci più piccole e conosciuta anche con il nome di “croce di Gerusalemme”, è il simbolo della Custodia di Terra Santa.

Origini e storia
Sulle origini del famoso simbolo non vi sono informazioni certe. 
Il segno che molti hanno associato con il regno fondato dai crociati nel 1099, in realtà, figura su monete, sigilli e bandiere che nulla hanno a che fare con il mondo delle crociate. È vero, invece, che con le crociate la croce di Gerusalemme acquista, affianco a quello spirituale, un significato politico e d’identità territoriale. 

È più probabile che la croce di Gerusalemme sia l’evoluzione di una croce greca con dei puntini al posto delle crocette usata dalla primissima comunità cristiana del Medio Oriente in epoca romana, già mille anni prima delle crociate. 
Di fatto, tanti dei segni ritrovati in diverse località della Terra Santa rimandano alla croce di Gerusalemme, compresi alcuni mosaici in cui essa appare perfettamente uguale a quella attuale. È questo il legame alla base dell’adozione del simbolo da parte dei francescani di Terra Santa.

Significato
Il significato per il quale la Custodia francescana lo ha adottato, consiste nel ricordare la Passione di Cristo e il suo dominio universale. Per molti, infatti, il numero delle croci (quattro piccole più una grande) simboleggia le cinque piaghe di Gesù sulla croce. 
Mentre la croce, da sempre simbolo del cosmo attraverso il numero quattro che rimanda ai quattro punti cardinali e dell’infinito, sta a significare la presenza cosmica della potenza divina.

I papi in Terra Santa e il loro incontro con la Custodia

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Primo successore di san Pietro a compiere un pellegrinaggio in Terra Santa. Paolo VI compie il suo viaggio nel Gennaio del 1964, mentre la Chiesa celebrava il Concilio Vaticano II. Arrivò ad Amman, in Giordania dove incontrò il re Hussein. Da lì si spostò in macchina a Gerusalemme dopo essersi fermato in preghiera sulle sponde del fiume Giordano e al convento francescano di Betania. Il suo fu un pellegrinaggio carico di una grande importanza storica e simbolica per la Chiesa. Paolo VI visitò i luoghi della vita e del passaggio di Gesù Cristo portando, come lui, lo stesso messaggio di pace e amore. 

L’allora custode di Terra Santa il Rev.mo P. Lino Cappiello accompagnò il Sommo Pontefice nel suo viaggio in Giordania.

Dopo una strepitosa accoglienza nella città vecchia da parte della gente e dei pellegrini che ruppero i cordoni e travolsero gli steccati al suo arrivo, il Santo Padre arrivò finalmente al Santo Sepolcro accolto anche là dai fratelli Francescani. Qui si fermò in raccoglimento sulla tomba vuota di Cristo, in cui depose un ramoscello d’olivo d’oro portato da Roma, qui celebrò la santa messa, il memoriale della Passione e la sua preghiera per l'unità.

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Saranno sempre i Francescani ad accogliere il Sommo Pontefice nel santuario dell’Annunciazione a Nazaret ancora in costruzione e benedetto proprio da Paolo VI in quell’occasione. Qui il P. Custode ricevette dal Santo Padre una preziosissima corona di brillanti per il quadro dell’Annunciazione. 

Il pellegrinaggio ai Luoghi Santi non tralasciò luoghi importanti come il Lago di TiberiadeCafarnao e la Basilica della Trasfigurazione, santuari custoditi e illustratigli dai Francescani.

L'ultima tappa del viaggio fu, infine, caratterizzata dalla visita a Betlemme e dall'importanza del suo discorso pronunciato nella Grotta della Natività. Un messaggio al mondo di pace e bene per tutti.

Il telegramma del S. Padre al Rev.mo P. Custode di Terra Santa

"Tra indimenticabili ricordi, edificanti immagini che al nostro spirito commosso ripresentano itinerario nostro pellegrinaggio ai Luoghi santificati dai misteri della redenzione cristiana amiamo soffermare memore pensiero su incontri avuti con diletti Francescani di Terra Santa nella loro casa ospitale, nei santuari che essi hanno il privilegio di custodire e nei Luoghi ove essi promuovono culto perenne nel nome della Chiesa Cattolica.

Siamo lieti di cogliere propizia occasione per elevare riverente pensiero di grata ammirazione a quanti benemeriti figli di S. Francesco nel corso di sette secoli svolsero con tanta abnegazione prezioso fecondo servizio di fedele apostolato nella terra eletta di Gesù in mirabile irradiazione di fede viva, carità ardente, zelo sollecito.

Rinnoviamo espressione nostro compiacimento riconoscente a Lei, ai confratelli tutti della Custodia, invochiamo dal Divino Redentore larga effusione di celesti favori e confortiamo loro solerte operosità con propiziatrice nostra Apostolica Benedizione.
 PAOLO PP. VI

Il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Terra Santa dura sette giorni: dal 20 al 26 marzo 2000. 
Accolto dal re di Giordania Abdallah II e da tutta la famiglia reale, il sommo Pontefice inizia il suo pellegrinaggio giubilare ad Amman, come aveva fatto il suo predecessore Paolo VI. Anche il suo fu un viaggio segnato dal desiderio di portare un forte messaggio di pace e fratellanza: “Non importa quanto difficile, non importa quanto lungo, il processo di pace deve continuare” (dal discorso fatto ad Amman). 

Presenti a quell’incontro storico, anche il Padre Custode Giovanni Battistelli e Padre Giacomo Bini Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori ed altri rappresentanti della chiesa cattolica e Greco-Ortodossa. 
Nel suo discorso sul Monte Nebo Giovanni Paolo II salutò i presenti e l’inizio del suo viaggio, ricordando le grandi figure di Mosè e Gesù Cristo, al quale dedicò ogni passo del suo pellegrinaggio. Il suo saluto, in quel primo giorno, andò anche ai figli di san Francesco e al loro secolare servizio di custodire i luoghi santi. 

Giovanni Paolo II arrivò in Terra Santa in un momento storico molto diverso da quello degli anni ’60. Le sue stesse condizioni fisiche segnano una differenza con il suo predecessore, ma è soltanto apparente. Lo spirito e il messaggio sono gli stessi: pace, fraternità e giustizia per tutti gli uomini.

Le persone, accorse da ogni angolo per vederlo, gli riservano un caloroso benvenuto. Come d'altronde è caloroso il benvenuto datogli dal Re della Giordania, dal capo di stato di Israele Ezer Weizman e dal presidente della Palestina Yaser Arafat.

A Betlemme Giovanni Paolo II ha incoraggiato il popolo palestinese ricordando che la pace è solo possibile quando esiste il rispetto dei diritti umani, ed ha poi esortato la minoranza cristiana a non emigrare. Sorretto dal Custode da una parte e dal Ministro Generale dall’altra ha disceso gli scalini che portano alla grotta della natività, qui si è raccolto in preghiera per alcuni minuti. 

Importante e molto apprezzato, il suo intervento durante l’incontro interreligioso nell’auditorio del Notre Dame di Gerusalemme, nel quale individuò proprio nel dialogo tra le diverse religioni la via per la pace nel mondo e nella Terra Santa in particolare. 

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Non poteva certo mancare la visita alla Basilica di Nazareth, visto che l’intero pellegrinaggio pare fosse stato organizzato intorno alla ricorrenza della festa dell’Annunciazione. Ad attenderlo all’ingresso il P. Custode Giovanni Battistelli e il Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori P. Giacomo Bini. 

Tra i gesti inaspettati che sono passati alla storia la sua visita al Muro Occidentale e la preghiera lasciata in una delle fessure. 

Ultima visita del Sommo Pontefice è stata quella al Santo Sepolcro del 26 Marzo, ultimo giorno del suo pellegrinaggio giubilare. Dopo aver celebrato la messa al mattino e aver pranzato nella sede del Patriarcato Latino ha richiesto a sorpresa di poter ritornare in forma privata al S. Sepolcro per salire al Calvario, che nella mattinata aveva soltanto guardato sovrappensiero mentre usciva dalla Basilica. 


Dagli articoli a cura di Franco Valente ofm e Giampiero Sandionigi, riviste di Terra Santa 2000 e 2009.

Papi in Terra Santa - Benedetto XVI

"Un pellegrinaggio, anzi, il pellegrinaggio per eccellenza alle sorgenti della fede; e al tempo stesso una visita pastorale alla Chiesa che vive in Terra Santa: una Comunità di singolare importanza, perché rappresenta una presenza viva là dove essa ha avuto origine"

Sono queste le parole di Benedetto XVI al ritorno dalla sua visita in Terra Santa. Queste parole sono anche l'essenza della presenza francescana e della sua missione di mantenere viva questa comunità.

La visita di Benedetto XVI in Terra Santa è carica d'importanza storica e spirituale.
Le tappe del pellegrinaggio di "Pietro" non cambiano, né cambia il significato profondo dei suoi discorsi. 
Le sue parole per la Terra Santa sono parole di sostegno e incoraggiamento per chi cerca la pace, per chi cerca unità, e per chi cerca la forza di non abbandonarla. 

Benedetto XVI

“La Chiesa in Terra Santa, che ben spesso ha sperimentato l’oscuro mistero del Golgota, non deve mai cessare di essere un intrepido araldo del luminoso messaggio di speranza che questa tomba vuota proclama. Il Vangelo ci dice che Dio può far nuove tutte le cose, che la storia non necessariamente si ripete, che le memorie possono essere purificate, che gli amari frutti della recriminazione e dell’ostilità possono essere superati, e che un futuro di giustizia, di pace, di prosperità e di collaborazione può sorgere per ogni uomo e donna, per l’intera famiglia umana, ed in maniera speciale per il popolo che vive in questa terra, così cara al cuore del Salvatore”.

Così Benedetto XVI incoraggia i presenti che lo ascoltano davanti alla Tomba vuota, quella stessa "che cambiò la storia dell'umanità". 
Un viaggio, insomma, nel segno della fede e della speranza.

La Pace nel segno di San Francesco
Più di una volta il Sommo Pontefice ha ringraziato i frati della Custodia per il lavoro svolto in Terra Santa. Egli ha riconosciuto il ruolo dei frati come componente necessaria a costruire la pace, ricordando a tutti che San Francesco stesso è stato un "grande apostolo della pace e della riconciliazione". 

Giuseppe Caffulli, Pietro di nuovo al Sepolcro vuoto, Rivista “Terrasanta”, Numero 3, Maggio-Giugno 2009, Anno IV, pp. 70-72 e Introduzione, p. 3.

24-26 Maggio 2014

«In questa basilica, alla quale ogni cristiano guarda con profonda venerazione raggiunge il suo culmine il pellegrinaggio che sto compiendo insieme con il mio amato fratello in Cristo, Sua Santità Bartolomeo. È una grazia straordinaria essere qui riuniti in preghiera. La Tomba vuota è il luogo da cui parte l’annuncio della Risurrezione: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: ‘È risorto dai morti’” (Mt 28,5-7). Questo annuncio, confermato dalla testimonianza di coloro ai quali apparve il Signore Risorto, è il cuore del messaggio cristiano, trasmesso fedelmente di generazione in generazione. È il fondamento della fede che ci unisce, grazie alla quale insieme professiamo che Gesù Cristo, unigenito Figlio del Padre e nostro unico Signore».

Sono le parole del Papa durante l’incontro al Santo Sepolcro.

Papa Francesco aveva annunciato la sua visita in Terra Santa durante l'Angelus del 5 gennaio 2014: “Nel clima di gioia, tipico di questo tempo natalizio, desidero annunciare che dal 24 al 26 maggio prossimo, a Dio piacendo, compirò un pellegrinaggio in Terra Santa per commemorare lo storico incontro tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Athenagoras I, che avvenne esattamente il 5 gennaio di 50 anni fa. Le tappe saranno tre: Amman, Betlemme, Gerusalemme. Tre giorni. Presso il Santo Sepolcro celebreremo un incontro ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli”.

Anche oggi i bambini sono un segno

Betlemme, 25 maggio 2014
«Il Bambino Gesù, nato a Betlemme, è il segno dato da Dio a chi attendeva la salvezza. Anche oggi i bambini sono un segno. Segno di speranza, segno di vita, ma anche segno diagnostico per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo intero. Dio lo ripete oggi anche a noi, uomini e donne del XXI secolo: «Questo per voi il segno», cercate il bambino…
Proprio ai bambini palestinesi papa Francesco ha concesso tempo ed ascolto, prima di lasciare Betlemme e la Palestina. Nel campo profughi di Dheisheh, il Papa ha incontrato cento bambini, insegnando loro con poche parole semplici, come disinnescare l’odio e la violenza e ricominciare sempre nella vita: «Non pensate mai che il passato determini la vita. Guardate sempre avanti, lavorate per ottenere quel che volete. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace, il lavoro, la dignità. Chiedo a Dio che vi benedica e vi chiedo di pregare per me».


Celebrazione Ecumenica al Santo Sepolcro

Gerusalemme, 25 maggio 2014

Papa Francesco 2

Come 50 anni fa – quando Paolo VI e Atenagora si abbracciarono sul Monte degli Ulivi – Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo si sono incontrati nel luogo più significativo per ogni cristiano: il Santo Sepolcro. 

«È con timore, emozione e rispetto – ha affermato il patriarca di Costantinopoli – che noi ci troviamo davanti al “luogo dove il Signore giacque”, la vivificante tomba dalla quale è emersa la vita. E noi rendiamo gloria a Dio misericordioso, che ha reso degni noi, Suoi indegni servi, della suprema benedizione di farci pellegrini nel luogo in cui si è rivelato il mistero della salvezza del mondo. Questa tomba sacra ci invita a respingere un altro timore che forse è il più diffuso nella nostra era moderna, vale a dire la paura dell’altro, del diverso, la paura di chi aderisce ad un’altra fede, un’altra religione o un’altra confessione. Davanti a tale situazione, il messaggio che promana dalla tomba che dà la vita è urgente e chiaro: amare l’altro, l’altro con le sue differenze, chi segue altre fedi e confessioni».

«Eppure – ha dichiarato il Papa – a cinquant’anni dall’abbraccio di quei due venerabili Padri, riconosciamo con gratitudine e rinnovato stupore come sia stato possibile, per impulso dello Spirito Santo, compiere passi davvero importanti verso l’unità. Dobbiamo credere che, come è stata ribaltata la pietra del sepolcro, così potranno essere rimossi tutti gli ostacoli che ancora impediscono la piena comunione tra noi. Sarà una grazia di risurrezione, che possiamo già oggi pregustare. Ogni volta che chiediamo perdono gli uni agli altri per i peccati commessi nei confronti di altri cristiani e ogni volta che abbiamo il coraggio di concedere e di ricevere questo perdono, noi facciamo esperienza della risurrezione!». 
L’abbraccio d’amore di Gerusalemme, nel segno di Papa Montini e di Atenagora, è ora destinato a toccare il cuore dei credenti di tutto il mondo.

Visita a sorpresa nel convento di San Salvatore

Papa Francesco 3

Gerusalemme, 25 maggio 2014

 

Papa Francesco, cambiando il programma ufficiale, ha pranzato con tutti i francescani a San Salvatore. Nessun Papa lo aveva mai fatto prima, nonostante San Salvatore sia la casa centrale di tutti i francescani della Terra Santa e i Papi abbiano celebrato nei Santuari custoditi dai Figli di Francesco. È stato un momento di felicità immensa. Gli applausi dei 95 frati presenti al refettorio, molti di questi giovani, si sono sentiti in tutta Gerusalemme. Il pranzo è stato molto semplice. Abbiamo potuto esperimentare la semplicità, la “minorità”, come ripete spesso Papa Francesco. Nelle fotografie si può vedere l’amore del Papa per tutti e anche la sua semplicità e allegria. Cosa volete che vi dica? Per me è stato come se grande amico fosse venuto a visitarci. E con lui è arrivata la felicità. La gioia del Papa diceva tutto. E mi sono sentito un po’ più francescano.

Sintesi del testo di Fra Artemio Vítores, ofm

Il Papa al Getsemani: Chi sono io davanti al mio Signore che soffre?

Gerusalemme, 26 maggio 2014

«In quell’ora, Gesù ha sentito la necessità di pregare e di avere accanto a sé i suoi discepoli, i suoi amici, che lo avevano seguito e avevano condiviso più da vicino la sua missione. Ma qui, al Getsemani, la sequela si fa difficile e incerta; c’è il sopravvento del dubbio, della stanchezza e del terrore. Nel succedersi incalzante della passione di Gesù, i discepoli assumeranno diversi atteggiamenti nei confronti del Maestro: atteggiamenti di vicinanza, di allontanamento, di incertezza. Farà bene a tutti noi, vescovi, sacerdoti, persone consacrate, seminaristi, in questo luogo, domandarci: chi sono io davanti al mio Signore che soffre? Sono di quelli che, invitati da Gesù a vegliare con Lui, si addormentano, e invece di pregare cercano di evadere chiudendo gli occhi di fronte alla realtà? O mi riconosco in quelli che sono fuggiti per paura, abbandonando il Maestro nell’ora più tragica della sua vita terrena? C’è forse in me la doppiezza, la falsità di colui che lo ha venduto per trenta monete, che era stato chiamato amico, eppure ha tradito Gesù? Mi riconosco in quelli che sono stati deboli e lo hanno rinnegato, come Pietro?».

Prima di lasciare il Getsemani il Papa ha piantato un ulivo nel giardino del Getsemani, come già fece Paolo VI. Un ulivo che racconterà nei secoli a venire le speranze di pace e la testimonianza di fede che Papa Francesco ha voluto seminare con la sua presenza in questa terra.

Il Papa al Cenacolo: qui è nata la Chiesa, ed è nata in uscita

Papa Francesco 4

Gerusalemme, 26 maggio 2014
«È un grande dono che il Signore ci fa, di riunirci qui, nel Cenacolo, per celebrare l’Eucaristia. Qui, dove Gesù consumò l’Ultima Cena con gli Apostoli; dove, risorto, apparve in mezzo a loro; dove lo Spirito Santo scese con potenza su Maria e i discepoli, qui è nata la Chiesa, ed è nata in uscita. Da qui è partita, con il Pane spezzato tra le mani, le piaghe di Gesù negli occhi, e lo Spirito d’amore nel cuore.
Il Cenacolo ci ricorda la condivisione, la fraternità, l’armonia, la pace tra di noi. Quanto amore, quanto bene è scaturito dal Cenacolo! Quanta carità è uscita da qui, come un fiume dalla fonte, che all’inizio è un ruscello e poi si allarga e diventa grande… Tutti i santi hanno attinto da qui; il grande fiume della santità della Chiesa sempre prende origine da qui, sempre di nuovo, dal Cuore di Cristo, dall’Eucaristia, dal suo Santo Spirito.
Il Cenacolo infine ci ricorda la nascita della nuova famiglia, la Chiesa, la nostra santa madre Chiesa gerarchica, costituita da Gesù risorto. Questo è l’orizzonte del Cenacolo: l’orizzonte del Risorto e della Chiesa. Da qui parte la Chiesa, in uscita, animata dal soffio vitale dello Spirito».

Saluto al Santo Padre del Custode di Terra Santa

Gerusalemme - Cenacolo, 26 maggio 2014

Beatissimo Padre, 

è per noi - e per la Chiesa di terra Santa qui rappresentata dagli ordinari Cattolici di Terra Santa e dai Patriarchi delle Chiese d’Oriente - gioia grande essere stati con Lei in questo Luogo Santo, testimone dell’ardente desiderio di Gesù di amare i suoi fino alla fine. Questo luogo ha visto il compiersi di ogni promessa di Dio, e sa che nessuna infedeltà dell’uomo, nessun timore, e neppure il nostro tradimento, può impedire alla sua Alleanza di compiersi fino alla fine, fino alle profondità dove il suo Spirito dimora in noi, e noi in lui.

Dal Cenacolo, acquistato per essere donato ai Francescani nel lontano 1333, i frati si muovevano per celebrare solennemente Messe cantate e Divini Uffici presso il Santo Sepolcro, raccontano le cronache. L’apertura all’evangelizzazione missionaria di san Francesco, infatti, ha portato i frati nella Terra della nostra redenzione e la Chiesa ha confermato la nostra missione di custodi dei Luoghi Santi. 

Come vede, non c’è una basilica a custodire il luogo dove Gesù ha celebrato la sua ultima Pasqua, dove ha pregato per i suoi, dove - Risorto - è apparso a donare la Pace, dove lo Spirito è sceso sugli Apostoli riuniti in preghiera con la Vergine Maria. 

Non si celebra l’Eucaristia in questa stanza, anche se oggi si fa eccezione, dove Gesù spezzò il pane e diede ai suoi discepoli il calice del vino nuovo, dando loro il mandato di ripetere le sue stesse parole e i gesti, rendendo la sua presenza reale per sempre in mezzo a noi. 

È questo uno dei luoghi più feriti di tutta la Terra Santa, testimone delle tante ferite nei popoli che la abitano. Ma noi vogliamo credere che queste ferite hanno un legame misterioso e reale con le stigmate della Passione con cui il Risorto, qui, apparve ai suoi. E che questo legame è altrettanto misterioso e reale con quella Pace che Gesù ci ha dato e lasciato, la Pace che è lui stesso, il Signore vittorioso del male e della morte.

Beatissimo Padre, noi, la Chiesa, vogliamo custodire queste ferite. Ma, insieme, vogliamo custodire con tenacia un’immensa fiducia, una fiducia gioiosamente pasquale: la fiducia nell’umiltà di Dio, nello stile povero e semplice del suo Regno, nella pazienza del chicco di grano. Questo luogo ci costringe, in qualche modo, ai piccoli passi, ci riporta all’essenziale, ci fa vivere in umiltà e fiduciosi della verità; ci invita a credere che questa è l’unica via capace di seminare e costruire comunione e amicizia, anche lì dove comunione e amicizia sono da secoli smentite. 

Qui, oggi, con lei, ancor più vogliamo credere che nulla è impossibile a Dio.

E vogliamo farlo per questa terra e per ogni terra; per questa Chiesa e per tutta la Chiesa, di cui il Cenacolo, così com’è, è simbolo eloquente. 

Riuniti qui, a conclusione del suo pellegrinaggio in Terra Santa, rendiamo grazie a Dio per questa Eucaristia, segno di fraternità e comunione, sacramento di unità. La Chiesa una e indivisa che qui è nata fa risuonare nei nostri cuori il comandamento nuovo, segno distintivo della sequela di Cristo Signore. La cerimonia di ieri presso il Santo Sepolcro ci ha commossi e il sogno dell’unità delle Chiese, di cui il Cenacolo è un simbolo ci è sembrato più vicino e tangibile e ci ha fatto esultare.
In unione a tutto il popolo di questa Terra, al termine di questo suo pellegrinaggio, le porgiamo il nostro sincero e affettuoso ringraziamento per l’alta testimonianza di pace e di unità che ci ha consegnato e le assicuriamo la nostra preghiera costante e sincera qui e in tutti i Luoghi della Redenzione.

Grazie.
 

Fra Pierbattista Pizzaballa, ofm
Custode di Terra Santa